a breve tradotta in castigliano da José Luis Reina Palazon
a MB
Il Basilisco
ho incontrato il tuo occhio
sulla soglia e sono morta
morta di paura morta di voglia
da quel momento in poi
cessato mai ho d'amarti
tu di perseguitarmi
a stanarti tento
con la penna del disamore
straziarti vorrei che delle carni
tue mai sazia mi sento
T'offro in dono materia pulsante
' per tua grazia ricevuta'
parola distillata grondante
a te consegno i resti
del pasto inconsumato
ed agli amanti degli amori
incorporei surrogati devastanti
Corpi nuvolosi
il tuo è un corpo nuvoloso
un corpo astratto opacizzato
il tuo è un corpo lattiginoso
come ai raggi X un referto numinoso
il tuo è un sorriso etrusco
un occhio magnetizzato brusco
il tuo è un sorriso elettrizzante
stupefacente nomadizzante
penetrante errante
ed io così ti colsi sulla soglia
finchè cadde la foglia
e si cadde come corpo morto cade
La parola a te dovuta
Sei nel corpo astrale, adesso
quello che tu chiami inconscio
sì io lo chiamo
corpo astrale dove tu esisti come onda
vibrazione presenza-assenza
spirito puro incistato mammillare
come il cane cerca l'osso
nel vortice a due dentro la prigione
nel corpo a corpo mortificato morto
E fu così
e fu così che ritrovai il tuo portafogli smarrito
nel cestino della tua bici dopo la spesa alla Coop
e di nuovo complici amici ed amanti di cibo e parole
cannibali felici (gentili)
di calcio la Juve e di giovani favolosi
un teatro vivente il riscatto del niente
possiamo amarci con poco
conta l'intesa il gioco la mente che ascolta sottende
il grido sommesso che scompiglia
la rugiada dei giorni il vento
che vibrisse di gatti scuotono
*mente impotente che rischiara
la parola il senso quei bambini
morti che scendono il Piave
la maestra che li rende alla tomba
la gioia sottile del ritrovarsi
che scalda l'abbaino le soffitte
le sconfitte gli antri nevosi
il raccontarsi sarà ciò che
morto ciò che ancora vive
tempeste di vita invitta
Quei due
Leggemmo insieme lo stesso passo
io esitante e tu già innamorato
stessa lingua stesso presepe
il passaggio fu necessario, breve
non ti mordesti la lingua
tutta l'allungasti tutta ex abrupto
e come ratto s'apprende il senso il suono
fuori come adesso il gelsomino
ed il moscone, mio drone
ho incontrato
ho incontrato un desiderio
al semaforo rosso per il mercato
aveva occhi a mandorla e un sorriso
denti bianchi di chi mangia poco
gli ho regalato un soldo di luna
per comprarsi un panino
non servirà a rendergli la libertà
ma di sicuro gli ha comprato
un lume di azzurra sazietà
Adesso sono io la lepre in fuga
Al semaforo rosso
sinapsi di enne-vite
non mi riconosco
non mi riconosco nel sublime
(cui peraltro aspiro)
e non mi interessano le cartesiane geometrie
io cerco dentro il nero delle cose
il buio fitto tra le non-parole
ho imparato presto e scorgere assoluti
dentro il fango delle pozzanghere
come su di me le sue stimmate
da quando mia madre
sazia del dolore femminile che la generò
decise che ero pronta anch'io al martirio
e mi diede in pasto alla vita
per urlare con parole vere il suo silenzio
Renzia D'Incà è nata a Belluno. Vive a Pisa città dove ha compiuto gli studi universitari. Lavora nella formazione e ricerca teatrale e universitaria. Come autrice ha vinto nel 1995 il Premio Poesia inedita Montepulciano. Ha pubblicato le raccolte: Anabasi. Percorsi blu (Shakespeare and Company, Bologna 1995), L'Altro sguardo (Baroni, Viareggio 1998), Camera ottica (Baroni Viareggio 2001), Il Basilisco (Edizioni del Leone, Venezia 2006), L'assenza (Piero Manni, Lecce 2010), Bambina con draghi ( Edizioni del Leone, Venezia 2013). Come saggista teatrale i volumi: Il teatro del cielo (Premio Fabbri 1997) e Il gioco del sintomo (Pacini Fazzi- Lucca 2002). E' autrice per il teatro e interprete dei suoi testi commentati da musicisti.
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