sabato 9 aprile 2016


LEAR quando il gioco del Potere (come la follia) va oltre il genere Posted by renzia.dinca Pontedera. Una edizione dal Re Lear che prova a confrontarsi con temi classici innestando linfe di ricerca artistica che sennò non avrebbe troppo senso rivisitare in un must da parte di un regista come Roberto Bacci che sulla ricerca e sperimentazione ha fondato il CSRT -Teatro Era di Pontedera ben quarant’anni or sono ed oggi è Teatro Nazionale della Toscana col Teatro della Pergola di Firenze. Una splendida scrittura scenografica e musicale – il vasto palco della Sala Thierry Salmon, ridotto attraverso la circoscrizione di un perimetro mobile scritto sullo spazio (e le luci) da ben sette tendaggi a fare da quinte che corrono su binari e carrucole ora illuminate da proiezioni astratte dai toni lugubri talvolta epici, percorse come vele a tratti da agitazioni di venti, fra presenze esterne ed interne al disegno, quasi immagini da quadri di Hopper. E poi l’uso di maschere per i personaggi, abilmente spostati dal dentro al fuori della narrazione visiva a mò di servi di scena, ma soprattutto un’idea che stravolge la partitura. E qui sta il concept. E’ l’attrice Silvia Pasello (due volte Premio UBU, diretta da personalità di registi che vanno da Carmelo Bene a Thierry Salmon a Raul Ruiz per citarne solo alcuni), ad impersonare Lear o meglio Re Lear, anche se nella reinterpretazione del duo Bacci-Geraci drammaturghi, salta il termine Re e rimane il Lear. Tuttavia resta il Re-ame, il Re-gno. E se fosse la Regina o tout court, una figura ibrida né maschio né femmina- pur tuttavia creatrice di vita, visto che le tre figlie femmine pur sempre nate da questa creatura potente anche nel disporre e in discendenza, sono a loro volta vittime e carnefici di un topos del Potere: la successione alla morte del genitore? perché il tormentone del chi mi ama di più forse non vale anche, se chi muore o si ammala di capacità di giudizio è una Madre, una madre potente magari una madre fallica? il rovesciamento di prospettiva alla fin fine forse è proprio questo: se una Madre un po’ anziana o forse solo debole o molto malata, perde di consapevolezza (e un Padre c’è o forse non c’è più) chi guida il Regno-Reame? i successori? e/o i maschi o le femmine magari coi loro sposi (come da sacro plot del Bardo e relative tradizioni da Corona inglesi)? quale trama è più patriarcale-matriarcale, pur essendo secentesca e così tanto British e moderna?- il pensiero corre a saghe magari anche giudiziarie di certe grandi famiglie di industriali anche italiane o al gossip di cronache di settimanali di gran consumo sulle belle e giovani ereditiere. Ma solo per ellissi. Ed ecco che il rovesciamento-inversione di identità maschile/femminile comunque creaturale umana, che ci propone la visione di questo Lear di Bacci, si fa ficcante e densa di implicazioni extratestuali per andare verso considerazioni e condensazioni concettuali antropologiche e psicoanalitiche. Se il tema è sempre quello del chi comanda chi, se il cuore e le viscere dell’essere umano sono in fondo gli stessi da secoli, mossi come sono ieri ed oggi da ferine urgenze da egoismo puro e feroci guerre intestine sia dentro-anche metaforicamente le famiglie(quelle cosiddette normali, formate da padri madri e figli, per intenderci), che fuori nel Mondo-Reame, e sempre al centro dei conflitti sono il Potere ed il denaro ( poco, a volte niente, l’amore), allora questo Lear ha consistenza di un lavoro che pone interrogativi sempiterni ma col valore aggiunto di un perturbante estetico ed etico: il corpo di Silvia Pasello. Lear-Pasello si muove in scena e per quasi due ore come un vecchio|a bisognevole di affetto e cure delle tre figlie-instabile nel passo, commovente ma mai isterica anzi, in sottrazione assoluta di qualsiasi segno volto al patetico. La fragilità della figura–archetipo di moderno Lear, fa da contraltare alle figlie: belle e vitali come da copione secentesco( e/ o attuale). Colpisce in tutta questa complessa rilettura e in parte, riscrittura drammaturgica e registica, l’uso del canto e delle musiche. Stefano Pogelli ha curato la ricerca assai affascinante dei canti (affidati al coro delle figlie) ispirandosi agli originali che furono utilizzati nelle prime messe in scena shakesperiane e in particolare alla Ballata popolare King Lear and his three daugthers, anche in linea con le antiche tradizioni delle Isole britanniche in lingua gaelica ispirate alle fatiche del lavoro femminile. Tutti i numerosi personaggi in scena ( numerosi nel senso che non spesso ricorrono così numerosi negli allestimenti non cosiddetti tradizionali), hanno una loro identità rispetto a Lear. Nel dividersi e allacciarsi trecce- così come i regni fra cartine geografiche e pezzi di abiti, Goneril (Caterina Simonelli) è spavalda e battagliera, Regan (Silvia Tufano) più contenuta ma comunque spietata, Cordelia (Maria Bacci Pasello) giovanissima e con bella voce (commuove nel finale il suo canto intenso in lingua ucraina, una canzone di Mariana Sadowska). Le figure maschili convincenti anch’esse: il fool Michele Cipriani che ci accoglie in sala, Gloucester-Francesco Puleo, Edgar- Savino Paparella, Edmund -Tazio Torrini anche ben modulate nella non facile confezione di regia, ma come un po’ opacizzate dal prevalere delle grazie e azioni del clan al femminile. Alla fine nel cimitero che questa tragedia ci restituisce, usciamo arricchiti da una esperienza che racconta un percorso in salita, quello del gruppo originario pontederese che ha saputo rinnovarsi, trasformarsi anche, mantenendo una identità di fondo- quella dei Maestri ( Living, Grotowski, Barba, Odin Teatret,) ma capace di innestare linfa intergenerazionale di livello, aprendosi, come da sempre, ad esperienze intellettuali artistiche, umane e anche operative, attuali e dinamiche. Davvero tanta acqua è passata dalle regie di Bacci Laggiù soffia- Era- ed In carne ed ossa. Il lavoro di Roberto Bacci andrà in scena alla Pergola a Firenze in ottobre e a Wroclaw in Polonia sempre a ottobre, per Le Olimpiadi del Teatro. LEAR, liberamente ispirato a William Shakespeare regia Roberto Bacci drammaturgia Roberto Bacci e Stefano Geraci con Silvia Pasello, Caterina Simonelli, Silvia Tufano, Maria Bacci Pasello, Francesco Puleo, Tazio Torrini, Savino Paparella, Michele Cipriani progetto scene e costumi Marcio Medina realizzazione costumi Fondazione Cerratelli musiche originali Ares Tavolazzi in consulenza con Emanuele Le Pera e Elias Nardi consulenza storico musicale Stefano Pogelli Luci Valeria Foti e Stefano Franzoni Immagine Cristina Gardumi Visto a Pontedera, Teatro Era Fondazione Teatro della Toscana in Prima nazionale, il 2 aprile 2016

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