giovedì 24 dicembre 2015


Il MINOTAURO secondo Zaches Teatro Posted by renzia.dinca Empoli In prima nazionale dentro lo spazio multifunzionale di Giallo Mare Minimal Teatro diretto da svariati anni da Renzo Boldrini attore e regista, da sempre attento al teatro delle nuove generazioni, un elegante lavoro della giovanissima Compagnia Zaches Il Minotauro. Teseo in quanto eroe, ha molti nemici e tanti di questi deve accoppare, fino al più temibile: il Minotauro. Ma così recita il mito e non se ne può uscire se non percorrendo tutto l’iter delle morti seriali necessarie. Nelle versioni davvero molteplici e sempre attualissime come lo sono i classici di ogni tempo e provenienza geografica e multietnica, la storia di Teseo (con le relative costellazioni ad intreccio delle genealogie familiari sia umane che divine) è una fra le più suggestive e saccheggiate sia in teatro che in letteratura e in arte. Il rischio della scelta Zaches di cimentarsi in questa complessa tematica, poteva essere quella di una sovraesposizione. Invece così non è perché la temperatura di questo “Minotauro” è sintetica, sobria e affascinante. Riunite in prima linea le competenze della Compagnia fra le giovani italiane riconosciute da MIBACT e con già un bel medagliere anche internazionale, sono il teatro-danza e il teatro di figura fino al teatro d’ombre, che permette loro di stagliare in scena delle figure di algida quintessenza formale con l’aiuto fondamentale di un apporto luci sonoro e costumistico e di maschere che farebbe invidia ad un trattatello sia pure ipertestuale o anche on line della storia dell’arte. Naturalmente qui di teatro si tratta e di arte dal vivo dove non c’è sipario ma quadri a scomparsa mentre in proscenio si svolgono le principali scene del la narrazione. Il mix che crea la bellezza espressiva è proprio l’intreccio sapiente di microazioni dei tre attori-danzatori in scena e la calmierazione o esaltazione tecnica degli effetti emotivi e fantasmatici sullo spettatore di quanto si osserva e ascolta. Questo intreccio di corporeità, anche con il sussidio di strumenti tradizionali del teatro insieme alle tecniche più recenti delle tecnologie, fanno sì che questo lavoro sia contemporaneamente adatto alla didattica (lo spettacolo è anche rivolto a ragazzi in età dalle scuole medie inferiori) nonché ad un pubblico appassionato non tanto al teatro calligrafico quanto alla contaminazione dei linguaggi più attuali della scena contemporanea. Compagnia Zaches Coreografia regia e drammaturgia di Luana Gramegna Scene luci costumi maschere di Francesco Givone Progetto sonoro e musiche originali di Stefano Ciardi Con Gianluca Gabriele, Anna Solinas e Eugenia Coscarella Spettacolo consigliato per ragazzi dagli undici anni in su Visto a Empoli, Giallo Mare Minimal Teatro, il 18 dicembre 2015

martedì 22 dicembre 2015


Giovani autrici a SPAM: A LOAN e UN MINIMO DISTACCO Posted by renzia.dinca Porcari ( Lucca) Due progetti, l’uno A Loan già strutturato e presentato in prima nazionale la scorsa estate al Festival Inequilibrio di Castiglioncello, l’altro Un minimo distacco ancora in fase di studio, ben delineato. Due le performer Irene Russolillo e Caterina Basso, giovani danzatrici e coreografe con molti premi nazionali e internazionali già alle spalle dentro la stagione autunnale Qualcosa si muove di SPAM, rete per le arti contemporanee, diretta da Roberto Castello. Si parte con la creazione autorale Un Minimo distacco di Caterina Basso. Attraversata da suoni e rumori domestici, della pura quotidianità che vanno dalle note di una radio o una TV che trasmette The time goes by (riferimento al film Casablanca?), fino a crepitii di oggetti forse vasellame o passi estranei, il suo corpo reagisce animandosi in azioni scomposte, rarefatte ma scalene, come se fosse agita in scena proprio dal noise di sottofondo. Poi si passa al silenzio, finalmente. E qui, adesso suona lei, col suo corpo muovendosi nello spazio completamente vuoto cercando la propria dimensione interna ed esterna, forse un equilibrio per osservare la giusta distanza dalle cose del mondo. L’azione riparte sulle note del Boss in Streets of Philapelphia (Philadelphia anche come riferimento per il film?) e di nuovo il corpo si ri-armonizza. Fino allo scioglimento della tensione del finale sorprendente in cui Caterina Basso sputa fuori da sé qualcosa di inquinante per liberarsi del peso della vita, delle sue miserie, delle cattive memorie, tanti piccoli boli- sassetti bianchi, per infine, forse, respirare. A LOAN parte da un buio in cui risuona la voce di Irene Russolillo microfonata. ALOAN , equivalente fonico di alone cioè “sola”. Qui l’assolo della danzatrice-performer è per metonimie, sinestesie e contaminazione linguistica. Solitudine, assenza, ma anche ricerca di voce altra, fuori di lei. La pista è quella di alcuni sonetti di Shakespeare da lei stessa recitati o cantati mentre nella traccia sonora cita Arvo Part colla sua tastiera mistica in cui ombre e luci hanno lo stigma narrativo per micro frasi del sogno di una lei che sta sulla spiaggia, ascolta il mare ma ha perso gli occhiali-non vede. O forse vede, ma non c’è nessuno oltre a lei donna sposa, altri compagni di viaggio ad ascoltare il religioso suono delle onde sonore, in assetto minimalistico. La protagonista è sola (a loan, appunto) dunque nella notte della vita in balia dell’imago di uno spirito-corpo reale o immaginifico (dal sonetto LXI). Il passaggio successivo la vede essere asessuato in posizione fetale mentre un gioco di luci raffinatissimo esplora il suo corpo e lo spazio rischiarandola in una semi nudità rosata-come il corpo defraudato di un vivente o feto oltre la vita e la morte, priva di chioma o meglio calva(forse di apparenti istinti?). E qui Irene Russolillo dà il meglio di sé trasformando il suo corpo metamorfizzato in forma di insetto alla Kafka con movenze di ragno tessitore roteando su se stessa quasi non riconoscendo o provando a rintracciare i propri arti, oppure semplicemente ricostruendoli|si. Sembra una regressione quella a cui assistiamo, lei che morde il braccio di se stessa, lei che dalla vagina estrae un palloncino per poi farlo esplodere-gioco comune infantile o mimesi di un coito? nella ambiguità in cui i segni artistici dicono e amplificano di senso e significato, ecco che la performer distesa sulle due casse-unico oggetto di scena, prova o riprova una collocazione spazio-temporale instabile, fino a riappropriarsi della propria voce- microfono e cantando pezzi da Sonetto VIII “ ( …) tu che sei solo musica, perché l’ascolti con disdegno? (…) /queste mute voci, riunite in un sol coro, all’unisono ti dicono/Solo, non sarai nessuno”. A LOAN Si chiude con un passaggio fortemente muscolare della straordinaria performer in cui la musica, quella elettronica originale, ha un gran posto. SPAZIO SPAM A LOAN Progetto e interpretazione Irene Russolillo Musica originale Piero Corso e Spartaco Cortesi Disegno e luci Valeria Foti Testi di Irene Russolillo, Sonetti da W. Shakespeare Produzione ALDES con il sostegno produttivo di Inequilibrio, Festival Oriente Occidente|Rovereto UN MINIMO DISTACCO Coreografia e interpretazione di Caterina Basso trattamento sonoro Roberto Passuti Disegno luci Antonio Rinaldi produzione ALDES con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali / Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo, Regione Toscana / Sistema Regionale dello Spettacolo Visto a Porcari ( Lucca), il 19 dicembre 2015

mercoledì 16 dicembre 2015


Un Trattato di economia che non fa sconti a nessunoPosted by renzia.dinca su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi PONTE A MORIANO (Lucca) Analisi ludica ad alto tasso di complessità situazionista e quindi in apparente leggerezza, che in realtà delinea una feroce capacità autocritica dei due co-autori, la coppia Roberto Castello coreografo e danzatore internazionale, con Andrea Cosentino, uno fra i (pochi) attori-autori teatrali satirici di rango italiani. Il lavoro nasce parecchi mesi or sono all’interno della stagione SPAM ideata e diretta dallo stesso Roberto Castello. I segni di questo Trattato di economia sono multi semantici e alla fine si capisce che, spettatori in tutto esaurito o quasi nel Teatro di questa piccola realtà provinciale a Ponte a Moriano organica allo spazio SPAM di Porcari, si ride per non piangere. O forse si piange per non ridere. La spietatezza dei temi si evince fin dalle primissime battute dove con la scusa ed il linguaggio da conferenza a carattere economico, i due relatori seriosi ma solo di facciata in giacca e cravatta, espongono ex cathedra due oggetti da sex shop. Ma dove sta il business? È di denaro che si parla o forse di sesso? O di come questo e quello comunque di fatto reggano, da sempre, il Pianeta e l’intera umanità ? Il dove si va a parare pur partendone alla larga, si fa strada ben presto perché l’indagine dei due autori è finto economica sui temi dei grandi sistemi del pensiero unico lobbistico-finanziario e non tratta né di soldi né di sesso ma di cultura e di quella della società dello spettacolo in ispecie. Con spietatezza raffinata mixando diversi generi, dalla pantomima al talk show al cabaret, utilizzando le due diverse competenze in affabulazione e siparietti sincronici affiatati per ritmi e scrittura drammaturgica, Castello|Cosentino disegnano una partitura in cui ciò che viene messo alla berlina è proprio il mondo della società teatrale, quel microcosmo spesso schizoide rispetto alla cosiddetta società civile in un gioco perverso di realtà che si autorispecchiano perché nella macchina dei soldi c’è anche, eccome, la macchina-spettacolo. Anche in quello per qualcuno “fricchettone” per altri “di ricerca”. Trattato di economia, crediti di Ilaria Scarpa Trattato di economia, crediti di Ilaria Scarpa Nessuno è risparmiato nel copione di Trattato: non il pubblico-che dice noi siamo di sinistra, impegnati nel sociale, ambientalisti che teniamo al fisico ma vestiti informali-non i generi televisione, teatro e danza- né i mostri sacri e non il giornalismo, quello della critica (con una video-partecipazione in falsa absentia di Attilio Scarpellini). Ma nemmeno si risparmia la coppia autorale e artistica etero-definitasi dentro cartelli con scritture concettuali-pure etichette, anch’esse di mercato. Niente e nessuno viene risparmiato in un crescendo parossistico nel tritacarne della gioiosa macchina da guerra dissacrante e iconoclasta del duo surreale e machiavellico. Se gli oggetti sono status symbol e l’accapararsene significa far parte del clan dei ricchi potenti e superfighi (scarpe e sex toys scorrono nel finale su un tapis roulant mentre Cosentino con antennine disco anni 80 televisivamente, sproloquia), così nel mondo dello spettacolo alcune icone vengono tirate in ballo come oggetti-feticcio reificati. Vengono rappresentate in scena fra l’ironico e il parodistico da Castello: si va da Jan Fabre a Pina Bausch fino a Ronconi, così come certi metodi di certe scuole di teatro (il riferimento è al santone Osho e i suoi seguaci new age) mentre parte uno spezzato di Telemomò, un must di Cosentino televenditore, stavolta della famosa pietra (filosofale?). Andrea Cosentino crediti di Ilaria Scarpa Andrea Cosentino crediti di Ilaria Scarpa Insomma, se anche lo spettacolo è un prodotto di target, come poter riconnettere l’Arte e l’oggetto? L’arte e la sua remunerazione “oggettiva” sul mercato dell’arte? E qui si sfiora, elegantemente, una riflessione autocritica di meta-teatro ma solo per sinapsi, per allusioni sottili. Perché, allora, per contaminazione logica in ambito d’arte plastica contemporanea: chi decide le quotazioni di Damien Hirst?. E si potrebbe citare, sempre per contaminazioni logiche, il teatro del baratto- se i tempi non fossero decisamente altri- come i sistemi economici totalmente mutati dagli anni Settanta ed in barba al buon Carletto Marx. E qui sta il concept di Trattato di economia. Allora, chi siamo, chi eravamo e dove andiamo, noi che o facciamo o osserviamo, noi che da dentro o da fuori per lavoro o per divertimento bypassiamo nel nostro teatrino privato esistenziale il Teatro di ricerca? E chissà dove si dirigeranno allora, nella prossima stagione, nostra e loro, quelle mucche pezzate ruminanti in transumanza debordiana verso il Passo del Brennero di Qualcosa si muove , immortalate in fotografia che certo e non a caso è stata scelta come manifesto della stagione autunnale 2015 di SPAM? Trattato di economia di e con Roberto Castello e Andrea Cosentino Produzione ALDES con MIBACT e Regione Toscana Visto al Teatro Nieri di Ponte a Moriano (Lucca), l’11 dicembre 2015 FacebookTumblrPinterest Tags: featuredrenzia.dinca Autore: renzia.dinca Si è laureata all’Università di Pisa. Giornalista dal 1985, ha collaborato con Hystrio, Sipario, Rocca, Il Grandevetro, Il Gazzettino di Venezia, Il Tirreno, La Nazione, Il Giorno, Sant’Anna News. Lavora come consulente in teatro e comunicazione. Ha condotto ricerche universitarie per le riviste Ariel e Drammaturgia e svolto tutoraggio di master universitario di Teatro e comunicazione teatrale per l’Università di Pisa. Ha pubblicato in poesia Anabasi (Shakespeare & Company, Bologna 1995), L'altro sguardo (Baroni, Viareggio 1998), Camera ottica (ivi, 2002), Il Basilisco (Edizioni del Leone, Venezia 2006) con postfazione di Luigi Blasucci, L'Assenza (Manni-Lecce 2010) con prefazione di Concetta D'Angeli, Bambina con draghi ( Edizioni del leone, Venezia 2013) con prefazione di Paolo Ruffilli. È inserita nella rivista Italian Poetry della Columbia University.Come saggista teatrale il volume Il teatro del cielo (Premio Fabbri 1997), Il gioco del sintomo (Pacini-Fazzi, Lucca 2002) su un’esperienza di teatro e disagio mentale, La città del teatro e dell'immaginario contemporaneo (Titivillus, Corrazzano 2009), Il Teatro del dolore (Titivillus 2012), su una esperienza ventennale di teatro e disagio mentale presso La Città del teatro. Per Garzanti uscirà un saggio sul Metodo mimico di Orazio Costa. Come autrice di teatro sono stati rappresentati Ars amandi-ingannate chi vi inganna ed uno studio per Passio Mariae con video di Giacomo Verde. Collabora come performer con musicisti, tra i quali il maestro Claudio Valenti, che hanno composto brani inediti sui suoi testi ispirati al Il Basilisco e L'Assenza.

domenica 6 dicembre 2015


GROW Hansel Gretel e la strega cattiva Pubblicato su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Camaiore( Lucca) Rivisitazione in ampia libertà della e dalla fiaba Hansel e Gretel dei Grimm, questo Grow che fin dal titolo accenna alla difficoltà del crescere. Una fiaba che sia dal punto di vista letterario che psicoanalitico può avere come riferimento Bambini-fratellini e dall’altra Donne Madri-arpie che come nella fiaba classica sono per qualche motivo separati dai propri genitori legittimi (qui non dispersi per povertà della famiglia d’origine a cui non si fa riferimento se non per desiderio di ritornarci), ma che ripetono le tappe della faticosa ricerca di un’altra Madre. Sì, ma quale? La madre per sostituzione, è una virago dark in tacchi a spillo tirata a lustro che dichiara: ho quasi quarant’anni. E che fa all’arrivo di questi due bambini che si rincorrono come tutti i cuccioli aggrovigliati ma sotto lenzuola ambigue nere e di pizzo? Adotta i due malcapitati, blandendoli. E’ chiaramente single. Si muove con gran disinvoltura nello spazio- che è il suo, la sua casa (?) cavalcando scope da una parte all’altra del palcoscenico e dimenandosi un po’ menade un po’ femminista fuori contesto, trascinandosi in scena perfino innalzando la falce ed il martello. I fratellini, una lei Gretel con treccione bionde e un lui Hans cicciottello ancor prima di esser messo nella gabbia all’ingrasso, un po’ meno reattivo, dimenandosi fra lenzuola–tovaglia tutte fittizie, trovano finalmente ciò che cercano: essere riconosciuti come individui e cibo- la casetta di marzapane. La Madre potenzialmente adottiva e sadica li accoglie o meglio accoglie il maschio a cui arriva a permettere cibi cattivi essendo lui celiaco mentre distribuisce merendine anche al pubblico. Ma è la sorellina, la femmina, costretta da copione come una Cenerentola ai lavori domestici, che mette in guardia la potenziale vittima – il fratellino- maschietto- dalle mire antropofaghe di una Medea ma senza apparente passato famigliare, per niente amorevole e dotata di ben poco istinto protettivo. Allora chi mangia e chi è mangiato? Nel forno non finiscono i fratellini che scappano dopo aver meditato di ritornare alla famiglia da cui sono forse, fuggiti. Della strega cattiva poi non è dato sapere, come da finale aperto. Forse si è distrutta da sola, in un delirio narcisistico nel proprio forno interiore. GROW di e con Silvia Bennett, Marcela Serli, Caterina Simonelli Drammaturgia Tobia Rossi Consulenza artistica Federico Tiezzi Produzione Compagnia Lombardi|Tiezzi e Associazione IF Prana Visto a Camaiore Teatro dell’Olivo il 21 novembre 2015

mercoledì 2 dicembre 2015


I DREAM- Tra vita, flashback e sogno Pubblicato su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Porcari ( Lucca) Lo spazio è quello di SPAM dentro il cartellone della stagione autunnale Qualcosa si muove diretta da Roberto Castello, fra teatro, danza, musica, letteratura e videoarte. I Dream, in prima regionale toscana, parte con un’immagine sul palco in un a solo, una esperienza quasi unica dell’artista trentino Michele Abbondanza tanto dissacrante- provocatoria quanto leggera e divertente. L’artista, che ha co-fondato nel 1984 la Compagnia Sosta Palmizi dopo aver lavorato con Carolyn Carlson e poi fondato con la collega Antonella Bertoni l’omonima Compagnia Abbondanza|Bertoni, è fra i maggiori esponenti della scena mondiale di danza di ricerca contemporanea. Michele Abbondanza apre i quadri evocativi del suo nuovo spettacolo performativo in assolo mentre si infila una parrucca dai lunghi capelli biondi riccioluti per chiudere, ad anello, su una video proiezione in bianco e nero dove dal mixer si zoomma su un bimbo-forse proprio lui, sempre proiettato sullo sfondo, che fa pratica alla sbarra coi suoi compagni a scuola di danza classica, qualche decennio fa. I Dream è poco meno di un’ora di performance mozzafiato dove il filo conduttore è quello della memoria. Una successione di sequenze visive, sonore e performative allacciate come perle in una collana. A volte sono oggetti, a volte parole di canzoni ( I will survive di Gloria Gaynor è un po’ la colonna sonora di un film nel film), a volte testi da lui stesso suonati e cantati alla chitarra mentre sullo sfondo scorrono rimandi di rimandi, scene color seppia di silhouettes danzanti, scenografie di spettacoli altri. Si intrecciano lacerti di memorie in un continuo rispecchiamento di presente e passato dove proprio nel fondale risiede la traccia mnestica mixata con l’avvicendarsi di stimoli materiali in scena come quella criptica e inquietante di un enigmatico personaggio forse umano forse no nascosto da un drappo nero, unico elemento scenografico dentro lo spazio vuoto che ad un certo punto viene “ resuscitato” da Abbondanza. Si tratta di una sorta di manichino che lo stesso artista muove, di spalle, a passo di danza- un alter ego, un doppio inanimato che forse è ancora dentro il sé presente del coreografo. Ma non ci sono tracce di nostalgia in questo lavoro, anzi, sono proprio i molteplici materiali sensoriali e plastici ad animare il corpo del danzatore in un percorso di bellezza espressiva emozionante, quasi dessero il LA allo sprigionarsi di energie che si riattivano attraverso la memoria del corpo, dando vita cosciente alla filigrana emotiva della storia di un percorso esistenziale ed artistico. E’un po’ come quando ciascuno di noi sfoglia un album fotografico, un riassunto di alcuni momenti salienti della propria vita che però rimangono a livello di emozione mentale e affettiva; così e invece, Michele Abbondanza trasferisce al e sul proprio corpo per perfetta quintessenza di microazioni interpretative che la sua straordinaria macchina corpo gli permette, la fantasia rievocativa animando fantasmi, storie, frammenti, momenti brillantii e momenti opachi. Il lavoro si chiude in una dissolvenza dove il performer scompare- mentre il manichino rimane abbandonato a terra in disparte, mentre l’artista ricompare tra fumi un po’ diabolici, come nella materia pulviscolare notturna del sogno al risveglio, che attiva e riattiva desideri nel flusso di azioni fisiche e processi mentali in quella progressione complessa che è la nostra vita. I DREAM di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni Con Michele Abbondanza Video Tommaso Monza e Andrea Gentili Produzione Compagnia Abbondanza|Bertoni MIBACT- Dipartimento Spettacolo Provincia autonoma di Trento- Comune di Rovereto- Assessorato alla contemporaneità Regione autonoma Trentino- Alto Adige Visto il 27 novembre 2015 a Spazio SPAM ( Porcari- Lucca)