venerdì 2 febbraio 2018


a breve tradotta in castigliano da José Luis Reina Palazon a MB Il Basilisco ho incontrato il tuo occhio sulla soglia e sono morta morta di paura morta di voglia da quel momento in poi cessato mai ho d'amarti tu di perseguitarmi a stanarti tento con la penna del disamore straziarti vorrei che delle carni tue mai sazia mi sento T'offro in dono materia pulsante ' per tua grazia ricevuta' parola distillata grondante a te consegno i resti del pasto inconsumato ed agli amanti degli amori incorporei surrogati devastanti Corpi nuvolosi il tuo è un corpo nuvoloso un corpo astratto opacizzato il tuo è un corpo lattiginoso come ai raggi X un referto numinoso il tuo è un sorriso etrusco un occhio magnetizzato brusco il tuo è un sorriso elettrizzante stupefacente nomadizzante penetrante errante ed io così ti colsi sulla soglia finchè cadde la foglia e si cadde come corpo morto cade La parola a te dovuta Sei nel corpo astrale, adesso quello che tu chiami inconscio sì io lo chiamo corpo astrale dove tu esisti come onda vibrazione presenza-assenza spirito puro incistato mammillare come il cane cerca l'osso nel vortice a due dentro la prigione nel corpo a corpo mortificato morto E fu così e fu così che ritrovai il tuo portafogli smarrito nel cestino della tua bici dopo la spesa alla Coop e di nuovo complici amici ed amanti di cibo e parole cannibali felici (gentili) di calcio la Juve e di giovani favolosi un teatro vivente il riscatto del niente possiamo amarci con poco conta l'intesa il gioco la mente che ascolta sottende il grido sommesso che scompiglia la rugiada dei giorni il vento che vibrisse di gatti scuotono *mente impotente che rischiara la parola il senso quei bambini morti che scendono il Piave la maestra che li rende alla tomba la gioia sottile del ritrovarsi che scalda l'abbaino le soffitte le sconfitte gli antri nevosi il raccontarsi sarà ciò che morto ciò che ancora vive tempeste di vita invitta Quei due Leggemmo insieme lo stesso passo io esitante e tu già innamorato stessa lingua stesso presepe il passaggio fu necessario, breve non ti mordesti la lingua tutta l'allungasti tutta ex abrupto e come ratto s'apprende il senso il suono fuori come adesso il gelsomino ed il moscone, mio drone ho incontrato ho incontrato un desiderio al semaforo rosso per il mercato aveva occhi a mandorla e un sorriso denti bianchi di chi mangia poco gli ho regalato un soldo di luna per comprarsi un panino non servirà a rendergli la libertà ma di sicuro gli ha comprato un lume di azzurra sazietà Adesso sono io la lepre in fuga Al semaforo rosso sinapsi di enne-vite non mi riconosco non mi riconosco nel sublime (cui peraltro aspiro) e non mi interessano le cartesiane geometrie io cerco dentro il nero delle cose il buio fitto tra le non-parole ho imparato presto e scorgere assoluti dentro il fango delle pozzanghere come su di me le sue stimmate da quando mia madre sazia del dolore femminile che la generò decise che ero pronta anch'io al martirio e mi diede in pasto alla vita per urlare con parole vere il suo silenzio Renzia D'Incà è nata a Belluno. Vive a Pisa città dove ha compiuto gli studi universitari. Lavora nella formazione e ricerca teatrale e universitaria. Come autrice ha vinto nel 1995 il Premio Poesia inedita Montepulciano. Ha pubblicato le raccolte: Anabasi. Percorsi blu (Shakespeare and Company, Bologna 1995), L'Altro sguardo (Baroni, Viareggio 1998), Camera ottica (Baroni Viareggio 2001), Il Basilisco (Edizioni del Leone, Venezia 2006), L'assenza (Piero Manni, Lecce 2010), Bambina con draghi ( Edizioni del Leone, Venezia 2013). Come saggista teatrale i volumi: Il teatro del cielo (Premio Fabbri 1997) e Il gioco del sintomo (Pacini Fazzi- Lucca 2002). E' autrice per il teatro e interprete dei suoi testi commentati da musicisti.

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