domenica 28 ottobre 2018


renzia.dinca



FESTIVAL INEQUILIBRIO

FORMIDABILE PIER GIUSEPPE DI TANNO

Castiglioncello ( Livorno)

Un Uomo Ragno col viso coperto da una maschera  e una tuta in sexy latex rigorosamente black. Sta sopra una struttura leggera ad una discreta altezza fra cubo da disco e sospensioni da palestra modello coatti. Il suo corpo-macchina è perfetto, come anche la corrispondenza corpo-voce. Risulta stupefacente la  performance dall'alto di quel piccolo spazio di pochi centimetri quadrati rispetto alla prova vocale in cui si cimenta-in solitaria, nientepopodimenoché con Pirandello e i suoi Sei Personaggi in cerca d'autore. Lui è il settimo. Si perchè a lui è consegnata l'intera macchina da guerra-sintetizzata, dei dialoghi, didascalie,  implosioni, affioramenti di Personaggi (fra cui in particolare il Capo comico e la Ragazza), di e da riscrittura dell'intera drammaturgia pirandelliana per il lavoro: Sei. E dunque, perchè si fa meraviglia di noi?. Il lavoro originario era stato predisposto per il Festival di Chiusi per cui  erano state aperte  le selezioni per sei dei Personaggi, come da copione. Questo progetto è andato a monte. E ripresentato  ex novo allo storico Festival Inequilibrio di ARMUNIA, diretto per molti anni da Massimo Paganelli ed ora da Angela Fumarola e Fabio Masi a Castiglioncello. Ed ecco che nella  narrazione-tutta a prova atletica e ri-scrittura per un solo Personaggio(che ha trovato il suo Autore in Latini), l'attore performer Pier Giuseppe Di Tanno (diretto magistralmente dallo stesso Roberto Latini per la Compagnia Fortebraccio, musiche di Gianluca Misiti, luci di Max Mugnai), inscena un  canto ed il controcanto di una pièce che lascia lo spettatore senza fiato. Sì perchè la complessità dei piani narrativi anche meta-teatrali che si involvono e vanno a pescare nell'odierno generalizzato ormai ventennale mischiamento di generi di tanta cosiddetta avanguardia, lascia anche qualche perplessità, per esempio sul finale dove compare l'amletico monologo essere o non essere con tanto di gorgiera viola-blu sul collo del “Ragno” e poi quell'immersione dell'attore nella vasca con schiuma allo champagne da Marilyn Monroe che lascia un senso di horror vacui. tuttavia il piano di lavoro lascia lo spettatore incantato  e senza fiato per la capacità tutta artistica di ri-pensare e ri-attualizzare una tragedia che umana è e soprattutto non cambia di registro nella riscrittura, per la drammaticità dei temi pirandelliani di riferimento e tratteggia anche, forse, il tema della sofferenza psichica legata alla diversità, alla non omologazione con rimando alla complessità dei tempi. Compresa quella della riflessione sull'essere Attore sulla scena italiana, oggi. Questo tema ricorre nei momenti topici della narrazione: è come quando nel monologo tutto interiore esteriorizzato, quasi psicoanalitico tra la Figlia e il Padre, traslati in forma essenziale ma non ludica anzi, sulla  bocca-corpo Ragno dell' attore-io narrante, si apre una dimensione maschera tragica greca impressionante fra postura e gioco lessicale, mentre si dice del misfatto letterario, per poi lasciare spazio al respirare per prendere tempo- anche rispetto una prova fisica attoriale non indifferente. E qui  si apre l'orizzonte scena-luci sul retro-scena che si spalanca su un fondale bianco-torrido- atrofizzato, dove una macchina del vento restituisce un po' di movimento, di vita anche se immonda-che fa da eco alla narrazione. Un po' di frescura anche per il pubblico che è in cardiopalma per la tensione caleidoscopica dell'evento davvero di raro fulgore, e che in genere in quello spazio della tensostruttura dello spazio di Castello Pasquini con le sue appendici, a volte faceva  piegare dalla calura.  Notevole l'uso sinergico delle luci-come del sonoro, che segnano dal corpo allo spazio, i passaggi topici della narrazione mentre l'Attore si muove sulla postazione, come una scimmia in piena giungla da palcoscenico. In finale Di Tanno scende dalla postazione e si gioca gli ultimi minuti prima e dentro la vasca, mentre sono proiettate alcune parole-chiave quasi sottotesto del Testo e della neo ricerca laboratoriale di Latini fra le quali: vergogna-straziante-idea-azione- proteso- giocare- io- muoio- meraviglia- spegni. In loop. Lavoro criptico questo SEI, fin dal Titolo che trasporta  chiaroscuri metalinguistici e dal fortissimo impatto emotivo ed estetico.

ARMUNIA – Festival Inequilibrio

Produzione Fortebraccio

drammaturgia e regia Roberto Latini

con Pier Giuseppe Di Tanno

musica e suoni Gianluca Misiti

visto a Castiglioncello festival Inequilibrio, il 5 Luglio 2018

sabato 27 ottobre 2018


BEATITUDO o della Ricostruzione del Mondo

di renzia.dinca

PISA. Trent’anni del Teatro della Fortezza, un bel traguardo e prezioso per La Compagnia omonima diretta da Armando Punzo a Volterra in provincia di Pisa, che ha lavorato e lavora coi detenuti dentro le mura medicee del Maschi, il Carcere della città etrusca. Grandi festeggiamenti per lo storico anniversario al Teatro Verdi di Pisa (ne ha inaugurato la Stagione di prosa 2018/19 il direttore artistico Silvano Patacca), con una serie di iniziative come la mostra del fotografo Stefano Vaja, una lectio magistralis del regista alla Scuola Normale, corsi di teatro e incontri con le Scuole pisane. Dopo la messa in scena in prima assoluta e come di consueto dentro il Carcere volterrano del Luglio scorso Beatitudo (liberamente ispirato all’opera di Borges), costruito, giorno dopo giorno per molti mesi coi detenuti, esce, come da tempo accade, dal Carcere per approdare in diversi Teatri, dal locale spazio del Persio Flacco e poi in prima tappa al Teatro Verdi di Pisa, Teatro Lirico di tradizione per poi approdare a Milano Certo trent'anni sono tanti per un progetto teatrale e artistico, ma qui si tratta di una straordinaria Utopia, anche sociale, riconosciuta a livello internazionale, purtroppo ancora incompiuta rispetto ad un Progetto recente che prevedeva un Teatro Stabile in Carcere dentro la stessa Fortezza. Comunque e dopo aver visto Beatitudo, è vero e ancora vero, che dentro un universo concentrazionario di pratiche teatrali uniche nel loro genere, coraggiose e visionarie per tematiche rigore ideazioni innovative trentennali, si avverte e risplende sempre e ancora il mandato etico della poetica originaria di Punzo. Si intuisce in Beatitudo, la riflessione sulla ricerca critica dell’Artista a ciò che è fuori dalle Mura, nel mondo- un Mondo, quello di fuori, che bene non sta. E che di Utopia, dentro il carcere, dove la possibilità di vivere altri Mondi sembrerebbe essere negata ed invece, attraverso cultura studio e pratica teatrale, il riscatto c’è. E ce ne sarebbe anche un bisogno estremo fuori ed oltre la metafora (sic!) carceraria, dove dilagano distopie di muri, lager, espulsioni da parte di chi prova a includere (vedi modello Riace) e rigurgiti neo-nazisti nel nostro Paese e non solo.
La piazza di Pisa per la Compagnia della Fortezza è diventata consuetudine: già nel 1993 approdò al Verdi il lavoro di Armando Punzo Marat Sade, uno dei suoi lavori più riusciti. Radicale, eversivo, epico, transnazionale. Dopo aver lavorato per due anni su Shakespeare “contro Shakespeare”, in Dopo la Tempesta (visto anche al Verdi), una produzione che risale a due anni fa, in cui i Personaggi non davano scampo perchè Shakespeare non dà scampo come poeta e come drammaturgo (secondo Punzo), in Beatitudo, invece e cioè nell’Opera omnia di Borges, c’è l’anima opposta, quella che vuole ricostruire il Mondo, distruggendo da dentro i suoi personaggi, in quanto Borges è maledettamente contrario alla cosiddetta realtà. Perché la cosiddetta realtà non è unica. Ce la raccontano o ce le raccontiamo, le cosiddette Realtà. Forse oggi, sembra suggerirci Punzo, basterebbe cambiare o la gradazione di occhiali (si fa per dire) o mettere sul comodino e leggere qualche divulgativo testo di fisica quantistica (il fisico Carlo Rovelli, per esempio), oppure entrare dentro il buco nero dove vite di persone cose e animali del recente Nobel per le Onde Gravitazionali pisano Adalberto Giazotto, ci hanno predetto che siamo per cambiare prospettive sul Mondo

In Beatitudo, si respira uno spazio insieme forte e leggero di riscrittura multitestuale, per una operazione sulla carta (anche per la trasposizione che non poteva che essere molto diversa da quella del Carcere, dove la scena era completamente allagata, non restituibile in un Teatro di tradizione), non facile che poteva apparire di super-adattamento di una testualità di straordinaria efficacia letteraria ma di quasi impraticabilità teatrale e forse pure meta-teatrale. Affrontare Borges, l’immenso autore argentino, è stato un atto di fede estremo di Poesia Totale. Ne riscontriamo gli esiti, felici, che ricordano un po' nella traccia narrativa letteraria, il lavoro di e da Hamlice (che ha riempito Teatri Stabili da Prato a Milano), dove sembra davvero che le avanguardie novecentesche con la migliore storica visione, anche fantasmagorica, totalmente visionaria del Realismo magico dell’Autore argentino, siano state deflagrate da Punzo, in un sapiente distillarsi tra pensiero e azioni individuali e corali. Dopo molti lavori su Shakespeare, spesso violenti, come da drammaturgie del Bardo, qui Punzo ha interrogato i Mondi letterari di Borges. Una svolta. E se ne riscontrano gli esiti in scena. Mentre nello spazio totale del Verdi ancora e ancora i Personaggi-Totali, cioè Maschere Ancelle Vecchi Bibliotecarie Primitivi belanti, coprono l’intero spazio teatrale della Platea, nella cavea i musicisti- percussioni e batteria, eseguono dal vivo su musiche originali scritte direttamente sulla scena da Andrea Salvadori, commentano testi di Borges letti in prima persona dallo stesso regista statico in piedi davanti ad un semplice leggio. Sulla scena un succedersi di Personaggi fantasmagorici introdotti da una sorta di Coro tribale che corre e urla dotato di aste flessibili in lunghissime canne di bambu che fa da siparietto a comparizioni di figure immaginifiche, tratte dai testi di Borges- con sottotesto macro drammaturgico la Biblioteca, vita-sacrario del genio argentino, ma in leggerezza. La narrazione visiva sul palco è estremamente lenta e dove poco accade. Tutto è dominato dagli esiti psico-simbolici delle Parole delle poesie lette da Punzo. Per immagini rifratte rispetto alla scelta dei testi di narrazione. La testa mozzata portata in scena ad effetto cinematografico è quella del Minotauro. Il Bambino-un doppio di Punzo che assiste da seduto sugli scalini fra cavea e palco, si porta sulle spalle il carico della Palla Mappamondo-Mondo in una sorta di transfert Padre- Figlio. Un macro reading dove testualità e musica accendono vicendevolmente suggestioni metafisiche oniriche e anche un po' medianiche. Con qualche risvolto misticheggiante alla Jodorovski. Perché Punzo esordisce con i versi Tutto accade qui per la prima volta (tratto da Poesie- La cifra). Perché tutto si rincorre niccianamente, ad anello. Nella città di Pisa che ha dato i natali allo scrittore di Piazze d’Italia e di Sostiene Pereira Antonio Tabucchi, da poco prematuramente scomparso a Parigi ed in odore di Nobel, traduttore di Pessoa, che del Realismo magico sudamericano è stato mentore, Beatitudo è anche un omaggio alla città di Pisa, alla sua storia, e a chi ha creduto ben più di trent’anni or sono, alla scommessa di Carte Blanche di Armando Punzo e Cinzia De Felice.





Compagnia della Fortezza
Beatitudo ispirato all’opera di Jorge Luis Borges

Drammaturgia e regia di Armando Punzo
Musiche originali e sound design Andrea Salvadori
Scene Alessandro Marzetti e Armando Punzo
Costumi Emanuela Dall’Aglio
Movimenti Pascale Piscina

Produzione Carte Blanche e TieffeTeatro
con il sostegno di MIBACT-Regione Toscana-Comune di Volterra-Comune di Pomarance-Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra- Ministero della Giustizia C.R. Volterra

Visto al Teatro Verdi di Pisa, il 7 ottobre 2018