giovedì 17 aprile 2014

La parola padre- Cantiere Koreja
di Gabriele Vacis

Posted Renzia D’Incà  - Rumor(s)cena di Roberto Rinaldi

Ola, Simona, Irina, Anna Chiara, Alessandra, Maria Rosaria: sei donne, sei storie di giovani donne in fuga. Dai padri, dalle rispettive patrie. Una drammaturgia che nasce da drammi  di guerre, di  confusione e insieme tentativi di incontri  di linguaggi.  In prima battuta narrati dentro un laboratorio teatrale voluto da Koreja ed affidati ad uno dei più importanti drammaturghi italiani di teatro di narrazione Gabriele Vacis,  per dare corpo ed ascolto a vissuti di contemporaneità femminile lacerata, disperata, che masochisticamente, o forse no, non ancora,  reitera i percorsi, raccontandosi. Percorsi che si intrecciano incontrandosi  per poi lasciarsi fra voli low cost  in aeroporti dove le lingue si confondono e insieme ci cercano, per provare a capirsi, fra donne,  fra persone che reclamano la propria identità, il diritto alla propria vita. Sono le  tre donne dell’est europeo-  che sbarcano a Brindisi,  insieme alle altre  tre italiane del sud.
Sullo sfondo lo spettro del comunismo, da cui fuggono. Il comunismo dei padri, il comunismo  o patriarcato delle patrie in liquidazione.
Una scena spoglia, ai due lati uno stendino con abiti  di diverse fogge che continuamente indossano e ripongono nell’alternarsi delle azioni sceniche su uno sfondo creato interamente e coreograficamente da bottiglioni di plastica,  l’acqua gratis, quelli che si trovano in luoghi senza patria-  i non luoghi, aeroporti ma anche palestre appunto, utilizzati in maniera geniale   minimalista dall’inizio alla fine del lavoro. A occhio  all’inizio sembrano mammelle  o quinta poi, via via  assurgono a spazi  usati come praticabili dove salire  e cadere- la caduta delle frontiere, dei muri, per trovare una dimensione onirico-spaziale femminile dove andare per poi sprofondare, nella propria confusione di spazi|linguaggi. In scena le sei giovani donne sono tradotte dalle loro lingue- non in automatico  ma da una loro alter ego- in inglese ( una ragazza  seduta a tavolino col suo modernissimo  tablet). E si raccontano  alternandosi al microfono posto al centro della scena. Sono pezzi di vite, brevi data la loro età, ma dense di  testimonianze  appassionate di violenze, desideri frustrati,  voli, speranze che confluiscono nella necessità di fuggire, dai propri padri e patrie per cercare fuori di dove e da chi sono state  generate il proprio riscatto. Le valige- il trolley nella versione moderna della contemporaneità- bagagli leggeri sono il simbolo di questa necessaria presa di distanze da ciò che è stato e mai più sarà. Le donne senza padri, e soprattutto, senza patria, non torneranno. Mai. Mai più. Anche se il filo della memoria le riconduce- e non potrebbe non esser così al discorso dei padri, ai ricordi legati alle loro infanzie e prime giovinezze. Qualcuna proverà a confondersi  in istituti di bellezza- come le altre  come le donne dei Paesi dove emigreranno, fra fanghi  e  unghie da ricostruire. E anche qui  per operare la riproduzione di racconti, di storie.  Fra cambi di abiti tra scintillio- le speranze? e provocazioni palesi: mettersi la carta igienica dentro lo slip per trasformare il proprio sesso  nell’altro, quello paterno, appunto.
Uno spettacolo dinamico, sei attrici di grande impatto scenico, una drammaturgia poetica ma  dallo stile impetuoso e graffiante, una scrittura di scena dura che restituisce le dinamiche attualissime  di donne alla ricerca della propria individuazione che può essere agita solo attraverso la fuga, attraverso la negazione di una identità- quella del padre e delle patrie ( identica radice semantica) disfatte del comunismo,  ma anche della società patriarcale ( le ragazze italiane) da cui è possibile ripartire solo tracciando un niet sulla lavagna della Storia. Per ripartire col coraggio delle donne.

Con Irina Andreeva, Alessandra Crocco, Aleksandra Gronowska, Anna Chiara Ingrosso, Maria Rosaria Ponzetta, Simona Spirovska
Drammaturgia e regia di Gabriele Vacis.  Produzione  Koreya Scene di Roberto Tarasco. Progetto Archeo
Visto a Pontedera- Teatro Era


Nessun commento:

Posta un commento