sabato 21 dicembre 2019

ANTIGONE

renzia.dinca

Prato

Massimiliano Civica si confronta con un testo della classicità greca Antigone di Sofocle, così lontano e paradossalmente così vicino alla narrazione possibile su temi costanti della contemporaneità. Ne fa una lettura originale anche discutibile, come deve essere, vista la distanza di epoche e pensiero politico-sociale e culturale che distanzia il testo scritto nel V secolo A.C. dalla complessità  tumultuosa dell'attuale pensiero unico in epoca di post globalizzazione.  Ma è proprio questa la forza del mito e dei classici, come ci hanno insegnato i Maestri nella critica letteraria  e nella Storia dell'arte più in generale.  Civica infatti, si mette in gioco come regista e intellettuale della scena (sua è anche la traduzione e l'adattamento del testo, concentrato in meno di un'ora di spettacolo) con un arduo ulteriore step di sfide: quelle con le messinscene di Antigone firmate da mostri sacri del parterre internazionale che di e da Antigone hanno creato opere memorabili entrate nei manuali della Storia del teatro novecentesco da Brecht a Pasolini (un Creonte per il cinema: Carmelo Bene), dal Living in versione Judith Malina fino ai piu recenti  Motus, datati primi decenni del Duemila, con una straordinaria  Antigone Silvia Calderoli in versione  proto/neo femminista.  La sua personale lettura del classico sofocleo si avvale ancora una volta (dopo la recente rilettura di Alcesti presentata alle Murate a Firenze) investendo di nuovo a pieno regime nelle  eccellenze attoriali femminili  di Monica Demuru-Ismene e Monica Piseddu -Antigone, affiancate ad altre eccellenze quali Oscar De Summa-Creonte, Marcello Sambati-Corifeo e Francesco Rotelli-Emone. Ecco che allora l'operazione che Massimiliano Civica ha individuato come novità assoluta nel cartellone 2019/20 del Teatro Fabbricone di Prato  e da sua scrittura drammaturgica del copione di Antigone  di e da Sofocle (sostenuto anche da Note di regia molto circostanziate sul corto-circuito possibile interpretativo fra trapassato remoto e attualità con un nutrito esauriente  Programma di Sala),  si appresta a diventare materia ghiotta per un pubblico un po' sofisticato e per una critica  che prova a cimentarsi con una materia di attenzione allertata. Quali frasi estratte dall'originale diventano focus della tragedia e dei suoi personaggi secondo Civica. Quali dimensionamenti, sempre di trama e personaggi, secondo Civica. Quali riqualificazioni etiche ed estetiche il regista ha apportato rispetto alla tradizione  delle messinscene piu recenti.  Insomma quale operazione complessiva fra  regia, traduzione re-interpretazione  ideazione e messinscena alla luce della lettura politicizzata recente, ha provocato ed evocato Civica sulla figura centrale di Antigone?
L'Antigone secondo Civica, è una figura femminile rovesciata rispetto alla lettura femminista che vuole al centro la Principessa-Antigone opposta al Padre-Re: qui seppellisce il fratello Polinice (con la sorella Ismene che la precede in modo quasi simbolico senza però diventare capro espiatorio, anzi rifuggendone). Antigone  seppellisce il fratello traditore che in scena è un fantoccio mangiato dagli animali selvatici in divisa nazista, perchè vuole conservare i propri privilegi di aristocratica. Quei privilegi di casta a cui lei appartiene  quelli dell'Ancien regime di cui lei è protagonista in quanto erede. Qui non si tratta più di opposizione femminile che opta alla trasgressione contro le Leggi della Polis in funzione della Legge  morale che obbedisce alla seppellitura dei morti tout court, ma di una Figlia futura regina che decide di andare contro il Padre che, investito di un ruolo di comando assoluto fra lotte fratricide e trappole di potere (siamo dentro la dinastia malefica delle Figlie di Edipo) è bloccato dal suo ruolo di Gerarca?Monarca?-Creonte veste con tuta  militare e fazzoletto rosso da partigiano- con relative e successive  responsabilità sul Popolo. Dal buio di sipario aperto, il lavoro si apre con un a parte di Creonte (Oscar De Summa): un eco da bestia e si chiude col sipario su di lui – un non parlato un inarticolato.  La scena di Antigone è completamente vuota. Il fantoccio di Polinice è  deposto alla sinistra del palco  e lì  rimarrà fino alla fine. E' lui il  corpo-feticcio su cui ruotano le impalcature dei nuovi equilibri interni (la Famiglia Reale), rispetto alla Polis. Siamo all'istantanea di un hic et nunc senza ritorno. Dentro una redde rationem. Fra aristocratici (forse in declino)  e comunque dentro una lotta di Potere  fra famigliari che in mano hanno ancora  le casse dello Stato.  Basta avvedersi dei costumi di scena delle due belle figlie  Ismene e Antigone per avere un quadro di sontuosa rapacità familistica. E poi anche degli ingressi da avanspettacolo in romanesco della plebe al servizio di polizia che strappano una risata (Francesco Rotelli) o il Coro tutto affidato in estrema sintesi  come sotto dettatura altra, di Marcello Sambati. Siamo dentro un prima e un dopo dove in scena si recita con toni quasi sottovoce eppure urlati nel simbolico, lo sdegno il dolore  la carneficina ma soprattutto il desolante confronto con un passato definitivamente morto o in stand by che si affaccia su un presente bifronte o quantomeno desertificato di senso. Nei dialoghi fra Antigone  e Creonte, fra Ismene e Creonte-le figlie Regine, si instaura  una sorta di psicodramma.  In avanscena si scontrano si confrontano. Ma tutto è sussurrato, sotto soglia. O meglio in ibernazione. Come se il dramma vissuto dai protagonisti e dai corpi fosse congelato nei gesti nelle posture sempre regali  delle due donne, mai scomposte fra dialoghi  e  monologhi con Creonte e i coprotagonisti.  Una panchina sul fondale farà da pausa- sospensione del climax, rispetto dove entrano e siedono i personaggi tragici protagonisti o comprimari- che si appalesano  sempre da destra per chi è pubblico, per poi uscire da sinistra. Entrano ed escono di scena come fantasmi su modello shakesperiano. Una concertazione spazio-simbolica di nettezza assoluta. geometrica. Come ci aveva abituato Civica nella sua ideazione di  Alcesti alle  Murate. Molto brave le attrici Piseddu-Antigone di eleganza  in un ruolo  data la mission quasi impossibile. Come Demuru-Ismene,  che assume le sembianze ma  solo vocali, anche di  Tiresia. Una  Ismene che per il regista, recupera una funzione centrale nella dinamica di strutturazione scenica e drammaturgica per voce e corporeità perfettamente  dentro la narrazione simbolica originale drammaturgica della riscrittura di Civica  rispetto le figure di  Antigone e Creonte.

Una prova di regia e di pensiero  questa di Civica, che coraggiosamente  si confronta a partire dal piu recente Belve (firmato da  Armando Pirozzi come  Quaderno per l'inverno ), sperimentando generi  e attrazioni fatali coi classici, per un possibile confronto ancora umano sulla contemporaneità. Quella di un possibile futuro che si re-interroga sul proprio esserci nel Mondo


                                                                                                                                                                                                                                                                                                    

Antigone uno spettacolo di Massimiliano Civica

Traduzione, adattamento  e regia Massimiliano Civica

con Oscar De Summa, Monica Demuru, Monica Piseddu, Francesco Rotelli, Marcello Sambati

costumi Daniela Salernitano

luci Gianni Staropoli

Produzione Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con Manifatture Digitali Cinema Prato-Fondazione Sistema

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