giovedì 23 novembre 2017


Repubblica.it: il quotidiano online con tutte le notizie in tempo reale.Archivio "Così la nave italiana ignorò gli allarmi" il rapporto top secret sulla strage dei bimbi MALTA. Un segreto agghiacciante accompagna da quattro anni gli accordi tra Italia e Malta su immigrazione e sbarchi. È tutto scritto in un rapporto riservato delle forze armate della Valletta: sette giorni prima dell'avvio dell'operazione Mare nostrum, nave Libra si è mantenuta lontana e non ha risposto alle continue e disperate richieste di soccorso inviate via radio sul canale di emergenza dall'equipaggio di un aereo militare maltese. La fuga del famoso pattugliatore, allora comandato dal tenente di vascello Catia Pellegrino, volto simbolo della Marina militare italiana, avrebbe impedito il salvataggio tempestivo di 480 profughi siriani. Dopo cinque ore di inutile attesa, per l'affondamento del loro barcone che la notte precedente era stato preso a mitragliate da una motovedetta libica, 268 persone sono annegate, tra le quali almeno sessanta bambini. Il retroscena scoperto da L'Espresso, che sul numero di domani allegato a Repubblica dedica una nuova inchiesta alla tragedia, è confermato da fonti qualificate delle "Armed Forces of Malta", le forze armate dell'isola che uniscono in un solo corpo difesa e soccorso. È il naufragio che ha cambiato la storia del Mediterraneo: proprio i morti di quel pomeriggio, l'11 ottobre 2013, una settimana dopo l'altra strage a Lampedusa, hanno convinto l'allora premier Enrico Letta a ordinare l'intervento unilaterale italiano per intercettare tutti i barconi al largo della Libia. E da quel mese, prima con Mare nostrum, poi con le organizzazioni non governative (le Ong), l'Italia si è fatta carico da sola di accogliere oltre seicentomila richiedenti asilo, anche quanti sarebbero potuti approdare a Malta. In altre parole, se quattro anni fa gli ufficiali della Libra (e del comando in capo della Marina italiana) avessero fatto fino in fondo il loro dovere, non ci sarebbe stato bisogno di costose missioni straordinarie. Quello che mettono in pratica i militari italiani è invece un copione di scelte apparentemente contrarie ai codici di condotta in mare. Nelle cinque ore che precedono la tragedia, Catia Pellegrino e il suo pattugliatore sono a poco più di dieci miglia dal peschereccio libico, che sta affondando carico di famiglie e bambini. Meno di un'ora di navigazione. Lampedusa è a 60 miglia nautiche. Malta a 118 miglia, oltre 218 chilometri. E da Roma il comando in capo della Marina ordina alla Libra di andare a nascondersi, perché sia una motovedetta maltese ancora lontana a farsi carico dell'operazione. La comandante Pellegrino esegue. E finora si è sempre saputo che lei e i suoi ufficiali a bordo fossero all'oscuro delle condizioni di pericolo sul barcone. Ma quanto il nuovo numero de L'Espresso racconta è una storia molto diversa. Oltre alla motovedetta, Malta invia un aereo ricognitore, un bimotore a elica King Air B200. Alle quattro del pomeriggio, un'ora e sette minuti prima del rovesciamento, quando la Libra può ancora raggiungere i profughi o almeno mitigare le conseguenze del naufragio, l'equipaggio del King Air avvista il peschereccio. Nota che è sovraccarico di persone e molto instabile perché lo scafo è ormai pieno d'acqua. Ma soprattutto dall'alto i militari maltesi scoprono che da Roma la Guardia costiera e la Marina italiane hanno tenuto nascosta la presenza lì vicino della Libra. La riconoscono dal suo distintivo dipinto sulle sue lamiere: P402. Non c'è più tempo da perdere. Dal King Air chiamano via radio il pattugliatore italiano sul canale 16 Vhf marino, il canale delle emergenze in mare il cui ascolto è obbligatorio. E la Libra non risponde. Chiamano e richiamano disperatamente. All'equipaggio maltese è evidente che il peschereccio sta per rovesciarsi. Dicono più volte alla Libra che il barcone è «overcrowded and very unstable », sovraccarico e molto instabile. Così è scritto nel rapporto. Ma la Libra non risponde e non risponderà. Nemmeno l'elicottero a bordo viene lanciato in volo per valutare la situazione. L'equipaggio maltese chiede alla sua centrale operativa di sollecitare l'intervento della nave italiana. Malta in quel momento è l'autorità internazionale che coordina l'operazione. Parte lo scambio di fax e telefonate con Roma che si conclude con l'ennesimo rifiuto della Marina. Dal King Air, disperati e increduli, centrano la Libra con il loro puntatore laser. E fotografano il pattugliatore di Catia Pellegrino mentre mantiene la prua in una direzione diversa da quella della richiesta di soccorso. Le immagini, un po' sgranate come quelle di un autovelox, dimostrano oggi la fuga della nave italiana. Il barcone dei bambini si rovescia alle 17.07. La motovedetta maltese arriverà a soccorrerli alle 17.51. Nave Libra addirittura alle 18. La comandante Pellegrino non smentisce. Ma il suo avvocato, Gianluca Mongelli, spiega che non può rispondere alle domande per l'esistenza di un procedimento penale. Mercoledì 13 settembre il Gip del Tribunale di Roma, Giovanni Giorgianni, deciderà se accogliere l'opposizione delle famiglie delle vittime alla richiesta di archiviazione. Secondo la Procura romana, infatti, non è stato commesso nessun reato. Tra gli indagati, otto ufficiali: quattro per omissione di soccorso e quattro per omicidio con dolo eventuale. Tra loro, Catia Pellegrino, 41 anni e, si apprende ora, l'ammiraglio Filippo Maria Foffi, 64 anni, fino al 2016 comandante in capo della squadra navale della Marina: due militari premiati dopo il 2013 proprio per le migliaia di persone soccorse durante l'operazione Mare nostrum. «Alla luce di queste nuove prove », commenta Alessandra Ballerini, legale dei genitori che hanno perso in mare i loro bambini, «ma anche alla luce degli audio delle comunicazioni già sentite, siamo certi che questo caso non possa essere archiviato ». ©RIPRODUZIONE RISERVATA LA FAMIGLIA Il medico Mohanad Jammo con i suoi tre figli: i due maschietti Nahel e Mohamad sono morti in mare, l'unica superstite è stata Naya Fabrizio Gatti 09 settembre 2017 sez.

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