venerdì 18 luglio 2014

Teatro Carcere
Pinocchio #2
SCENA PADRE  di  Elisa Taddei                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            
 Posted  di Renzia D’Incà

Sollicciano

 Quando, da molto tempo , ti rendi conto che aver da sempre frequentato in Toscana  i lavori teatrali all’interno di carceri ( Pisa, Volterra , Firenze, e poi  Arezzo, Prato e da ultimo  Pistoia) e i tentativi, fruttuosi , secondo una politica  della Regione  nata col progetto  Porto Franco nel 1999 (idea lungimirante, legata alla consapevolezza e necessità dell’integrazione politica sociale e culturale fra diverse identità  geopolitiche in virtù della logica  che tutti noi, migranti e cittadini,  abbiamo bisogno degli altri, che  tutti noi cadiamo o possiamo cadere vittime  nella rete del Gatto e la Volpe), incontrare il lavoro di Elisa  Taddei, è  stato cartina di tornasole rivelatrice di una sia pur aspra sensibilità comune.
La Taddei è giovane regista, che  senza dubbio ha esplorato su di sé  il coraggio delle donne ed  artiste,  fino ad intercettare  nella  sua formazione professionale, nientemeno che  Iben Nagel Rasmussen ( attrice storica dell’Odin Teatret)- oggetto della sua tesi di laurea al Dams di Bologna,  per poi  lavorare con detenuti  sempre in quel di  Bologna  presso la  Casa circondariale a Dozza.  Quando poi scopri che anche lei aveva   visto-come me  a Castiglioncello (o dintorni) io personalmente dentro una  Casa del Popolo (con accanto l’osteria, colle urla, le grida del cosiddetto “popolo”): il “ Kohlhoass” di Baliani che ci ha aperto strade speciali-ben oltre quello che sarebbe poi stato definito  teatro di narrazione, bè allora comprendi perché certe strade si riconoscano.
Inoltre un’altra traccia di memoria  si affida al mio rapporto professionale  col trimestrale  storico Il Grande Vetro di Santa Croce sull’Arno con cui ho collaborato a suo tempo  e  per cui ero anche stata là, al carcere di  Sollicciano ai tempi della neonata o quasi FI PI LI che velocemente portava i toscani di mare dal Tirreno alle fiorentinità , per ascoltare i racconti di chi in quel carcere aveva provato a far raccontare storie- le loro storie   quelle dei detenuti,  allora rifletti che il terreno culturale di questo Paese  attraverso  la forma  teatro, può essere ancora uno spazio di  condivisione di intelligenza, memoria e risorsa essenziale anche e ancora del  far politica  e di produrre senso e conoscenza.

Il progetto di Elisa Taddei nasce nel 2004 col suo gruppo Krill approvato dal Coordinamento Teatro e Carcere entro le mura di  Sollicciano, nel comune di Scandicci immediata periferia di Firenze, da parte della Regione Toscana e dal 2005 ha il sostegno della Fondazione Carlo Marchi che opera” per la diffusione della cultura e del civismo in Italia”.
Questa versione di Pinocchio #2 ( in occasione dei festeggiamenti del decennale di  presenza e produzione continua di spettacoli del Krill) ha visto coinvolti due generazioni di detenuti, i giovani e gli anziani, i padri e i figli,  due gruppi distinti insomma che hanno lavorato, anche drammaturgicamente all’interno dei laboratori che precedono come di consueto accade allestimento del lavoro. Fra Geppetti e  Pinocchi- padri adottivi anzianotti e figli un po’ degeneri  circola un’aria viziata stracarica di umori  che ricalcano non tanto e non solo il naturale gap generazionale che tutte le generazioni passate hanno più o meno sperimentato ma si alimenta di un humus assai contemporaneo  nella nostra società italiana che è quella della novità di chi si interroga, da adulto più o meno consapevole, sulla sostanza dei propri figli legittimi o meno, insomma sulle sorti umane e progressive del proprio lascito spirituale e culturale.
Se i parametri antropologici e sul filo psicologico: archetipici, sono più o meno gli stessi di sempre, quelli che hanno attraversato il climax della nostra cultura occidentale, la Taddei sembra aver scelto una linea di pensiero che attraversa e contagia le diverse anime che ribolliscono nell’osservatorio comune che è materia peculiare dei nostri tempi: meticciati, confusione di ruoli, fine definitiva del ruolo tradizionale della famiglia italiota con conseguente perdita di identità fra padri, madri e figli. Non a caso nella scrittura drammaturgica sono entrate schegge di brani tratti da La pecora nera di Ascanio Celestini e da Gli sdraiati di Michele Serra, due intellettuali di generazioni diverse entrambi attenti ai cambiamenti.
Non a caso gran parte fra Pinocchi e Geppetti della Compagnia del Carcere di Sollicciano hanno nomi stranieri (mentre il progetto Krill è stato anche contaminato dalla collaborazione di un gruppo di studenti disabili del Liceo Artistico di Porta Romana, centro cool della fiorentinità).

 Lo spettacolo gira veloce, dinamico nelle due apparentemente semplici  contrappuntistiche varianti dei vecchi e dei giovani, ripercorrendo molto a volo d’uccello le straordinarie suggestioni collodiane. Semplici ma estrosi  i costumi e le maschere tutti rigorosamente  poveri

E allora chi sono i Telemachi e chi gli Anchise? quanto è di moda questa prescrizione intellettual-internettiana?

E se in  finale si appalesa la Fata Turchina madre nonna zia ma anziana che da leggio non fa morali ma prova a ricucire, solo come le donne sanno fare, ciò che nella vita conta, davvero.

Regia di Elisa Taddei
Visto a Sollicciano-Firenze  il 27 giugno 2014





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