mercoledì 19 marzo 2014


GIUSEPPE GENNA: sei grandioso e ti copio Avendo assistito a una devastante puntata di "Presadiretta", formidabile programma di RaiTre, condotto da Riccardo Iacona (http://bit.ly/1nAuzL0); avendo letto un articolo che mi ha lasciato a dire poco indignato, su Repubblica, formidabile quotidiano di Repubblica, condotto da Ezio Mauro (http://bit.ly/1fEEXYa) - avendo fatto ciò, sono andato a cercare una fenomenologia emblematica e paradossale del Veneto. L'ho trovata su un forum (http://bit.ly/1eNXmCe). La cito integralmente (nella foto: un tipico contadino veneto): "Il Veneto è un antiluogo cruciale per comprendere come il cannibalismo, di cui la specie umana si macchiò per sopravvivere durante la Grande Migrazione in epoca glaciale, si sia innestato nella modernità e abbia proliferato. Qualunque padrone nel mondo - in Honduras nelle Russie in Sol Levante in Kamtchatka - è veneto. Il Veneto promulga, con la stantia pronuncia zuccherosa delle sue masse per nulla ibride e in tutto filamentose, una visuale prospettica sul mondo, sull'universo, sull'inflazione universale, sugli universi tutti: è un pianto aggressivo, vòlto all'accumulo sconsiderato di beni a detrimento del prossimo, la vocazione ruminante e lenta a un arricchimento che è sempiterna preda di un impoverimento fatale, il quale si pone agli esordi e al termine di questa infelice ventura veneta sul pianeta. E' come se la Brianza si lamentasse continuativamente, con un pianto flebile e costante, le cui lacrime sono gocce di acido solforico. I veneti giocano con gli accenti per simulare un vittimismo immaginario, ai limiti del processo cosmico che sarebbe ordito contro di loro. Essi rilasciano interviste a qualunque media, indifferenti al fatto che il medium in questione sia la CNN o TeleOderzo, e presentano il conto al cattivo demiurgo che ce l'ha con loro ab ovo: nei loro "distretti", sul "territorio", i capannoni sono dismessi e non c'è più lavoro! Ciò avviene in quanto, il lavoro, lo delocalizzano in Bangladesh o in Romania, dove le tredicenni vengono stipate a 28 dollari il dì, a tessere magliette Benetton 24/7. Quando cala la sera e le telecamere di TeleOderzo si sono spente, i veneti incrociano aggressivamente sulle strade dei loro territori orrendi, ricchi di scatolame in cui l'eccellenza italiana si distende, pensando di essere un'eminenza grigia, mentre è grigia senza essere eminenza. Il loro ragionamento sul mondo è semplice e puntuale: 'Esso è mio'. Da questo ubi consistam, che schianta l'egocogito cartesiano, essi fanno defluire una mucillagine rettorica, sbandierano un'origine rurale alla mano, presentificano il terrore di ritornare a vivere l'epoche contadine, quando come chiunque nel mondo tenevano una mucca dentro la catapecchia priva di pavimentazione, per scaldarsi - e quindi ci fanno ora un dramma che ha il Veneto e solo il Veneto per unico protagonista. Quell'esito di povertà destinale, che sta alle loro spalle e balugina davanti ai loro òmeri, è una condanna alla cui ombra accudiscono il proprio contagio e festeggiano l'agente patogeno che alberga nel corpo della regione. Non gliene frega un cazzo delle ville palladiane. Propongono un'abolizione terrificante dell'istanza culturale. Desiderano praticare l'ubicazione del bene e il voodoo del peggio. Sono una controlouisiana priva di banjo e dotata di istinto barbaro ma sedimentario. Il piagnisteo veneto ritiene di avere costruito il Venezuela e per questo desidera una medaglia al merito ogni settimana. Il Veneto è pontificale, nel senso che una volta costruì dei ponti fuori Caracas, questa prodezza costituendo un archetipo dell'immaginario collettivo che va da Belluno a Schio, da Conegliano a Montebelluna. La terra trema sotto i piedi veneti: sempre. Se la terra trema, il Piave mormora, ma nessuno sta lì ad ascoltarlo. L'esclusivismo veneto realizza il suo polimorfismo a Sidney o Dacca (in bengali: ঢাকা), incuneando un sentimento del mondo al modo stesso in cui un antigene fa il suo lavoro. Abbarbicato su dolci declivi, grondante chiare dolci e intossicate acque, il sentimento veneto del mondo si esprime attraverso un attaccamento alla razza aborigena che perfino in Texas e tra gli Inouk non ha confronti. Un leghismo prospero e abominevole trasuda da quei suoli, da quelle confezioni in alluminio che si sporgono sulle provinciali, da quella pronuncia blesa, sotto quel cielo sulfureo e monotono, disabitato dalle divinità e incapace di miti. Meglio: un mito si è prodotto, è Mammona, una Mammona che ha poppe immense e sempre pronte ad allattare l'infante veneto, a cui sono esplosi i capillari sul naso, a cui le varici si sono evidenziate, a cui il prognatismo locale non fa difetto. Piangendo, il Veneto reclama la pappa e di nascosto la sottrae a un fratello che, secondo lui, non è naturale ma acquisito a forza e contro cui, indiscriminatamente, lancia il suo grido di battaglia, cantilenante e silenziosamente lancinante. Se il Veneto piange, Sparta non ride: il fantasma greco da anni mortifica il sogno patavino, l'enfasi serenissima, la prognosi valsugana. Il comfort veneto prevede l'esistenza del pick-up, del wi-fi libero ma con la password che lo blocca all'eventuale immigrato che si è connesso. La sua specie si autopercepisce in perenne estinzione e grida il suo sdegno contro questa imminenza, la quale mai si fa storia. Il Veneto sta alle origini: pressa dalle tenebre, si alimenta ovunque è buio, vende le stelle per fare più ricca di luganega la polenta che mangerà. Crono è veneto, Sardanapalo no. Il meticciato è l'incubo di questo popolo, che coincide con uno stato d'animo del genere umano: è lo spettro di una Grande Invasione, contro cui si devono costruire muraglie invalicabili e, per costruirle, non importa se si vanno a cavare laterizi dai patrimoni geologici esteri. Il Veneto indigna l'illuminista e sfianca l'avventore. L'autoctono è sempre veneto, dell'entroterra. Dopo il tessile, il veneto si vanta dell'accessorio, della scarpa traspirante, del manufatturiero. Protesta contro il negro, la puzza, il cattivo tempo, la congiuntura. Nemmeno l'elvetico sa seppellirsi nell'oscurità ctonia quanto il veneto, che propugna un esclusivismo apodittico: la vigna è sua e guai a posarci sopra gli occhi, il contado è suo, il campanile è suo, la patria è sua, il globo terracqueo è suo, è sua la galassia, la dimensione, la creazione tutta. Odia il parossitono e pratica volentieri il troncamento, a ogni latitudine. Il Veneto non si è scomposto, quando hanno annunciato la morte di Dio, perché non ha mai creduto che esistesse un dio e perché continuerà a fare finta di crederci. E' capace di gesti estremi, in tempi di allerta generale: a Vicenza mangiava i gatti. E' poi capace di lamentarsi perché i felini non frequentano più il "territorio". La sua cospirazione avviene alla luce del sole, che in Veneto è sempre coperto da spessi strati nuvolosi. La perizia del Doge è un orpello per distrarre il mondo intero e accaparrarsi un'autostrada, un 2% del mercato del cuoiame, un sottosegretario in più. Il Prodotto Interno Lordo del Veneto è lordo e basta. La fantasia dei veneti è giunta fino a noi, non viene dalle stelle:, ma neppure dalle stalle, che i veneti si sono dimenticati ma che si ricordano benissimo, e che temono più di ogni altra disgrazia. Ovunque, sempre, sul pianeta, è stata praticata l'arte di sfamarsi senza lamentarsi e fecondando la terra, ma il veneto ha sempre avocato a sé il primato e evocato da sé il primate, asserendo di essere il primo ad avere fatto tutto e vantando un diritto storico del tutto privo di fondamenti. Fosse stato nella Brianza, il Veneto avrebbe fatto causa a Gadda. Fosse stato nella Grecia, il Veneto avrebbe fatto causa a Serse. E' un Iraq prebellico e vagamente nordico, anche quando si manifesta a Lesotho. Prega la pioggia perché preservi il raccolto, come fanno tutti in ogni punto del mondo; ma il veneto non omette di pretendere che piova soltanto sul Veneto e non sull'intera superficie mondiale, dove spera che si realizzi una siccità intensa, rispetto alla quale mostrare di fregarsene, in quanto la siccità è beduina e del Burgundi, quindi va espulsa dall'ordine universale, deve tornare al suo paese che sta in un universo esterno e quantisticamente inavvicinabile. Lo straniero, nel Veneto, gli danno le botte. Vogliono bruciare i libri, nel Veneto, guadagnare sodo e lavorare molto, vogliono invadere il Garda ignorando che è un lago, lo vogliono annettere, vogliono la secessione da ovunque, anche da se stessi. Bevono sangue e lo sanno, i veneti, ma piace loro moltissimo fingere di ignorare. Sanno che Dio è con loro, ma sanno appunto anche che è morto: quindi ci sono loro, soltanto loro. L'obbrobrio è la norma, la felicità, il compimento. Tra Gesù e i Farisei, chi parlava veneto?" Avendo assistito a una devastante puntata di "Presadiretta", formidabile programma di RaiTre, condotto da Riccardo Iacona (http://bit.ly/1nAuzL0); avendo letto un articolo che mi ha lasciato a dire poco indignato, su Repubblica, formidabile quotidiano di Repubblica, condotto da Ezio Mauro (http://bit.ly/1fEEXYa) - avendo fatto ciò, sono andato a cercare una fenomenologia emblematica e paradossale del Veneto. L'ho trovata su un forum (http://bit.ly/1eNXmCe). La cito integralmente (nella foto: un tipico contadino veneto): "Il Veneto è un antiluogo cruciale per comprendere come il cannibalismo, di cui la specie umana si macchiò per sopravvivere durante la Grande Migrazione in epoca glaciale, si sia innestato nella modernità e abbia proliferato. Qualunque padrone nel mondo - in Honduras nelle Russie in Sol Levante in Kamtchatka - è veneto. Il Veneto promulga, con la stantia pronuncia zuccherosa delle sue masse per nulla ibride e in tutto filamentose, una visuale prospettica sul mondo, sull'universo, sull'inflazione universale, sugli universi tutti: è un pianto aggressivo, vòlto all'accumulo sconsiderato di beni a detrimento del prossimo, la vocazione ruminante e lenta a un arricchimento che è sempiterna preda di un impoverimento fatale, il quale si pone agli esordi e al termine di questa infelice ventura veneta sul pianeta. E' come se la Brianza si lamentasse continuativamente, con un pianto flebile e costante, le cui lacrime sono gocce di acido solforico. I veneti giocano con gli accenti per simulare un vittimismo immaginario, ai limiti del processo cosmico che sarebbe ordito contro di loro. Essi rilasciano interviste a qualunque media, indifferenti al fatto che il medium in questione sia la CNN o TeleOderzo, e presentano il conto al cattivo demiurgo che ce l'ha con loro ab ovo: nei loro "distretti", sul "territorio", i capannoni sono dismessi e non c'è più lavoro! Ciò avviene in quanto, il lavoro, lo delocalizzano in Bangladesh o in Romania, dove le tredicenni vengono stipate a 28 dollari il dì, a tessere magliette Benetton 24/7. Quando cala la sera e le telecamere di TeleOderzo si sono spente, i veneti incrociano aggressivamente sulle strade dei loro territori orrendi, ricchi di scatolame in cui l'eccellenza italiana si distende, pensando di essere un'eminenza grigia, mentre è grigia senza essere eminenza. Il loro ragionamento sul mondo è semplice e puntuale: 'Esso è mio'. Da questo ubi consistam, che schianta l'egocogito cartesiano, essi fanno defluire una mucillagine rettorica, sbandierano un'origine rurale alla mano, presentificano il terrore di ritornare a vivere l'epoche contadine, quando come chiunque nel mondo tenevano una mucca dentro la catapecchia priva di pavimentazione, per scaldarsi - e quindi ci fanno ora un dramma che ha il Veneto e solo il Veneto per unico protagonista. Quell'esito di povertà destinale, che sta alle loro spalle e balugina davanti ai loro òmeri, è una condanna alla cui ombra accudiscono il proprio contagio e festeggiano l'agente patogeno che alberga nel corpo della regione. Non gliene frega un cazzo delle ville palladiane. Propongono un'abolizione terrificante dell'istanza culturale. Desiderano praticare l'ubicazione del bene e il voodoo del peggio. Sono una controlouisiana priva di banjo e dotata di istinto barbaro ma sedimentario. Il piagnisteo veneto ritiene di avere costruito il Venezuela e per questo desidera una medaglia al merito ogni settimana. Il Veneto è pontificale, nel senso che una volta costruì dei ponti fuori Caracas, questa prodezza costituendo un archetipo dell'immaginario collettivo che va da Belluno a Schio, da Conegliano a Montebelluna. La terra trema sotto i piedi veneti: sempre. Se la terra trema, il Piave mormora, ma nessuno sta lì ad ascoltarlo. L'esclusivismo veneto realizza il suo polimorfismo a Sidney o Dacca (in bengali: ঢাকা), incuneando un sentimento del mondo al modo stesso in cui un antigene fa il suo lavoro. Abbarbicato su dolci declivi, grondante chiare dolci e intossicate acque, il sentimento veneto del mondo si esprime attraverso un attaccamento alla razza aborigena che perfino in Texas e tra gli Inouk non ha confronti. Un leghismo prospero e abominevole trasuda da quei suoli, da quelle confezioni in alluminio che si sporgono sulle provinciali, da quella pronuncia blesa, sotto quel cielo sulfureo e monotono, disabitato dalle divinità e incapace di miti. Meglio: un mito si è prodotto, è Mammona, una Mammona che ha poppe immense e sempre pronte ad allattare l'infante veneto, a cui sono esplosi i capillari sul naso, a cui le varici si sono evidenziate, a cui il prognatismo locale non fa difetto. Piangendo, il Veneto reclama la pappa e di nascosto la sottrae a un fratello che, secondo lui, non è naturale ma acquisito a forza e contro cui, indiscriminatamente, lancia il suo grido di battaglia, cantilenante e silenziosamente lancinante. Se il Veneto piange, Sparta non ride: il fantasma greco da anni mortifica il sogno patavino, l'enfasi serenissima, la prognosi valsugana. Il comfort veneto prevede l'esistenza del pick-up, del wi-fi libero ma con la password che lo blocca all'eventuale immigrato che si è connesso. La sua specie si autopercepisce in perenne estinzione e grida il suo sdegno contro questa imminenza, la quale mai si fa storia. Il Veneto sta alle origini: pressa dalle tenebre, si alimenta ovunque è buio, vende le stelle per fare più ricca di luganega la polenta che mangerà. Crono è veneto, Sardanapalo no. Il meticciato è l'incubo di questo popolo, che coincide con uno stato d'animo del genere umano: è lo spettro di una Grande Invasione, contro cui si devono costruire muraglie invalicabili e, per costruirle, non importa se si vanno a cavare laterizi dai patrimoni geologici esteri. Il Veneto indigna l'illuminista e sfianca l'avventore. L'autoctono è sempre veneto, dell'entroterra. Dopo il tessile, il veneto si vanta dell'accessorio, della scarpa traspirante, del manufatturiero. Protesta contro il negro, la puzza, il cattivo tempo, la congiuntura. Nemmeno l'elvetico sa seppellirsi nell'oscurità ctonia quanto il veneto, che propugna un esclusivismo apodittico: la vigna è sua e guai a posarci sopra gli occhi, il contado è suo, il campanile è suo, la patria è sua, il globo terracqueo è suo, è sua la galassia, la dimensione, la creazione tutta. Odia il parossitono e pratica volentieri il troncamento, a ogni latitudine. Il Veneto non si è scomposto, quando hanno annunciato la morte di Dio, perché non ha mai creduto che esistesse un dio e perché continuerà a fare finta di crederci. E' capace di gesti estremi, in tempi di allerta generale: a Vicenza mangiava i gatti. E' poi capace di lamentarsi perché i felini non frequentano più il "territorio". La sua cospirazione avviene alla luce del sole, che in Veneto è sempre coperto da spessi strati nuvolosi. La perizia del Doge è un orpello per distrarre il mondo intero e accaparrarsi un'autostrada, un 2% del mercato del cuoiame, un sottosegretario in più. Il Prodotto Interno Lordo del Veneto è lordo e basta. La fantasia dei veneti è giunta fino a noi, non viene dalle stelle:, ma neppure dalle stalle, che i veneti si sono dimenticati ma che si ricordano benissimo, e che temono più di ogni altra disgrazia. Ovunque, sempre, sul pianeta, è stata praticata l'arte di sfamarsi senza lamentarsi e fecondando la terra, ma il veneto ha sempre avocato a sé il primato e evocato da sé il primate, asserendo di essere il primo ad avere fatto tutto e vantando un diritto storico del tutto privo di fondamenti. Fosse stato nella Brianza, il Veneto avrebbe fatto causa a Gadda. Fosse stato nella Grecia, il Veneto avrebbe fatto causa a Serse. E' un Iraq prebellico e vagamente nordico, anche quando si manifesta a Lesotho. Prega la pioggia perché preservi il raccolto, come fanno tutti in ogni punto del mondo; ma il veneto non omette di pretendere che piova soltanto sul Veneto e non sull'intera superficie mondiale, dove spera che si realizzi una siccità intensa, rispetto alla quale mostrare di fregarsene, in quanto la siccità è beduina e del Burgundi, quindi va espulsa dall'ordine universale, deve tornare al suo paese che sta in un universo esterno e quantisticamente inavvicinabile. Lo straniero, nel Veneto, gli danno le botte. Vogliono bruciare i libri, nel Veneto, guadagnare sodo e lavorare molto, vogliono invadere il Garda ignorando che è un lago, lo vogliono annettere, vogliono la secessione da ovunque, anche da se stessi. Bevono sangue e lo sanno, i veneti, ma piace loro moltissimo fingere di ignorare. Sanno che Dio è con loro, ma sanno appunto anche che è morto: quindi ci sono loro, soltanto loro. L'obbrobrio è la norma, la felicità, il compimento. Tra Gesù e i Farisei, chi parlava veneto?" Mi piace · · Condividi Piace a 8 persone. Gaia de Marinis Ammazza. Stasera mi guardo la puntata di Presadiretta. Mangio leggero 14 ore fa · Mi piace · 2 Daphne Descends " avendo fatto ciò, sono andato a cercare una fenomenologia emblematica e paradossale del Veneto. L'ho trovata su un forum (http://bit.ly/1eNXmCe). La cito integralmente "... Strano forum... Il modo di scrivere dell'autore in questione, ricorda molto il tuo, Giuseppe Genna... Figura tra l'altro, nella sua scheda utente, che partecipi al forum proprio da oggi. X) 13 ore fa · Mi piace · 1 Daniela Franzyn questo fa il paio con il tuo sugli svizzeri;-) 12 ore fa · Mi piace · 1 Topazio Perlini E io che credevo Veneto fosse participio passato di venere e mi annacquavo in un abbraccio che era solido ed umido. Invece no. Ripasso grammatica, aro le paludi. circa un'ora fa · Mi piace · 1 Giuseppe Genna Arare le paludi E' il Veneto, Topazio!!!!! Solo tu mi capisci. circa un minuto fa · Mi piace Renzia D'incà

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