giovedì 24 dicembre 2015


Il MINOTAURO secondo Zaches Teatro Posted by renzia.dinca Empoli In prima nazionale dentro lo spazio multifunzionale di Giallo Mare Minimal Teatro diretto da svariati anni da Renzo Boldrini attore e regista, da sempre attento al teatro delle nuove generazioni, un elegante lavoro della giovanissima Compagnia Zaches Il Minotauro. Teseo in quanto eroe, ha molti nemici e tanti di questi deve accoppare, fino al più temibile: il Minotauro. Ma così recita il mito e non se ne può uscire se non percorrendo tutto l’iter delle morti seriali necessarie. Nelle versioni davvero molteplici e sempre attualissime come lo sono i classici di ogni tempo e provenienza geografica e multietnica, la storia di Teseo (con le relative costellazioni ad intreccio delle genealogie familiari sia umane che divine) è una fra le più suggestive e saccheggiate sia in teatro che in letteratura e in arte. Il rischio della scelta Zaches di cimentarsi in questa complessa tematica, poteva essere quella di una sovraesposizione. Invece così non è perché la temperatura di questo “Minotauro” è sintetica, sobria e affascinante. Riunite in prima linea le competenze della Compagnia fra le giovani italiane riconosciute da MIBACT e con già un bel medagliere anche internazionale, sono il teatro-danza e il teatro di figura fino al teatro d’ombre, che permette loro di stagliare in scena delle figure di algida quintessenza formale con l’aiuto fondamentale di un apporto luci sonoro e costumistico e di maschere che farebbe invidia ad un trattatello sia pure ipertestuale o anche on line della storia dell’arte. Naturalmente qui di teatro si tratta e di arte dal vivo dove non c’è sipario ma quadri a scomparsa mentre in proscenio si svolgono le principali scene del la narrazione. Il mix che crea la bellezza espressiva è proprio l’intreccio sapiente di microazioni dei tre attori-danzatori in scena e la calmierazione o esaltazione tecnica degli effetti emotivi e fantasmatici sullo spettatore di quanto si osserva e ascolta. Questo intreccio di corporeità, anche con il sussidio di strumenti tradizionali del teatro insieme alle tecniche più recenti delle tecnologie, fanno sì che questo lavoro sia contemporaneamente adatto alla didattica (lo spettacolo è anche rivolto a ragazzi in età dalle scuole medie inferiori) nonché ad un pubblico appassionato non tanto al teatro calligrafico quanto alla contaminazione dei linguaggi più attuali della scena contemporanea. Compagnia Zaches Coreografia regia e drammaturgia di Luana Gramegna Scene luci costumi maschere di Francesco Givone Progetto sonoro e musiche originali di Stefano Ciardi Con Gianluca Gabriele, Anna Solinas e Eugenia Coscarella Spettacolo consigliato per ragazzi dagli undici anni in su Visto a Empoli, Giallo Mare Minimal Teatro, il 18 dicembre 2015

martedì 22 dicembre 2015


Giovani autrici a SPAM: A LOAN e UN MINIMO DISTACCO Posted by renzia.dinca Porcari ( Lucca) Due progetti, l’uno A Loan già strutturato e presentato in prima nazionale la scorsa estate al Festival Inequilibrio di Castiglioncello, l’altro Un minimo distacco ancora in fase di studio, ben delineato. Due le performer Irene Russolillo e Caterina Basso, giovani danzatrici e coreografe con molti premi nazionali e internazionali già alle spalle dentro la stagione autunnale Qualcosa si muove di SPAM, rete per le arti contemporanee, diretta da Roberto Castello. Si parte con la creazione autorale Un Minimo distacco di Caterina Basso. Attraversata da suoni e rumori domestici, della pura quotidianità che vanno dalle note di una radio o una TV che trasmette The time goes by (riferimento al film Casablanca?), fino a crepitii di oggetti forse vasellame o passi estranei, il suo corpo reagisce animandosi in azioni scomposte, rarefatte ma scalene, come se fosse agita in scena proprio dal noise di sottofondo. Poi si passa al silenzio, finalmente. E qui, adesso suona lei, col suo corpo muovendosi nello spazio completamente vuoto cercando la propria dimensione interna ed esterna, forse un equilibrio per osservare la giusta distanza dalle cose del mondo. L’azione riparte sulle note del Boss in Streets of Philapelphia (Philadelphia anche come riferimento per il film?) e di nuovo il corpo si ri-armonizza. Fino allo scioglimento della tensione del finale sorprendente in cui Caterina Basso sputa fuori da sé qualcosa di inquinante per liberarsi del peso della vita, delle sue miserie, delle cattive memorie, tanti piccoli boli- sassetti bianchi, per infine, forse, respirare. A LOAN parte da un buio in cui risuona la voce di Irene Russolillo microfonata. ALOAN , equivalente fonico di alone cioè “sola”. Qui l’assolo della danzatrice-performer è per metonimie, sinestesie e contaminazione linguistica. Solitudine, assenza, ma anche ricerca di voce altra, fuori di lei. La pista è quella di alcuni sonetti di Shakespeare da lei stessa recitati o cantati mentre nella traccia sonora cita Arvo Part colla sua tastiera mistica in cui ombre e luci hanno lo stigma narrativo per micro frasi del sogno di una lei che sta sulla spiaggia, ascolta il mare ma ha perso gli occhiali-non vede. O forse vede, ma non c’è nessuno oltre a lei donna sposa, altri compagni di viaggio ad ascoltare il religioso suono delle onde sonore, in assetto minimalistico. La protagonista è sola (a loan, appunto) dunque nella notte della vita in balia dell’imago di uno spirito-corpo reale o immaginifico (dal sonetto LXI). Il passaggio successivo la vede essere asessuato in posizione fetale mentre un gioco di luci raffinatissimo esplora il suo corpo e lo spazio rischiarandola in una semi nudità rosata-come il corpo defraudato di un vivente o feto oltre la vita e la morte, priva di chioma o meglio calva(forse di apparenti istinti?). E qui Irene Russolillo dà il meglio di sé trasformando il suo corpo metamorfizzato in forma di insetto alla Kafka con movenze di ragno tessitore roteando su se stessa quasi non riconoscendo o provando a rintracciare i propri arti, oppure semplicemente ricostruendoli|si. Sembra una regressione quella a cui assistiamo, lei che morde il braccio di se stessa, lei che dalla vagina estrae un palloncino per poi farlo esplodere-gioco comune infantile o mimesi di un coito? nella ambiguità in cui i segni artistici dicono e amplificano di senso e significato, ecco che la performer distesa sulle due casse-unico oggetto di scena, prova o riprova una collocazione spazio-temporale instabile, fino a riappropriarsi della propria voce- microfono e cantando pezzi da Sonetto VIII “ ( …) tu che sei solo musica, perché l’ascolti con disdegno? (…) /queste mute voci, riunite in un sol coro, all’unisono ti dicono/Solo, non sarai nessuno”. A LOAN Si chiude con un passaggio fortemente muscolare della straordinaria performer in cui la musica, quella elettronica originale, ha un gran posto. SPAZIO SPAM A LOAN Progetto e interpretazione Irene Russolillo Musica originale Piero Corso e Spartaco Cortesi Disegno e luci Valeria Foti Testi di Irene Russolillo, Sonetti da W. Shakespeare Produzione ALDES con il sostegno produttivo di Inequilibrio, Festival Oriente Occidente|Rovereto UN MINIMO DISTACCO Coreografia e interpretazione di Caterina Basso trattamento sonoro Roberto Passuti Disegno luci Antonio Rinaldi produzione ALDES con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali / Direzione Generale per lo spettacolo dal vivo, Regione Toscana / Sistema Regionale dello Spettacolo Visto a Porcari ( Lucca), il 19 dicembre 2015

mercoledì 16 dicembre 2015


Un Trattato di economia che non fa sconti a nessunoPosted by renzia.dinca su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi PONTE A MORIANO (Lucca) Analisi ludica ad alto tasso di complessità situazionista e quindi in apparente leggerezza, che in realtà delinea una feroce capacità autocritica dei due co-autori, la coppia Roberto Castello coreografo e danzatore internazionale, con Andrea Cosentino, uno fra i (pochi) attori-autori teatrali satirici di rango italiani. Il lavoro nasce parecchi mesi or sono all’interno della stagione SPAM ideata e diretta dallo stesso Roberto Castello. I segni di questo Trattato di economia sono multi semantici e alla fine si capisce che, spettatori in tutto esaurito o quasi nel Teatro di questa piccola realtà provinciale a Ponte a Moriano organica allo spazio SPAM di Porcari, si ride per non piangere. O forse si piange per non ridere. La spietatezza dei temi si evince fin dalle primissime battute dove con la scusa ed il linguaggio da conferenza a carattere economico, i due relatori seriosi ma solo di facciata in giacca e cravatta, espongono ex cathedra due oggetti da sex shop. Ma dove sta il business? È di denaro che si parla o forse di sesso? O di come questo e quello comunque di fatto reggano, da sempre, il Pianeta e l’intera umanità ? Il dove si va a parare pur partendone alla larga, si fa strada ben presto perché l’indagine dei due autori è finto economica sui temi dei grandi sistemi del pensiero unico lobbistico-finanziario e non tratta né di soldi né di sesso ma di cultura e di quella della società dello spettacolo in ispecie. Con spietatezza raffinata mixando diversi generi, dalla pantomima al talk show al cabaret, utilizzando le due diverse competenze in affabulazione e siparietti sincronici affiatati per ritmi e scrittura drammaturgica, Castello|Cosentino disegnano una partitura in cui ciò che viene messo alla berlina è proprio il mondo della società teatrale, quel microcosmo spesso schizoide rispetto alla cosiddetta società civile in un gioco perverso di realtà che si autorispecchiano perché nella macchina dei soldi c’è anche, eccome, la macchina-spettacolo. Anche in quello per qualcuno “fricchettone” per altri “di ricerca”. Trattato di economia, crediti di Ilaria Scarpa Trattato di economia, crediti di Ilaria Scarpa Nessuno è risparmiato nel copione di Trattato: non il pubblico-che dice noi siamo di sinistra, impegnati nel sociale, ambientalisti che teniamo al fisico ma vestiti informali-non i generi televisione, teatro e danza- né i mostri sacri e non il giornalismo, quello della critica (con una video-partecipazione in falsa absentia di Attilio Scarpellini). Ma nemmeno si risparmia la coppia autorale e artistica etero-definitasi dentro cartelli con scritture concettuali-pure etichette, anch’esse di mercato. Niente e nessuno viene risparmiato in un crescendo parossistico nel tritacarne della gioiosa macchina da guerra dissacrante e iconoclasta del duo surreale e machiavellico. Se gli oggetti sono status symbol e l’accapararsene significa far parte del clan dei ricchi potenti e superfighi (scarpe e sex toys scorrono nel finale su un tapis roulant mentre Cosentino con antennine disco anni 80 televisivamente, sproloquia), così nel mondo dello spettacolo alcune icone vengono tirate in ballo come oggetti-feticcio reificati. Vengono rappresentate in scena fra l’ironico e il parodistico da Castello: si va da Jan Fabre a Pina Bausch fino a Ronconi, così come certi metodi di certe scuole di teatro (il riferimento è al santone Osho e i suoi seguaci new age) mentre parte uno spezzato di Telemomò, un must di Cosentino televenditore, stavolta della famosa pietra (filosofale?). Andrea Cosentino crediti di Ilaria Scarpa Andrea Cosentino crediti di Ilaria Scarpa Insomma, se anche lo spettacolo è un prodotto di target, come poter riconnettere l’Arte e l’oggetto? L’arte e la sua remunerazione “oggettiva” sul mercato dell’arte? E qui si sfiora, elegantemente, una riflessione autocritica di meta-teatro ma solo per sinapsi, per allusioni sottili. Perché, allora, per contaminazione logica in ambito d’arte plastica contemporanea: chi decide le quotazioni di Damien Hirst?. E si potrebbe citare, sempre per contaminazioni logiche, il teatro del baratto- se i tempi non fossero decisamente altri- come i sistemi economici totalmente mutati dagli anni Settanta ed in barba al buon Carletto Marx. E qui sta il concept di Trattato di economia. Allora, chi siamo, chi eravamo e dove andiamo, noi che o facciamo o osserviamo, noi che da dentro o da fuori per lavoro o per divertimento bypassiamo nel nostro teatrino privato esistenziale il Teatro di ricerca? E chissà dove si dirigeranno allora, nella prossima stagione, nostra e loro, quelle mucche pezzate ruminanti in transumanza debordiana verso il Passo del Brennero di Qualcosa si muove , immortalate in fotografia che certo e non a caso è stata scelta come manifesto della stagione autunnale 2015 di SPAM? Trattato di economia di e con Roberto Castello e Andrea Cosentino Produzione ALDES con MIBACT e Regione Toscana Visto al Teatro Nieri di Ponte a Moriano (Lucca), l’11 dicembre 2015 FacebookTumblrPinterest Tags: featuredrenzia.dinca Autore: renzia.dinca Si è laureata all’Università di Pisa. Giornalista dal 1985, ha collaborato con Hystrio, Sipario, Rocca, Il Grandevetro, Il Gazzettino di Venezia, Il Tirreno, La Nazione, Il Giorno, Sant’Anna News. Lavora come consulente in teatro e comunicazione. Ha condotto ricerche universitarie per le riviste Ariel e Drammaturgia e svolto tutoraggio di master universitario di Teatro e comunicazione teatrale per l’Università di Pisa. Ha pubblicato in poesia Anabasi (Shakespeare & Company, Bologna 1995), L'altro sguardo (Baroni, Viareggio 1998), Camera ottica (ivi, 2002), Il Basilisco (Edizioni del Leone, Venezia 2006) con postfazione di Luigi Blasucci, L'Assenza (Manni-Lecce 2010) con prefazione di Concetta D'Angeli, Bambina con draghi ( Edizioni del leone, Venezia 2013) con prefazione di Paolo Ruffilli. È inserita nella rivista Italian Poetry della Columbia University.Come saggista teatrale il volume Il teatro del cielo (Premio Fabbri 1997), Il gioco del sintomo (Pacini-Fazzi, Lucca 2002) su un’esperienza di teatro e disagio mentale, La città del teatro e dell'immaginario contemporaneo (Titivillus, Corrazzano 2009), Il Teatro del dolore (Titivillus 2012), su una esperienza ventennale di teatro e disagio mentale presso La Città del teatro. Per Garzanti uscirà un saggio sul Metodo mimico di Orazio Costa. Come autrice di teatro sono stati rappresentati Ars amandi-ingannate chi vi inganna ed uno studio per Passio Mariae con video di Giacomo Verde. Collabora come performer con musicisti, tra i quali il maestro Claudio Valenti, che hanno composto brani inediti sui suoi testi ispirati al Il Basilisco e L'Assenza.

domenica 6 dicembre 2015


GROW Hansel Gretel e la strega cattiva Pubblicato su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Camaiore( Lucca) Rivisitazione in ampia libertà della e dalla fiaba Hansel e Gretel dei Grimm, questo Grow che fin dal titolo accenna alla difficoltà del crescere. Una fiaba che sia dal punto di vista letterario che psicoanalitico può avere come riferimento Bambini-fratellini e dall’altra Donne Madri-arpie che come nella fiaba classica sono per qualche motivo separati dai propri genitori legittimi (qui non dispersi per povertà della famiglia d’origine a cui non si fa riferimento se non per desiderio di ritornarci), ma che ripetono le tappe della faticosa ricerca di un’altra Madre. Sì, ma quale? La madre per sostituzione, è una virago dark in tacchi a spillo tirata a lustro che dichiara: ho quasi quarant’anni. E che fa all’arrivo di questi due bambini che si rincorrono come tutti i cuccioli aggrovigliati ma sotto lenzuola ambigue nere e di pizzo? Adotta i due malcapitati, blandendoli. E’ chiaramente single. Si muove con gran disinvoltura nello spazio- che è il suo, la sua casa (?) cavalcando scope da una parte all’altra del palcoscenico e dimenandosi un po’ menade un po’ femminista fuori contesto, trascinandosi in scena perfino innalzando la falce ed il martello. I fratellini, una lei Gretel con treccione bionde e un lui Hans cicciottello ancor prima di esser messo nella gabbia all’ingrasso, un po’ meno reattivo, dimenandosi fra lenzuola–tovaglia tutte fittizie, trovano finalmente ciò che cercano: essere riconosciuti come individui e cibo- la casetta di marzapane. La Madre potenzialmente adottiva e sadica li accoglie o meglio accoglie il maschio a cui arriva a permettere cibi cattivi essendo lui celiaco mentre distribuisce merendine anche al pubblico. Ma è la sorellina, la femmina, costretta da copione come una Cenerentola ai lavori domestici, che mette in guardia la potenziale vittima – il fratellino- maschietto- dalle mire antropofaghe di una Medea ma senza apparente passato famigliare, per niente amorevole e dotata di ben poco istinto protettivo. Allora chi mangia e chi è mangiato? Nel forno non finiscono i fratellini che scappano dopo aver meditato di ritornare alla famiglia da cui sono forse, fuggiti. Della strega cattiva poi non è dato sapere, come da finale aperto. Forse si è distrutta da sola, in un delirio narcisistico nel proprio forno interiore. GROW di e con Silvia Bennett, Marcela Serli, Caterina Simonelli Drammaturgia Tobia Rossi Consulenza artistica Federico Tiezzi Produzione Compagnia Lombardi|Tiezzi e Associazione IF Prana Visto a Camaiore Teatro dell’Olivo il 21 novembre 2015

mercoledì 2 dicembre 2015


I DREAM- Tra vita, flashback e sogno Pubblicato su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Porcari ( Lucca) Lo spazio è quello di SPAM dentro il cartellone della stagione autunnale Qualcosa si muove diretta da Roberto Castello, fra teatro, danza, musica, letteratura e videoarte. I Dream, in prima regionale toscana, parte con un’immagine sul palco in un a solo, una esperienza quasi unica dell’artista trentino Michele Abbondanza tanto dissacrante- provocatoria quanto leggera e divertente. L’artista, che ha co-fondato nel 1984 la Compagnia Sosta Palmizi dopo aver lavorato con Carolyn Carlson e poi fondato con la collega Antonella Bertoni l’omonima Compagnia Abbondanza|Bertoni, è fra i maggiori esponenti della scena mondiale di danza di ricerca contemporanea. Michele Abbondanza apre i quadri evocativi del suo nuovo spettacolo performativo in assolo mentre si infila una parrucca dai lunghi capelli biondi riccioluti per chiudere, ad anello, su una video proiezione in bianco e nero dove dal mixer si zoomma su un bimbo-forse proprio lui, sempre proiettato sullo sfondo, che fa pratica alla sbarra coi suoi compagni a scuola di danza classica, qualche decennio fa. I Dream è poco meno di un’ora di performance mozzafiato dove il filo conduttore è quello della memoria. Una successione di sequenze visive, sonore e performative allacciate come perle in una collana. A volte sono oggetti, a volte parole di canzoni ( I will survive di Gloria Gaynor è un po’ la colonna sonora di un film nel film), a volte testi da lui stesso suonati e cantati alla chitarra mentre sullo sfondo scorrono rimandi di rimandi, scene color seppia di silhouettes danzanti, scenografie di spettacoli altri. Si intrecciano lacerti di memorie in un continuo rispecchiamento di presente e passato dove proprio nel fondale risiede la traccia mnestica mixata con l’avvicendarsi di stimoli materiali in scena come quella criptica e inquietante di un enigmatico personaggio forse umano forse no nascosto da un drappo nero, unico elemento scenografico dentro lo spazio vuoto che ad un certo punto viene “ resuscitato” da Abbondanza. Si tratta di una sorta di manichino che lo stesso artista muove, di spalle, a passo di danza- un alter ego, un doppio inanimato che forse è ancora dentro il sé presente del coreografo. Ma non ci sono tracce di nostalgia in questo lavoro, anzi, sono proprio i molteplici materiali sensoriali e plastici ad animare il corpo del danzatore in un percorso di bellezza espressiva emozionante, quasi dessero il LA allo sprigionarsi di energie che si riattivano attraverso la memoria del corpo, dando vita cosciente alla filigrana emotiva della storia di un percorso esistenziale ed artistico. E’un po’ come quando ciascuno di noi sfoglia un album fotografico, un riassunto di alcuni momenti salienti della propria vita che però rimangono a livello di emozione mentale e affettiva; così e invece, Michele Abbondanza trasferisce al e sul proprio corpo per perfetta quintessenza di microazioni interpretative che la sua straordinaria macchina corpo gli permette, la fantasia rievocativa animando fantasmi, storie, frammenti, momenti brillantii e momenti opachi. Il lavoro si chiude in una dissolvenza dove il performer scompare- mentre il manichino rimane abbandonato a terra in disparte, mentre l’artista ricompare tra fumi un po’ diabolici, come nella materia pulviscolare notturna del sogno al risveglio, che attiva e riattiva desideri nel flusso di azioni fisiche e processi mentali in quella progressione complessa che è la nostra vita. I DREAM di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni Con Michele Abbondanza Video Tommaso Monza e Andrea Gentili Produzione Compagnia Abbondanza|Bertoni MIBACT- Dipartimento Spettacolo Provincia autonoma di Trento- Comune di Rovereto- Assessorato alla contemporaneità Regione autonoma Trentino- Alto Adige Visto il 27 novembre 2015 a Spazio SPAM ( Porcari- Lucca)

sabato 28 novembre 2015


GUARDATI E RICORDAMI. Non hai idea di quanto sia stato Difficile trovare un Dono da portarti, nulla sembrava la cosa Giusta. Che senso ha portare Oro ad una miniera d'Oro, oppure Acqua all'Oceano. Ogni cosa che trovavo, era come portare Spezie in Oriente. Non ti posso donare il mio Cuore e la mia Anima, perché sono già Tue. Così, ti ho portato uno Specchio: Guardati e Ricordami. -- Rumi

venerdì 20 novembre 2015


Made in Italy, una babilonia di linguaggi Posted by renzia.dinca Pubblicato su RUMORScena di Roberto Rinaldi Ponte a Moriano ( Lucca) Dentro la notevole stagione autunnale “Qualcosa si muove” di SPAM, diretta da Roberto Castello di teatro, danza, musica, letteratura e videoarte, abbiamo visto Made in Italy, un lavoro pluripremiato (Premio Scenario 2007), che ha anche ottenuto diversi riconoscimenti UBU ed altri prestigiosi premi nazionali e che racconta o meglio fotografa un’Italietta che ahinoi purtroppo ancora c’è. Del resto il secondo Ventennio non può che avere una o nove code e si sa fin dalle favole di Fedro, che nella coda dello scorpione c’è il veleno. Si presentano così Adamo ed Eva Raimondi|Castellani, nudi e poi si rivestono e travestono per scatenarsi in pseudo danze dove i corpi risuonano in volgari passetti, smorfie e trasfigurazioni con uso di micro oggettistica di luci al neon, utilizzata come da fiera paesana per mettere in risalto pubi, seni, sederi. Poi partono a raffica, in cinque sequenze, lunghi elenchi che i due si rimpallano, apparentemente senza senso, partendo da bestemmie rigorosamente dialettali del nordest (il gruppo è veronese) in forma ora di allitterazione ora di litania o di mantra. Dentro la marmellata linguistica c’è un po’ di tutto ciò che passa di luoghi comuni e frasi strafatte, che i due attori performer si scambiano a mò di dialogo, tormentone, in loop. Sono micro sequenze – scatti fonico fotografici un po’ videoclip, un po’ zip fra canali TV, un po’ registrazioni di sfoghi da beoni o no comunque targati bar sport o famiglie al desco serale davanti la TV. Ci sono dentro invettive razziste, omofobe, fasciste, blasfeme. Fra un porco qui e un porcollà, inserti di partite di pallone, il Bocelli roboante che “partirà con te”- che non si sa chi sia lei io lui e per chissà dove. Made in Italy è uno sbocconcellamento di sintagmi visivi, sonori e frastici dove si sa dov’è l’inizio ma non si sa dove si va a parare. E’ orecchiamento, spezzatino di programmi TV, video, un blog scalcinato senza capo né coda dove le emozioni scaturiscono da rumore, noia, trash e infine, discorsi a vanvera e pessima musica, nel silenzio sconcertante dopo tanta baldoria di non sense, nel finale in scena a sorpresa, vengono deposte statuine di Biancaneve con sette nani-o settanta? e quanti ce ne sono a contarli, nei giardinetti di villette a schiera oppure no, terrazze, ville di parvenue, anche questi in decalogo-catalogazione fine a se stesso. Se fosse la restituzione di messaggi registrati dentro un cervello umano così, senza alcun filtro, ci sarebbe da preoccuparsi per la salute mentale del soggetto: un elettroencefalogramma semi piatto? una nuova forma di dipendenza da curare ai SERT? oppure cos’è: una reinvenzione imbellita tratta dalla poesia “La passeggiata” primo novecentesca di Palazzeschi? in realtà qui pare che i soggetti scandagliati da Babilonia Teatri e messi a nudo, siano un gruppo sociale parecchio diffuso, molto Made in Italy, e molto molto attuale appunto. Solo Rodrigo Garzia col suo urlo anticonsumistico, incavolato nero, potrebbe in qualche modo riecheggiare tanta deprecazione e irrisione su mode e modi così italiani. Troppo italiani. E quindi la preoccupazione così ossessiva e di lungo corso potrebbe farsi anche virale. Specie riflettendo sul fatto che la stessa sera e nella stessa ora di quel venerdì a Ponte a Moriano, un borgo italiano, principalmente noto per un Ponte, cosiddetto del Diavolo sul fiume Serchio, così caro all’Ariosto e al Pascoli, a Parigi è scoppiato un pezzo d’Occidente per via di ISIS. Babilonia Teatri, di e con Valeria Raimondi e Enrico Castellani Scene Babilonia /Gianni Volpe Coproduzione Babilonia Teatri/ Operaestate Festival Veneto Stagione autunnale “Qualcosa si muove”- SPAM in collaborazione col Comune di Lucca Visto a Teatro Nieri di Ponte a Moriano il 13 novembre 2015

venerdì 13 novembre 2015


La prossima stagione, è adesso Posted by renzia.dinca Pubblicato su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Pontedera – Lari (Pisa) Dentro una cornice toscanissima-un poderoso castello medievale che dall’alto si affaccia su una campagna d’ulivi e terrazze da un lato e dall’altro colline e monti che sfiorano il confine con il territorio della lucchesia, dentro il festival Collinarea diretto da Loris Seghizzi, abbiamo visto in edizione estiva dopo il debutto pontederese, questo lavoro di Michele Santeramo che sarà in replica a novembre a Pontedera al Teatro Era, nella stagione della Fondazione Teatro della Toscana e poi a Cascina alla Città del Teatro a gennaio, in una collaborazione artistica per le nuove drammaturgie. Un lavoro delicato ed insolito–pluripremiato di recente non a caso a livello nazionale dalla critica più attenta-dove si reinventano spazi e tempi che guardano altrove e lontano ma anche dentro un futuro pensabile con gli strumenti dell’hic et nunc. L’ideazione viene dallo stesso attore e regista e da Luca Dini, anche dirigente del nuovo Teatro Nazionale della Toscana. Che così è la narrazione- minimalista, come lo spazio dove Santeramo legge la sua partitura – e qui sta il concept – con accanto un video su cui sono proiettate immagini che corredano con sottotitoli ma anche commentano a scandire e/o interrompere la narrazione interagendo in modo originalissimo ciò che andremo a vedere. Il plot è quanto di più essenziale si possa immaginare: la storia di una ragazza ed un ragazzo Viola e Massimo, trentenni che non sarebbero dovuti nascere. Entrambi rifiutati- quantomeno psicologicamente – il che non è affatto poco, dai propri genitori biologici. E che sarà di quei due? delle loro vite insieme come coppia, per ben sessant’anni di convivenza e fra il 2015 ed il 2065? ce lo raccontano nel lungo tempo di ben cinquant’anni le parole di Michele Santeramo che dà voce ad entrambi i personaggi assecondato e insieme stimolato dai quadri delle straordinarie tavole disegnate da Cristina Gardumi. L’esperimento, che di questo si tratta, vede infatti l’attore davanti ad un leggio e microfonato mentre si interfaccia con le silhouettes di Viola e Massimo proiettate su maxi schermo dai disegni originali della Gardumi, che si sta rivelando creatrice raffinata e riconoscibile per un’ironica graffiante galleria di personaggi da bestiario medievale antropomorfo. Legati per la vita dalla stessa fune (o catena) ciascuno dando le spalle all’altro|a nel vano tentativo di fuggire- ma che si può fuggire al destino il proprio e quello che unisce, ha unito e unirà per un’intera esistenza Viola e Massimo? Disincantato eppure tenero, esistenzialista il lavoro di Santeramo/Gardumi passa attraverso quadri da un decennio all’altro della coppia un po’ intimistici un po’ sociologici gli scenari futuribili dei due trentenni. Si va dalla disoccupazione al precariato all’inventarsi lavori, dalla possibilità di diventare genitori alle difficoltà relative- siamo gente del secolo scorso, dalle App di realtà virtuale alle memorie al rimpianto, alle macchine della verità, dall’odore del tradimento al clistere di notizie, alle barrette sostitutive dei pasti, dai soldi sostituiti dal sangue, dentro il leit motiv di una rivoluzione mancata che la coppia non ha saputo o voluto intraprendere dentro il proprio tinello e fuori se stessa se è vero che il privato è politico e fino alla fine, dissanguati, nel proprio torpore di settantenni. La prossima stagione di e con Michele Santeramo da un‘idea di Michele Santeramo e Luca Dini Immagini Cristina Gardumi Musiche di Sergio Altamura Giorgio Vendola Marcello Zinni Produzione Fondazione Teatro della Toscana Centro per la Sperimentazione e la Ricerca teatrale –Pontedera Visto a Lari Collinarea festival, 31 luglio 2015 In replica a Pontedera dal 13 al15 novembre e 12-13 dicembre

domenica 8 novembre 2015


ANGEL o dell’androgino pubblicato su Rumorscena di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Porcari ( Lucca) Anteprima nazionale di danza alla stagione autunnale SPAM “Qualcosa si muove” diretta da Roberto Castello Angel – indagine sui generis tra i sonetti di William Shakespeare, è un lavoro coreografico curato da Charlotte Zerbey. Zerbey, anche danzatrice e vocalista, ha lavorato da 25 anni in Europa e Stati Uniti ( dove è nata) e in Italia nel 1989 con Alessandro Certini ha co-fondato Blu Company. Dal 2013 la Compagnia ha la direzione artistica per la danza del progetto di residenza multipla della Regione Toscana per il Teatro della Limonaia. Il lungo percorso di ricerca artistica di Charlotte Zerbey si è saldato con esperienze internazionali di festival, workshop e creazioni con particolare appealing e collaborazioni artistiche verso le suggestioni di area nord europea sull’improvvisazione coreografica. Per questo si è avvalsa spesso anche di musicisti dal vivo o partiture composte appositamente per i suoi lavori. Questa nuova produzione è una sintesi perfetta del percorso artistico di Zerbey che ne cura in proprio la partitura coreografica assegnandosi anche il ruolo di raffinatissima interprete vocale di alcuni sonetti del Bardo. Tre sono le danzatrici nello spazio assolutamente vuoto di SPAM: Elisa Capecchi, Olimpia Fortuni e Isabella Giustina. Anche le musiche sono affidate alla stessa Charlotte con Spartaco Cortesi. Non aspettiamoci nulla di funambolico o virtuosistico dalle tre danzatrici, tutto è affidato alla personale e reciproca intuizione fra le tre e la ricezione sui propri corpi materici in azione della parola-frase, della sottolineatura sonora ed espressiva in realtà meta significante che le ispira e fa muovere. Decostruzione del messaggio corporeo, decostruzione del testo ma solo apparente perché in scena si appalesano nuovi possibili raggiungimenti estetici fruibili e godibilissimi. E’ come se la traccia linguistica dovesse proprio far da filo rosso per espandere e fluidificare le esperienze tecniche e concettuali delle danzatrici e dar loro nuovo vigore e traccia sensibile di creazione individuale e interpersonale fino a renderle performer del proprio gesto. La matrice linguistica, quella di alcuni sonetti di Shakespeare, che è l’anima di Angel, è dettata dalla presenza del Fair Youth, un giovane bellissimo, una musa ispiratrice un angelo buono un po’ no, un semidio appollaiato fra la terra e il cielo che tutti e tutte seduce con la sua intrinseca cristallina ambiguità. Ma chi è questo Angelo| Demone se non il daimon della creazione artistica? Così le tre Grazie danzanti interpretano la propria ispirazione che è improvvisazione sonoro-musicale ma dettata, confondendo generi e modi, trasfigurando i propri corpi anche attraverso finzioni di travestimenti che potrebbero confondere i sessi ma in realtà li superano nella rappresentazione astratta della Poesia in danza pura. Con grande pulizia formale e restituzione della bellezza del genere sublime da cui scaturiscono i versi e la loro multivalente interpretazione. Angel Anteprima nazionale Indagine sui generis tra i sonetti di William Shakespeare Partitura coreografica Charlotte Zerbey Con Elisa Capecchi Olimpia Fortuni e Isabella Giustina Musica Spartaco Cortesi e Charlotte Zerbey Co produzione Company blu|ALDES Visto a Spazio SPAM il 31 ottobre 2015

venerdì 6 novembre 2015


De Revolutionibus secondo Carullo/ Minasi su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Pisa Spettacolo vincitore nella recente edizione estiva ai Teatri del Sacro di Lucca, approda nell’ambito della rassegna Teatri di Confine Pisa|Buti 2015 il De Revolutionibus-sulla miseria del genere umano di Carullo e Minasi. Una coppia di giovani artisti assai coraggiosi che si misurano nientepopodimeno che con alcuni testi del “Giovane meraviglioso “, quel Giacomo Leopardi ritratto pochi mesi or sono per il grande schermo dal regista Mario Martone (che ci ha regalato anche un’altra regia, questa volta teatrale visionaria sempre attingendo dal sommo recanatese delle Operette morali, premio UBU 2011). Il cammino della coppia Carulli|Minasi nella scelta impervia di confrontarsi con due delle Operette morali “ Il Copernico” e “Galantuomo e Mondo”, è quanto di più antiteatrale si possa immaginare: siamo di fronte a testi filosofico-letterari in una lingua italianissima ma letteraria, a volte complessa e oscura, ricca di metafore, riferimenti dotti, insomma lontana dalla più corriva ideazione di messinscena delle più recenti generazioni di artisti del palcoscenico, perlomeno rispetto alle scelte di linguaggio. Una scelta di campo un po’anomala, insomma. Eppure il trattamento che la coppia è riuscita a dare alla complessità dell’operazione di translitterazione per la scena è interessante. E qui sta il valore meritorio di questo efficace lavoro. Carullo e Minasi si presentano nello spazio della Chiesa di Sant’Andrea-con il Teatro Francesco di Bartolo a Buti, uno dei due luoghi della rassegna-come due saltimbanchi di teatro delle origini, col loro carretto girovago a rotelle di legno componibile e scomponibile. munito di musiche di organetto da cantastorie comprensivo di palco, sipario e siparietti, praticabili, abito che fa da robe manteaux (anche epistemologico) per la donna e tenda da circo per lo spettacolo con tanto di luci da baraccone. Ma qui niente è improvvisato. I due personaggi si muovono con estrema disinvoltura impersonando i due personaggi delle Operette. La prima è definita “operetta infelice e per questo morale”, Il Copernico, dove la Terra deve confrontarsi col Sole vestito da gerarca con le ghette mentre l’altra, al rovescio è “operetta immorale e per questo felice” dove la Virtù (lui, imbranato occhialuto vittima dallo sguardo perso e perdente) ha da vedersela col Mondo e le sue miserie (lei, cinica tracotante ). L’ironia o meglio l’autoironia dei due interpreti è molto sottile come la loro bravura nel muoversi fra le trappole del testo e il conseguente rischio della mancata empatia del pubblico. Una recitazione mai urlata ma assolutamente in linea con le azioni e le intonazioni nel reciproco dialogo intessuto del leopardesco intreccio di senso e di rimandi nei rimandi, in una sorta di mise en abime. Infatti il gioco del teatro, alla fine si spoglia di abiti e fogge per restituire allo spettatore la verità dei corpi e delle maschere: i due attori lasciano gli abiti di scena raccogliendo un primo applauso. Per poi rimettere a posto chiodo su chiodo la macchina del carro di Tespi che hanno creato da veri cantastorie. De Revolutionibus di e con Carullo/ Minasi Visto a Pisa, Teatro Sant’Andrea il 3 novembre 2015 in Teatri di Confine

venerdì 30 ottobre 2015


La Città del Teatro da Teatro Stabile di Innovazione a Teatro di Produzione - intervista a Donatella Diamanti Cascina ( Pisa) Quanta acqua è passata sotto i ponti in questi pochi mesi da quando la Riforma ministeriale firmata Franceschini ha mutato l’assetto della situazione pregressa di decenni di storie di spazi teatrali pubblici e privati della nostra Penisola. Appena sorto Il Teatro della Toscana quale prima realtà regionale con le sole altre sei a livello nazionale, ecco che in Regione si prefigurano realtà riconosciute dalla Commissione FUS come Teatro di produzione. Una fra queste è La Città del Teatro di Cascina. Abbiamo incontrato Donatella Diamanti, drammaturga e sceneggiatrice televisiva di rango che ne è la direttrice ( riconfermata) da tre anni, per fare un bilancio del suo mandato e commentare l’evoluzione dello spazio che da trent’anni opera sul territorio fra Pisa e Firenze a soli dieci chilometri dal Teatro Era di Pontedera, attuale partnership con La Pergola del Teatro della Toscana. Lei è da tre anni direttrice della Città del Teatro. Vuole raccontare quale è stato il progetto artistico- suo e del suo staff-che ha trasformato di fatto un Teatro Stabile di innovazione nel nuovo Teatro di produzione? Diamanti: Il nostro Teatro è un teatro aperto. Abbiamo scelto, all’inizio del mio incarico (N.d.R che nasce da una investitura per pubblico concorso) di dare massimo ascolto a tutte le forze in campo sul territorio nazionale e anche locale sia nuove sia che già gravitavano sul nostro progetto culturale e artistico. Il risultato, a distanza di tre anni dalla mia nomina a direttrice artistica, è stato quello di un piccolo miracolo di pubblico. Sulle prime del serale, una rassegna difficile, nella passata stagione abbiamo avuto ben dieci aperture col tutto esaurito. Può indicarci quali sono secondo lei i fattori che hanno reso possibile questo bel risultato? Diamanti: Credo sia stato l’aver pensato che fosse necessario adattare l’evento al luogo. Mi spiego meglio: abbiamo molto lavorato in programmazione con le scuole. Insomma un epilogo in linea col nostro progetto. Ci parli del rapporto con le residenze, gli artisti dato che siete divenuti Teatro di produzione. Diamanti: Il rapporto stretto con gli artisti è sempre stato un fattore determinante essenziale del nostro progetto artistico. Lo spazio teatrale di cui disponiamo, lo consente. Abbiamo una foresteria e l’artista è per noi un abitante del luogo. La Formazione è un altro dei vostri punti di forza. Come vi muovete? Diamanti: Chiediamo a coloro che si iscrivono ai nostri corsi anche di assistere ai nostri spettacoli. Abbiamo creato questa formula, che funziona. I corsi di drammaturgia , per esempio , che io stessa curo in prima persona, sono gratuiti. L’unica richiesta ai partecipanti è la presenza come pubblico ai nostri spettacoli in cartellone ed un feed back nel nostro dopo-spettacolo. Inoltre chiediamo trasversalità di pubblico rispetto agli spettacoli dell’infanzia con le proprie famiglie. Abbiamo il domenicale con due repliche, sempre con tutto esaurito pomeridiano e dispensiamo le merende gratuite. Inoltre siamo noi come staff che andiamo nelle scuole del territorio- elementari e medie, ad incontrare bambini ragazzi ed insegnanti. Per quanto riguarda l’educazione degli spettatori, abbiamo istituito il corso Veder Vedere curato da Ivana Monti. Non solo: coinvolgiamo gli spettatori nelle prove aperte degli spettacoli. Teniamo alla varietà del nostro pubblico. Il nostro obiettivo è sempre stata la qualità. Anche le nostre residente artistiche per i giovani sono gratuite. Ho puntato molto sul ricambio generazionale. I debutti ( con scambi) avvengono proprio qui nel nostro spazio, dove i giovani hanno avuto ospitalità. E’ questa una delle ragioni per cui siamo stati individuati come Centro di produzione. Da noi gli under 35 partecipano al processo produttivo e formativo e sono retribuiti per il loro lavoro. Stagione 2015-2016 La Città del teatro Si accende la Città del Teatro per la stagione 2015-2016. I piccoli e grandi spettatori che contribuiscono ogni anno alla crescita di un luogo di tendenza, progettualità artistica e aggregazione culturale unico nel suo genere, sono ancora una volta i protagonisti delle aperture, che intrecciano proposte e pubblici diversi ed articolano aperture serali, domenicali per le famiglie e matinée per le scuole, attività di produzione, formazione, approfondimenti collaterali alla visione degli spettacoli ed eventi speciali in esclusiva. Premiata dalla partecipazione del pubblico in crescita costante e dall’importante riconoscimento del MIBACT che ha incrementato il contributo grazie ai risultati raggiunti nell’ultimo triennio, la Città del Teatro rilancia per la Stagione Serale 2015-2016 con un ricco carnet di proposte: 25 aperture articolate in due sezioni off (ottobre-dicembre 2015 fuori abbonamento) e ON (gennaio-maggio 2016 in abbonamento) e che insieme compongono una grande e luminosa stagione unica. Il progetto di cartellone serale per la Stagione 2016 – propone come di consueto alcuni spunti tematici per orientare lo sguardo degli spettatori. Oltre gli spettacoli: approfondimenti collaterali, incontri pubblici con gli artisti e le Associazioni di impegno sociale, laboratori, eventi unici. La Stagione Serale OFF ottobre – dicembre 2105 è dedicata alle Prime Nazionali delle giovani formazioni che hanno realizzato progetti di residenza artistica presso La Città del Teatro: Azul Teatrocon Canto , Marina Romondia con Rien ne va plus e Orto degli Ananassi con La parte migliore di me ,Teatro Inbiliko con Nasce la tempesta da un respiro amaro e Compagnia Borgobonó con In ogni caso nessun rimorso , Zaches Teatro con il Minotauro . Da segnalare inoltre il progetto sulla drammaturgia contemporanea realizzato in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana: Compagnia laboratorio di Pontedera con Alla Luce , Michele Santeramo con La prossima stagione , Fondazione Teatro della Toscana con 2×2=5 L’uomo dal sottosuolo . Fra le tante proposte ecco a gennaio il 22,ci sarà MARCO TRAVAGLIO autore e interprete con Giorgia Solari di SLURP, lecchini, cortigiani & penne alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati, regia di VALERIO BINASCO A seguire Mercoledì 20 Aprile:ANTONIO CORNACCHIONE e LUCIA VASINI in L’HO FATTO PER IL MIO PAESE di FRANCESCO FREYRIE e ANDREA ZALONE, LA STORIA SIAMO NOI A seguire il 6 febbraio ELVIRA FROSINI e DANIELE TIMPANO in ZOMBITUDINE, la morte è una cosa meravigliosa (Richard Matheson, 1954) Progetto, testo, regia, interpretazione di Elvira Frosini e Daniele Timpano Domenica 14 Febbraio – Speciale San Valentino a Teatro ELISABETTA SALVATORI autrice ed interprete in CALDE ROSE, in ricordo di CARLO MONNI Sabato 20 Febbraio sarà la volta di LUNETTA SAVINO e CARLOTTA NATOLI in TANTE FACCE NELLA MEMORIA, drammaturgia a cura di Mia Benedetta e Francesca Comencini, liberamente tratto dalle registrazioni e testimonianze raccolte da Alessandro Portelli, regia di FRANCESCA COMENCINI con LE SCUSE NON BASTANO Evento Speciale Sabato 19 Marzo, giornata contro la violenza sulle donne: ISABELLA RAGONESE e CRISTINA DONÀ in ITALIAN NUMBERS, di STEFANO MASSINI e PAOLO COGNETTI .Giornata interamente dedicata al contrasto della violenza contro le donne . Sabato 27 Febbraio ALESSANDRO BENVENUTI e NINO FORMICOLA con Francesco Gabrielli in TUTTO SHAKESPEARE IN 90 MINUTI di Adam Long, Daniel Singer e Jess Winfield. Traduzione, ideazione e progetto PAOLO VALERIO. Regia Alessandro Benvenuti. Prima Nazionale Venerdì 4 Marzo FABIO CANINO, STEFANO QUATROSI, GIULIO FORGES DAVANZATI in MOLIERE IN BICICLETTA, di Carmen Giardina, Fabio Canino, Stefano Quatrosi. Regia CARMEN GIARDINA in . LE CONSEGUENZE… DELLA VITA Anteprima Regionale – Sabato 2 Aprile GARDI HUTTER in LA SARTA, perfino il destino può perdere il filo. Di Gardi Hutter e MICHAEL VOGEL (Direttore Artistico di Familie Flöz). Messa in scena Michael Vogel, musica Franui, suono Dirk Schröder, video Andreas Dihm Poi Mercoledì 13 aprile EMMA DANTE è autrice e regista de LE SORELLE MACALUSO Venerdì 8 Aprile ANDREA ZORZI e BEATRICE VISIBELLI in IL PALLAVOLISTA VOLANTE, di Nicola Zavagli e Andrea Zorzi. Regia NICOLA ZAVAGLI Esclusiva Toscana – Progetto speciale sull’inclusione Lunedì 2 Maggio MARCO PAOLINI in AMLETO A GERUSALEMME, Palestinian kids want to see the sea di Gabriele Vacis e Marco Paolini. Regia GABRIELE VACIS Sempre Lunedì 2 Maggio GABRIELE PAOLOCÀ in AMLETO FX Spettacolo di Gabriele Paolocà, collaborazione alla regia MICHELE ALTAMURA e GEMMA CARBONE FINALISTA IN-BOX 2015 – PREMIO DIRECTION UNDER 30 – TEATRO SOCIALE GUALTIERI – PREMIO HYSTRIO ALLA VOCAZIONE 2015

La peggiore uscito su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Cascina (Pisa) Renzia D’Incà Apertura in pomeridiana della nuova stagione 2015/16 della Città del Teatro con bambini ed insegnanti. La direzione artistica firmata da Donatella Diamanti, al suo inizio del secondo mandato (dopo il nuovo indirizzo di gestione dello spazio nazionale diventato secondo le linee ministeriali Teatro di produzione) presenta il lavoro La peggiore. Già Premio Eolo 2014 come progetto di drammaturgia di Teatro Ragazzi e Giovani, firmato da Sofia Assirelli, Mirko Cetrangolo e Cristiano Testa con il coordinamento drammaturgico di Donatella Diamanti, La peggiore si conferma come un nuovo e suggestivo processo produttivo curato dallo staff della Città del Teatro, spazio d’eccellenza toscano che nacque e si sviluppò ben oltre vent’anni or sono proprio nel solco del Teatro Ragazzi. Il plot narrativo è minimalista: due adolescenti Sena e Valentina, entrambe in fuga dalla famiglia, entrambe alla ricerca di una propria individuazione come deve essere in quella delicata fase della vita. Il luogo del loro incontro è antiteatrale: una stazione ferroviaria. Zainetto e jeans Sena suona il flauto per raggranellare qualche spicciolo. Valentina più scaltra, annusa subito che quella ragazza non è una artista di strada. Si parlano, si confrontano, un dialogo spigliato e vivace. Ma perché le due scappano? Per la stessa ragione per cui si trovano e fra loro si comprendono: il bisogno di essere capite ed amate da famiglie poco accoglienti. E così vengono svelati mano a mano i loro segreti: Sena scappa effettivamente dalla propria “ famiglia perbene” mentre Valentina – detta La Peggiore così definita da un pessimo educatore- fugge dalla casa-famiglia a cui è stata affidata. Due identità apparentemente opposte nelle storie famigliari, nei vissuti, nelle educazioni ricevute o non ricevute pur tuttavia accomunate dallo stesso istinto (un filo comune narrativo lo si coglie anche nel recente film Inside out ): quello della fuga da adulti che non sono inclusivi e rispettosi dell’unicità della nostra persona e ci vogliono inquadrati dentro regole convenzionali per controllarci meglio e dettare regole che ci plagiano e offendono. Le due ragazzine si interrogano sulla propria condizione di figlie. Incalzata da Valentina, quella apparentemente più debole, Sena si confida: se Vale è la peggiore di tutte ( peggiore fra le peggiori cioè quelle che passano dalle case-famiglia) la nuova amica non è quella che i genitori vorrebbero. E così in questo aprirsi di cuori e di sorrisi, fatto di condivisioni sui grandi temi che vengono anche enunciati: esserci fare pensare essere se stesse farcela riuscire, le due si alleano fino al punto di declinare, assieme, fra l’illuminarsi dei cellulari, il doppio progetto di fuga. Liberamente ispirato al libro La feroce gioventù di Cesare Fiumi. Con tutta la classe e delicatezza nel trattare il non facile argomento adolescenziale a firma dello staff super visionato da Donatella Diamanti La Peggiore di Sofia Assirelli Mirko Cetrangolo Cristiano Testa Con Valentina Grigò e Sena Lippi Coordinamento drammaturgico Donatella Diamanti Regia Fabrizio Cassanelli Patrocinio UNICEF Visto a Cascina apertura di stagione, in replica il 26 novembre 2015

Ricordami ancora, oltre la memoria di Gabriele Paoli uscito su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Buti ( Pisa) Nel contesto della prima edizione del festival ArtARCHIA, ideata dal giovanissimo regista Gabriele Paoli- butese d’origine ma naturalizzato a Londra, ci troviamo in una location da favola, la Villa Medicea che sovrasta la cittadina medievale di Buti alle pendici del Serra (lungo la linea dei Monti citati dal divino Alighieri nel 33esimo Canto dove scrive “ (…) al monte che i Pisan vedersi Lucca non ponno”). Dentro il castello, una fortificazione intatta che dà a sua volta su un minuscolo straordinario vicolo di case di pietra lungo un torrentello con cascate, una tre giorni di incontri in un mix fra musica-jazz , ospite Bandabardò, fotografia, satira del Vernacoliere, comici rigorosamente toscani come Dario Ballantini, danza- con laboratori tenuti da Veronica Peparini e Fabrizio Prolli. Ricordami ancora, la pièce scritta (originariamente il lingua inglese poi tradotta) e anche diretta da Gabriele Paoli, è un poetico omaggio alla storia di una coppia anzi una famiglia dove una lunga storia d’amore si trova a confrontarsi con la malattia dell’uomo, una malattia degenerativa della memoria. In una stanza del castello veniamo accolti e fatti entrare, stipati in piccolo gruppo, ad assistere ad una tragedia privata entro una camera da letto che è quella di una clinica per anziani. Sul bordo del letto – fiori blu sul tavolino, un uomo ( il bravissimo Gianfranco Quero) con la sola giacca del pigiama attende o forse no, una signora che a volte riconoscerà. E’ sua moglie, anche lei anziana (una Giusi Merli superlativa per naturalezza espressiva, che già aveva lavorato con Paoli in Inferno dentro ). In brevi siparietti si evolve la storia attuale e remota della coppia. Fra flashback in cui la donna ricorda con oggettività la relazione affettiva ed anche erotica col marito con la nascita dei due figli e il faticoso perché impossibile tentativo della stessa a riallacciare legami comuni di vita vissuta assieme a Franck, di professione poliziotto inglese. Tutto il plot narrativo è un intreccio di memorie di lei- Alice, che insiste a far ritrovare al compagno lacerti di corrispondenze reciproche. A volte il piccolo miracolo accade- che così evolvono quelle malattie di cui il marito è affetto e anche lui ricorda alternando scatti d’ira, sprazzi di lucidità, tenerezze. Ambientato fra gli anni Quaranta e nei primi anni Settanta nella ricostruzione fino alle ultime settimane del malato con musiche di Billie Holiday e sfondi molto british, eleganti e sobri, Ricordami ancora commuove senza concedere niente alla retorica. Un lavoro di grande pulizia sia registico che attoriale. Prova che riguarda e rispecchia purtroppo, dato l’innalzarsi della aspettativa media di vita nel nostro mondo occidentale, tante famiglie che sono e saranno sempre più coinvolte in questo dramma domestico sì ma collettivo e che ha coinvolto profondamente il pubblico.

giovedì 22 ottobre 2015


IO - REZZA e noi posted by renzia dinca PUBBLICATO su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Ponte a Moriano ( Lucca) In una delle migliori stagioni d’autunno, sulla via detta del Brennero che partendo dalle periferie pisane per poi dirigersi verso Lucca porta alle montagne dell’Abetone e poi ben oltre Trento e fino al confine austriaco Qualcosa si muove diretta da Roberto Castello, un artista- intellettuale dalla vista lunga, per la prima volta in uno spazio teatrale nuovo oltre a quello consueto di SPAM, ecco appalesarsi il ghigno più che surreale parecchio metafisico di Antonio Rezza in IO. Un gatto dello Cheshire ma cattivissimo, che appare scompare si scompone si dilata si trasforma si accanisce blandisce lo spettatore, ma in realtà in scena dal palco e anche da sotto, altro non fa che insultarlo e deriderlo provocandolo, denudando –travestendo se stesso, mettendosi in gioco da straordinario performer qual’ è. Sembra aderire, forse, condividere, in realtà ci fa uno sberleffo irridendo della nostra pochezza morale, dell’umana viltà narcisa e stracciona di cui tutti siamo insieme teatrino vivente e recitante nel micropalco delle nostre piccole esistenze negli interni famigliar-domestici e mondan- professionali. Chi sono tutti questi IO che il performer- anche autore dei suoi testi- pur smentendosi per smentire se stesso in quanto autore mette in scena? gli IO sono alter ego di Rezza e di ciascuno di noi, presi in fotografia nella propria egolatria individuale famigliare e sociale. Così si comincia quell’IO difficile auto narrante, dal bambino nato da accoppiamento regolare con papà e mamma per passare all’adolescente masturbante che si identifica col lenzuolo in cui cresce col suo seme nel suo isolamento a fronte di un adulto che di professione è radiologo esaurito e/o giocatore baffuto anni Settanta – Mazzola. Che poi gioca al gioco dell’oca. Che poi irride chi va a teatro suo ospite collo smart: non sei tu che illumini, lui ti illumina. E non d’immenso. Che poi, da adulto si ridimensiona nel sui IO. Hic et nunc. Forse Nel non evidente plot narrativo-chè Rezza decostruisce con sapienza di ritmo affabulatorio e atletico, svariate identità si intrecciano in un vulcanico caleidoscopio di personaggi e situazioni dove la narrazione si innesca per poi essere divorata da se stessa. Così che: tout se tient. Infatti il passo, il suo-è Teatro alla quintessenza, un pas à deux o anche delirio a due. Perché il nostro IO|Io (Rezza) come minimo, si confronta con la partner scenografica straordinaria Flavia Mastrella, artista visiva e anche pittrice di rango per costruzione di storie attraverso, a sua volta, minimalismi funzionali di lenzuola-oggetti di scena appoggiati su mollette come capi di bucato all’aria dove la maschera comico-grottesca di Rezza si intrufola mimetizza rintraccia e autorappresenta. E si sa che all’aria e dall’aria può arrivare di tutto. Anche l’ufo-spettacolare transformer di Rezza. Ma insomma nello spettacolo (un’ora e un quarto di puro lavoro performativo)chi è il Bambino e chi la Mamma?quello che si avvolge fra e nei “lenzora” e|o chi lo avvolge e culla? Questo spettacolo ha calcato molti spazi teatrali, tuttavia continua ad essere provocatorio, urtante. E non ci basta che ridere. O forse anche no. Forse e soprattutto ancora ci aiuta ad allenarci nell’intelligenza di spettatori. Forse vuol dirci che scegliere di andare a teatro può ancora equivalere ad un esercizio del pensare. Per non uscirne mai tranquilli. IO di Flavia Mastrella e Antonio Rezza con Antonio Rezza quadri di scena Flavia Mastrella (mai) scritto da Antonio Rezza Visto al Teatro Nieri di Ponte a Moriano il 16 ottobre 2015

Cuore di tenebra di Enrique Vargas Pistoia Le esperienze di teatro antropologico ideate e dirette dal colombiano Vargas portano in sé per chi se ne avvicina, una valenza di forte impatto emotivo e relazionale dato il coinvolgimento diretto e totale sul corpo e sulla psiche, da indurre quasi un effetto psicoterapeutico. Teatro della sensorialità (Teatro de Los Sentidos, è matrice ideologica) dove lo spettatore-attore viene accolto e accompagnato da mani e occhi sapienti dentro un viaggio del corpo e della mente a vivere in prima persona una realtà spesso archetipica-mitologica, un viaggio iniziatico nei meandri del profondo di ciascuno di noi. Questa volta il testo-pretesto del lavoro di Vargas è la filigrana del romanzo di Joseph Conrad Cuore di tenebra anche se ben poco di quella narrazione ne risulta nella strutturazione e nel contesto drammaturgico. Di sicuro il tema d’indagine è quello della banalità del male che come nei forni della Germania nazista, così mieteva vittime nel Congo belga nell’Ottocento schiavista dei campi di lavoro, così come nel Vietnam nell’ambientazione di Apocalypse now del colonnello Kurtz girato da Francis Coppola con Marlon Brando protagonista. Da qualche anno in pianta stabile al Teatro del Funaro di Pistoia-questa volta Vargas sperimenta uno spazio di sviluppo della propria poetica molto ampio e diverso quale un capannone in disuso (ex centro fiere) accanto alla stazione ferroviaria pistoiese. E lì davanti al cancello ci ritroviamo in 54 spettatori a replica fra il finire del giorno e la notte. Che nella notte entriamo. Lo stesso Vargas ci accoglie chiedendoci fra il giocoso e il misterico: avevate un nascondiglio da bambini? e dove vi nascondevate? dietro a lui il profilo geografico dell’Africa. Veniamo affidati alle cure delle guide (che così speriamo), dentro uno spazio vuoto completamente buio. Una fioca luce sul fondo rischiara e siamo costretti, in solitaria, a scegliere uno solo fra i nostri sette simbolici “ comandanti” che ci vengono presentati. Si va a tentoni a piedi nudi annaspando come sulla sabbia: è terra, terra vera che ci accompagnerà dal basso e per l’intero viaggio sporcandoci mani e piedi in cui affonderemo in una avventura in completa solitaria sinestesia. In file indiane veniamo misurati e “nominati” da improbabili kapò che ci forniscono un secchio d’acqua per la traversata. Ma dove ci stiamo oppure: dove ci stanno dirigendo? si infiltra un segreto timore. Qua e là le nostre guide ci avviano ad un’esperienza sensoriale nuova mentre odori anche fortemente aggressivi(in primis quello di carne bruciata) ci avvolgono. E un po’ alla volta si sgrana la meta narrazione: siamo dentro un abisso semi-infernale dove ogni anima bella vaga in balia di se stessa con qualche bagliore ogni tanto a orientarla ma solo per metterla di nuovo di fronte ad una scelta: essere vittima o carnefice dell’Altro da sé. Siamo coinvolti a piccoli gruppi in micro azioni:lavare una donna, farsi riempire il secchio di sabbia (dopo averlo svuotato d’acqua),scegliere chi uccidere per non soccombere noi per infine neanche noi salvarci. Così in questa processione di discesa agli inferi finiamo per perdere la nostra guida-guru e ritrovarci soli, col nostro secchio-terra sotto terra dentro il recipiente, ad assistere attivi alcuni,altri impotenti, ad una scena primordiale selvaggia e satanica: una costruzione in tubi innocenti dove in fila indiana siamo invitati a consegnare il nostro secchio che a mò di catena di montaggio, verrà caricato sul praticabile in un crescendo di sferraglianti rumori e girare di carrelli guidati da oscuri personaggi e poi scaricato di nuovo a terra. Polvere siamo e povere ritorneremo (?) Questo di Enrique Vargas, regista internazionale ed antropologo di razza, è un lavoro che segna un cambio di estetica nella sua personale produzione. Alla fine lo spettatore-viandante viene lasciato solo a scegliere fra il bene il male, fra la salvezza e la distruzione. Sua e dei suoi compagni di viaggio. Qui non ci sono vie di fuga o soluzioni salvifiche. Nessuna morale od etica politica. Noi siamo lanciati dentro il male di vivere. Quel Bambino che scrutava il mondo da dentro il suo nascondiglio magico adesso è un Io adulto costretto a scegliere. Da solo. E di nuovo si tratta della vita e della morte. Ma stavolta in Cuore di tenebra, senza pietas. Cuore di Tenebra Teatro de Los Sentidos Regia di Enrique Vargas Produzione Il Funaro, Associazione Teatrale Pistoiese e Comune di Pistoia Ex centro Fiere viale Pertini Visto il 2 ottobre 2015

lunedì 12 ottobre 2015


Laboratorio Olimpico è un progetto ideato dall’Accademia Olimpica e sostenuto e condiviso negli anni dal Comune di Vicenza per restituire al Teatro Olimpico il ruolo che gli è proprio fin dalla sua fondazione a opera dell’Accademia: quello di un luogo di eventi unici e di incontri notevoli intorno al teatro che ripensa i propri confini. A fianco del tradizionale Ciclo di Spettacoli Classici, oltre la inevitabile stagionalità dei cartelloni, Laboratorio Olimpico si candida a documentare, sedimentare e stimolare visioni storiche, poetiche e percorsi creativi originali, proprio a partire dall’eccezionalità del monumento palladiano. La decima edizione è dedicata a una riflessione sugli attuali rapporti del teatro col sacro, che attestano come il teatro si rivolga sempre più alle proprie origini, anche antropologiche, quali fondamenti della propria necessità; in una società che, col moltiplicarsi delle occasioni di spettacolo, tende invece a relegarlo a un ruolo di intrattenimento. MARINO BREGANZE Presidente dell’Accademia Olimpica JACOPO BULGARINI D’ELCI Vicesindaco, Assessore alla Crescita ha finora ospitato spettacoli (Odin Teatret, Le Albe, la Compagnia della Fortezza, Workcenter of Jerzy Grotowski and Thomas Richards); registi, attori (Luca Ronconi, Peter Stein, Maddalena Crippa, Eugenio Barba, Julia Varley, Iben Nagel Rasmussen, Pippo Delbono, Alfonso Santagata, Claudia Castellucci, Marco Martinelli, Ermanna Montanari, Giuliano Scabia, Armando Punzo, Michele Sambin, Enrico Castellani, Jonathan Hart Makwaia, Maurizio Lupinelli, Mario Perrotta, Alessandro Renda, Vasco Mirandola, Paolo De Vita); studiosi (Paolo Portoghesi, Giovanni Raboni, Paolo Puppa, Giuseppe Manfridi, Gabriele Sofia, Clelia Falletti, Antonio Attisani, Franco Perrelli, Marco De Marinis, Jean Marie Pradier, Philippe Goudard, Sandra Pietrini, Giuseppe Longo, Paolo Vidali, Vincenza Di Vita, Davide Susanetti, Dario Vivian, Gianfranco Bettin); critici, giornalisti (Franco Quadri, Gian Antonio Stella, Ilvo Diamanti, Giulio Giorello, Massimo Marino, Anna Maria Monteverdi, Oliviero Ponte di Pino, Andrea Porcheddu, Roberto Rinaldi, Anna Bandettini, Marzio Breda, Francesca De Sanctis, Laura Gemini, Roberto Rizzente). Direzione Roberto Cuppone Da un’idea di Cesare Galla Amministrazione Accademia Olimpica di Vicenza Ufficio Stampa Alessandra Agosti Progetto grafico Paolo Pasetto Organizzazione e promozione Theama Teatro Informazioni Accademia Olimpica di Vicenza Largo Goethe 3, 36100 Vicenza tel. 0444 324376 (lun-ven 08-17) www.accademiaolimpica.it - segreteria@accademiaolimpica.it www.laboratoriolimpico.org Informazioni su Rete Critica http://retecritica.wordpress.com Ufficio Theama Teatro Via Nino Bixio 4, 36100 Vicenza Tel. 0444 322525 (lun-ven 10-13 e 14-18) www.theama.it – info@theama.it Accademia Olimpica Comune di Vicenza Laboratorio Olimpico® 2015 (edizione del decennale) Teatro Olimpico 7 e 8 novembre 2015 BLASPHEMÌA IL TEATRO E IL SACRO Convegno internazionale Partners di progetto RETE CRITICA DIRAAS - UNIVERSITÀ DI GENOVA CLASSICI CONTRO LICEO CLASSICO “PIGAFETTA” DI VICENZA INTERNO APERTO Sabato 7 novembre ODEO DEL TEATRO OLIMPICO AB INITIO Prima giornata (in collaborazione con DIRAAS - Università di Genova, Classici Contro, Liceo Classico Pigafetta): ipotesi e provocazioni dalla storia del teatro e dei suoi rapporti col sacro. ore 10 presiede Franco Perrelli (Università di Genova) Introduzioni Marino Breganze (Presidente dell’Accademia Olimpica di Vicenza) Jacopo Bulgarini d’Elci (Vicesindaco, Assessore alla Crescita del Comune di Vicenza) Roberto Cuppone (Direttore di Laboratorio Olimpico) Alberto Camerotto (Università di Venezia, Classici Contro) Blasfemie olimpiche. Parole contro gli dèi nella Grecia Antica Giorgio Ieranò (Università di Trento, Classici Contro) Bestemmiare Dioniso Luciano Chiodi (Liceo Classico “Pigafetta”, Classici Contro) Dal mito al teatro: il caso Elettra Sandra Pietrini (Università di Trento) Raffigurazioni oscene e blasfeme nell'immaginario medievale ore 15 presiede Alberto Camerotto (Università di Venezia) Simona Morando (Università di Genova) Il Barocco e la spettacolarità del sacro Franco Perrelli (Università di Torino, CUT) Un esempio di dramma sacro moderno: ‘Il verbo’ di Kaj Munk Elena Randi (Università di Padova) Il Sacre di Vaclav Nižinskij: danza e rito Fabrizio Fiaschini (Università di Pavia, “I teatri del sacro”) Il teatro e il sacro oggi: dalla parte del sacro Gabriele Sofia (Université de Montpellier, Beacon project) Ceci n’est pas un Christ: Golgotha Picnic di Rodrigo Garcia Comunicazioni Massimo Celegato Blasfemia: la calunnia contro Dio Andrea Savio Processi per bestemmia nel Veneto asburgico BLASPHEMÌA IL TEATRO E IL SACRO ‘Blasfemia’ (greco βλασφημία, blasphêmía; da cui ‘bestemmia’) deriva dal βλάπτειν (bláptein), “ingiuriare”, e φήμη (phếmê), “reputazione”; significa letteralmente diffamazione, contestazione della Fama; cioè, più che del divino in sé, del suo valore identitario. Se è vero che il teatro, alla ricerca di uno statuto di necessità, da più di un secolo si racconta come discendente del rito (in questo confortato dall’antropologia e dai miti fondativi di quasi tutte le culture), allora si può dire, con una punta di provocazione, che la storia di quello che noi chiamiamo teatro è in effetti storia di una progressiva ‘dis-sacrazione’ (come in primis dimostra il Teatro Greco); ma nel contempo anche di un senso di perdita, di ricerca di quella stessa necessità iniziale (come dimostrano ad esempio i ciclici dibattiti sulla tragedia e sulle origini del teatro). Ecco perché, secondo Grotowski, diversamente dalla profanazione, che è invece mancanza di rapporto col sacro, oggi paradossalmente “il blasfemo è il momento del tremito. Si trema quando si tocca qualcosa che è sacro; forse è già distrutto, distorto, deformato e comunque rimane sacro. Il blasfemo è un modo per ristabilire i legami perduti, per ristabilire qualcosa che è vivo […] Non c’è blasfemo se non c’è relazione vivente col sacro”. Sabato 7 novembre TEATRO OLIMPICO ore 17,30 (posti limitati) C’ERANO UNA VOLTA GLI DEI ESCHILO, SOFOCLE, EURIPIDE “SMITIZZATORI” Reading di brani e di frammenti inediti con Maria Luisa Abate (Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa) e con Armando Carrara (La Piccionaia) Pino Costalunga (Glossa Teatro) Massimo Munaro (Teatro del Lemming) Piergiorgio Piccoli (Theama Teatro) Irma Sinico (Ensemble Vicenza) Patricia Zanco (Fatebenesorelle) Domenica 8 novembre ODEO DEL TEATRO OLIMPICO IN LIMINE Seconda giornata (in collaborazione con Rete Critica): testimonianze dirette di giornalisti, critici, bloggers e protagonisti degli spettacoli più “blasfemi” degli ultimi anni. ore 10 presiede Roberto Cuppone (Università di Genova) Oliviero Ponte di Pino (ateatro.it) Il teatro e il sacro oggi: dalla parte del teatro Paolo Puppa (Università di Venezia) Da Pirandello a Pasolini: la sacralità dell’osceno, da L’uomo, la bestia e la virtù ad Affabulazione Massimo Marino (Corriere della Sera, doppiozero) Sul concetto di volto del figlio di Dio di Romeo Castellucci Ester Fuoco (Università di Genova) Contro un panteismo bigotto: Jesus di Babilonia Teatri conclusione di Vittorino Andreoli Il sacro nel teatro della mente ore 15 presiede Oliviero Ponte di Pino (ateatro.it) Vincenza Di Vita (Università di Messina) Sui capolavori crocifissi (Carmelo Bene e altre catastrofi) Camilla Lietti (stratagemmi) Ridere degli dei: dalle Grandi Dionisie a Jan Fabre Lorenzo Donati (altrevelocità) Dal sacro al quotidiano: esempi teatrali recenti Elena Scolari (PAC - paneacquaculture) Morire in libertà: il caso Englaro a teatro Rossella Menna (Volterrateatro) Poesia e santità nel teatro di Armando Punzo Intervista in videoconferenza da Montpellier a Rodrigo Garcia Introduzione e traduzione a cura di Gabriele Sofia Nella giornata, interventi di Giovanni Boccia Artieri (Università di Urbino), Tommaso Chimenti (Il Fatto Quotidiano), Francesca De Sanctis (l'Unità), Renzia D’Incà (autrice), Laura Gemini (Università di Urbino), Lucia Medri (Teatro e Critica), Roberto Rizzente (Hystrio), Il Tamburo di Kattrin, Fattiditeatro

mercoledì 7 ottobre 2015


STORIE E MEMORIE//Email this page storie e memorie Poesia e auto narrazione / Corso teorico-pratico di scrittura creativa condotto da Renzia D’Incà Partendo dalla lettura dei principali poeti contemporanei italiani antologizzati del secondo Novecento (Alda Merini, Valerio Magrelli, Paolo Ruffilli, Alessandro Fo, Patrizia Valduga, Rosaria Lo Russo*) andremo a perlustrare i nuclei tematici delle diverse poetiche per poi passare alla creazione individuale in versi. Analogo percorso sarà per quanto riguarda la narrativa contemporanea italiana (Tabucchi, Tamaro, Aldo Nove, Ammanniti, Aldo Busi, Walter Siti, Alessandro Baricco, Edoardo Nesi*), nella seconda parte del progetto. *Le proposte di lettura critica possono variare a seconda delle richieste degli iscritti. L’introduzione alla scrittura creativa individuale sarà facilitata da semplici giochi linguistici preparatori. Il corso avrà luogo presso la Città del Teatro di Cascina da novembre a gennaio 2015 e sarà articolato in 8 incontri di 3 ore, il venerdì dalle ore 17 alle 20, a partire dal 27 novembre . Lezione di prova gratuita venerdì 20 novembre ore 17-20. Il costo del corso è di € 70. Renzia D’Incà ha pubblicato in poesia Anabasi (Shakespeare & Company, Bologna 1995), prefazione di Ugo Ronfani, L’altro sguardo (Baroni, Viareggio 1998) prefazione di Dino Carlesi, Camera ottica (ivi, 2002) prefazione di Mariella Bettarini, Il Basilisco (Edizioni del Leone, Venezia 2006) con postfazione di Luigi Blasucci, L’Assenza (Manni-Lecce 2010) con prefazione di Concetta D’Angeli, Bambina con draghi ( Edizioni del Leone, Venezia 2013) con prefazione di Paolo Ruffilli. E’ inserita nella rivista Italian Poetry della Columbia University. Come saggista teatrale ha pubblicato il volume Il teatro del cielo (Premio Fabbri 1997), Il gioco del sintomo (Pacini-Fazzi, Lucca 2002) su un’esperienza di teatro e disagio mentale presso Teatro Politeama di Cascina, La città del teatro e dell’immaginario contemporaneo (Titivillus, Cor azzano 2009) sull’esperienza ventennale del Teatro cascinese, Il Teatro del dolore (Titivillus 2012), aggiornamento sull’ esperienza ventennale di teatro e disagio mentale presso La Città del teatro. Per Garzanti uscirà un saggio sul Metodo mimico di Orazio Costa. Come autrice di teatro sono stati rappresentati Ars amandi-ingannate chi vi inganna ed uno studio per Passio Mariae con video di Giacomo Verde che hanno girato in festival teatrali nazionali. Collabora come performer con musicisti, tra i quali il maestro Claudio Valenti, che hanno composto brani inediti sui suoi testi ispirati al Il Basilisco e L’Assenza. Galleria storie e memorie News TEATRO OFF OTTOBRE-DICEMBRE PREVENDITA DAL 5 OTTOBRE ANTEPRIMA NAZIONALE SABINA GUZZANTI IN “COME NE VENIMMO FUORI” GIOVEDÌ 22 OTTOBRE ORE 21 DOMENICA A TEATRO 2015-2016 A NOVEMBRE VOLA CON NOI VERSO NUOVE AVVENTURE! tutte le news//Calendario OTTOBRE: 2015 L M M G V S D « set nov » 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 BULLE & IMPOSSIBILI, cronaca di un miracolo supplementare – estratti video di Donatella Diamanti, regia Letizia Pardi, con KATIA BENI, SONIA GRASSI, ERINA

mercoledì 23 settembre 2015


https://youtu.be/PmQUb9NlFss

martedì 22 settembre 2015


La voce del padre

lunedì 21 settembre 2015


Dal Paese che c’è di renzia.dinca Monticchiello (Siena) Domanda retorica: per scrivere e descrivere uno spazio|tempo di immobile secolare bellezza e di fronte alle parole sensibili dei suoi abitanti-quelle della fenomenologia del Teatro Povero (50anni nel 2016) oltreché assistere allo spettacolo in piazza, occorre partire a riflettere sulla location o semplicemente ascoltare le voci delle persone che quel luogo lo hanno abitato e lo abitano? Di fatto Monticchiello è un luogo di straordinaria bellezza della Val d’Orcia, dalla parte senese del Monte Amiata: un piccolissimo borgo di poche anime ed oggi come da tempo, in via di disabitazione a causa di mancanza di lavoro e di crollo delle nascite, che fino agli anni Cinquanta del secolo scorso viveva di mezzadria. Oggi i più fortunati sono passati, in pochi, alla realizzazione e conduzione di B&B e agriturismi. La zona è dagli anni Novanta Patrimonio universale dell’Umanità. Ne scrivono e descrivono soprattutto gli stranieri, magari sulle mappe dei tour internazionali, specie gli inglesi (forse anche per via della forte loro presenza nel vicino Chianti shire, magari sulla scia di Sting) e i fiorentini, appunto, che qui hanno avuto casa-vedi Mario Luzi che da Firenze si trasferiva nella rinascimentale cara agli storici dell’arte Pienza, a pochi chilometri di distanza da Monticchiello, per trascorrervi le estati sulle crette, insieme ad alcuni stretti amici poeti, fino a diventarne cittadino onorario. A Monticchiello esiste una forma pluridecennale di resistenza che non è più quella partigiana (per fortuna), che qui il Nemico è insidioso, non si appalesa se non per piccoli o macro indizi quasi sempre politici – affaristici ( lo Stato nelle sue svariate forme) ed è resistenza sotto forma di rappresentazione storicizzata da quasi cinquant’anni di tradizione teatrale. Lo spunto dell’autodramma (definizione di Strehler) di questa edizione numero 49: Il Paese che manca, è la chiusura dell’unico ufficio postale ed il compleanno dell’ultimo ventenne del posto-ma dietro le quinte e nella ideazione del regista e autore genius loci Andrea Cresti, c’è quella di un popolo sanguigno d’origini contadine orgogliose e prima sottoposte a latifondismo che, caparbio, e con fortissimo senso di appartenenza antropologica alla propria terra, ha creato una forma unica di teatro in Italia dove le “piccole” urgenze paesane sono diventate consustanziali ai cambiamenti del Paese e sussidiarie con i bisogni della comunità. Ne abbiamo parlato con Giampietro Giglioni, giovane antropologo (anche autore)che ci ha introdotto alla realtà montichiellese dove in un gomitolo di pochi metri di spazio si trovano: piazza con bella chiesa gotico-rinascimentale, straordinario interno ristrutturato ad hoc con funzioni di punto di incontro essenziali per la piccola comunità come: biblioteca dotata di accesso internet, museo della storia del Teatro Popolare (Teatro Povero è definizione data da Grotowski) in cui si converte in via sostitutiva la funzione amministrativa di un luogo dove arrivano i farmaci per gli anziani che non hanno occasione di spostarsi ai più vicini centri per comprarsi medicinali, insomma anche un po’ emporio assai strutturato e funzionale che sostituisce mansioni in cui lo Stato è assente (con un ristorante attivo tutto l’anno). Sembra davvero di essere entrati in un luogo dove solidarietà e fede per l’identità collettiva non è platonica utopia magari un po’ vetero-comunista, ma realtà vissuta sulla pelle. Del resto le radici sono solidissime: lo spiega il presidente della cooperativa che gestisce lo spazio Luchino Grappi ricordando :“Quel 6 aprile del 44 in cui la signora Irma Angheben riuscì a convincere i tedeschi in ritirata a non ammazzare i civili già schierati per la fucilazione proprio sotto le mura medievali del borgo”. La dimensione del “collettivo” si avverte anche parlando con una memoria storica, la signora Gabriella Della Lena che fin dal 1957, lei appena adolescente, si unì al gruppo come attrice in quello che fu poi individuato come realtà nazionale unica del Teatro Povero di Monticchiello. “Eravamo abbandonati dalle istituzioni politiche- dice. Non ci conosceva nessuno. Anche allora le campagne erano spopolate nella Val d’Orcia. Già nei primi esperimenti c’era Andrea Cresti. L’idea nacque da diverse persone fra cui Aldo Nisi ed il prete don Vasco Neri. Ci partecipava l’intero paese. Poi Mario Guidotti , giornalista capo ufficio stampa alla Camera dei Deputati. Avevamo spettatori come Zeffirelli, Ghigo de Chiara, Nico Garrone”. Pur sotto tale osservatorio critico, nessun abitante si è mai montato la testa. La signora Della Lena ha lavorato proprio alle Poste italiane come impiegata e nella edizione del Paese che manca, è la nonna del ragazzo per cui la comunità festeggia l’evento. E così assistiamo in piazza all’autodramma che quest’anno tratta di problemi inter-generazionali di una società arcaica ma che guarda al futuro e ne è strettamente connessa. Dove i cavi della banda larga e wi-fi si mescolano coi quotidiani regimi domestici in cui le donne ancora impastano a mano farina e uova per fare una torta di compleanno per il nipote. In scena abbiamo visto una famiglia, allargata, dove una nonna fa la pasta in diretta, due genitori un po’ demoralizzati riguardo ai temi che corrono- disoccupazione giovanile- un po’ litigano, mentre il ragazzo che deve essere festeggiato sta per andarsene. Gli amici vanno al compleanno dotati di smart phone. Non si sa con chi parlino. Solo un ragazzo invitato- di colore- parla a qualcuno nella sua lingua di africano. I dialoghi nascono da improvvisazioni o meglio da riunioni che almeno sei mesi prima si accendono nel borgo montichiellese. E’ così da ben 50 anni. Gli incontri sono in un primo tempo allargati all’intera comunità, su temi di interesse prioritario comune, poi snelliti e reinterpretati per lo spettacolo dal regista e autori per andare in scena per ben 22 repliche, una gran fatica nel pieno della ferragostana – ci dice Andrea Cresti. Sullo sfondo del soggetto drammaturgico in cui si delineano tre quadri scenografici, compare una figura misteriosa e fantasmatica, quella del Giocattolaio. Figura-ombra, un perturbante che svolta o prova a spostare altrove sguardi e inconsci del realismo ben poco magico a cui assistiamo in scena. E forse le soluzioni per uscire dalla crisi della comunità- paese stanno proprio là, nel reinventarsi percorsi altri di invenzione del futuro. Mentre una personalità come il professor Asor Rosa presente alla prima, che non molti anni fa si interessò ad un lavoro del Teatro Povero in cui l’intera comunità si scagliò contro un eco-mostro che stava per crescere come un cancro nello splendore delle crette saluta e si complimenta con il Maestro Cresti. Il Cinquantenario è alle porte e dovrebbe andare celebrato, anche dalle istituzioni nazionali, come questa realtà merita: con amore e grande cura, quella che mettono i cittadini montichiellesi a tener salda la propria identità culturale anche attraverso la tradizione del Teatro Povero. Il Paese che manca -49 esima edizione Regia di Andrea Cresti con gli attori-abitanti Monticchiello, Visto il 25 luglio 2015

venerdì 24 luglio 2015


“Matti assassini e non Matti e assassini. E’diverso” Testimonianza telefonica di e da Giuliano Scabia a Volterra Festival per Buon Compleanno Maestro di renzia.dinca “Matti Assassini è un mio testo che ancora non è stato pubblicato. Però letto da me, chiamato due anni fa da Luca Ronconi al Santa Cristina per il ciclo del Teatro Vagante e “ delirante”. Ci sono dentro strane apparizioni. Ci sono cinque matti assassini. Assassini di madri, figli genitori. Vanno in furgone in giro, a recitare. la loro storia . le loro storie. il tutto è scritto in forma lirica. per mettere in scena questo mio testo c’è bisogno di un grande Teatro come spazio scenico. Quello di Volterra, durante il Festival, è stata una lezione di drammaturgia, mascherata col gioco con gli spettatori. C’erano 120 orologi a pendolo ed io giocavo: fai tic tac tic tac. Poi, uscendo, una guardia carceraria mi si è avvicinata e mi ha detto “ Tic tac” Spettatori testimonianze Secondo me lui ha la storia del teatro addosso e più che le sue parole parlano i suoi occhi e il suo volto che comunicano fede ma non so in che … speranza ma non so in che… Io però ero fluttuante e più di questo non saprei dire. Magnetico accattivante ( Elena) È proprio un gran signore del Teatro. Mi sono divertita. Non lo conoscevo. È proprio quello che cercavo (Beatrice)

domenica 12 luglio 2015


Teatro, Teatro recensione — 11/07/2015 22:16 è su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Ironie fra musica e parole a Inequilibrio FestivalPosted by renzia.dinca CASTIGLIONCELLO (Livorno) – In uno spazio bellissimo, completamente affrescato, del Castello Pasquini nella sala del thè, dove la calura corrodeva anche i ventagli delle signore, Luca Scarlini figura molto nota della scena teatrale italiana, ci ha deliziato con una performance d’autore, afferrandoci per mano e accompagnandoci dentro una storia, anzi: un match (Prima le parole e poi la musica cronache del match Mascagni- D’Annunzio) davvero poco conosciuto o perlomeno indagato nella storia della cultura italiana del primo Novecento. Si tratta della narrazione del rapporto fra due colonne di intellettuali che riempivano scene e salotti dei tempi, italiani ed internazionali, un personaggio della lirica-il livornese Pietro Mascagni e della letteratura italiana- il poeta vate Gabriele D’Annunzio. Divertentissimo, carismatico, ricco di calembours, colto e raffinato ma con tutto lo sberleffo che solo un uomo di teatro può gestire e restituire in scena andando a rafanare fra storie pubbliche e private di due personalità di spicco dell’epoca e tuttora assai famose, proteso in una affabulazione colta ma autoironica come il sottotesto comporta, Luca Scarlini ha scandagliato da scrittore e narratore drammaturgo qual’ è, l’intreccio di due personalità che si sono odiosamate. Il risultato è un mix fra lectio magistralis e narrazione colta. Dove inserti lirici di alto livello, voci e direzioni orchestrali in presa diretta ascoltate e apprezzate da un pubblico attento e divertito, si incrociano con storie assai meno levigate, un po’ fra il boudoir e il salotto mondano. Attraversamenti Attraversamenti Altro interessante contributo dentro il bel festival Inequilibrio è quello di Nerval Teatro con ATTRAVERSAMENTI di Maurizio Lupinelli una rivisitazione da Beckett partendo da Aspettando Godot per passare a Finale di partita e fino a Giorni felici. Al solito: quando il critico si confronta col teatro del disagio ha bisogno di occhiali spessi per mettere a fuoco la complessità che si cela dietro spettacoli a volte davvero magici e coinvolgenti. E così è per questa nuova prova di Lupinelli e dei suoi attori in scena. Beckett si presta- e come non potrebbe- a innescare scenari e personaggi duttili e quindi ideali da far compenetrare a maschere e corpi che ben assorbono il tema delle diversità essendone protagonisti nella vita reale. E’ così che il regista riesce a inventare uno spazio perfettamente beckettiano con tanto di bidoni ad uso di praticabili e stralunate figure maschili e femminili- con deliziosi bambini a fare da intermezzi trasmettendo anche con l’aiuto di suoni e coreografie essenziali ma efficaci-le scene sono state realizzate tramite la terapia occupazionale dalla cooperativa sociale Nuovo Futuro. Attraversamenti Attraversamenti E poi i Gogmagog con Matrimonio segreto di Virginio Liberti, fondatore di Egumteatro. In scena il dialogo fra una coppia, i bravi Rossana Gay e Carlo Salvador. Una coppia che si interroga sul senso della propria vita a due. Dove la donna, come al solito, è la prima a infrangere il tabù dei silenzi e delle omissioni. I due non discutono dal tinello di casa, ma, paradossalmente, in pubblico, da una mostra fotografica dove foto di donne sgranate si susseguono in astratto bianco e nero. Dal possibile tragico alla ricomposizione dei due, dopo un evento assai traumatico, dove però solo al femminile si può restituire complicità, salvezza e futuro. Gogmagog foto Lucia Baldini Gogmagog foto Lucia Baldini Visto a Castiglioncello-Festival Inequilibrio, Castello Pasquini, il 4 e 5 luglio 2015 FacebookTumblrPinterest Tags: featuredrenzia.dinca Autore: renzia.dinca Si è laureata all’Università di Pisa. Giornalista dal 1985, ha collaborato con Hystrio, Sipario, Rocca, Il Grandevetro, Il Gazzettino di Venezia, Il Tirreno, La Nazione, Il Giorno, Sant’Anna News. Lavora come consulente in teatro e comunicazione. Ha condotto ricerche universitarie per le riviste Ariel e Drammaturgia e svolto tutoraggio di master universitario di Teatro e comunicazione teatrale per l’Università di Pisa. Ha pubblicato in poesia Anabasi (Shakespeare & Company, Bologna 1995), L'altro sguardo (Baroni, Viareggio 1998), Camera ottica (ivi, 2002), Il Basilisco (Edizioni del Leone, Venezia 2006) con postfazione di Luigi Blasucci, L'Assenza (Manni-Lecce 2010) con prefazione di Concetta D'Angeli, Bambina con draghi ( Edizioni del leone, Venezia 2013) con prefazione di Paolo Ruffilli. È inserita nella rivista Italian Poetry della Columbia University.Come saggista teatrale il volume Il teatro del cielo (Premio Fabbri 1997), Il gioco del sintomo (Pacini-Fazzi, Lucca 2002) su un’esperienza di teatro e disagio mentale, La città del teatro e dell'immaginario contemporaneo (Titivillus, Corrazzano 2009), Il Teatro del dolore (Titivillus 2012), su una esperienza ventennale di teatro e disagio mentale presso La Città del teatro. Per Garzanti uscirà un saggio sul Metodo mimico di Orazio Costa. Come autrice di teatro sono stati rappresentati Ars amandi-ingannate chi vi inganna ed uno studio per Passio Mariae con video di Giacomo Verde. Collabora come performer con musicisti, tra i quali il maestro Claudio Valenti, che hanno composto brani inediti sui suoi testi ispirati al Il Basilisco e L'Assenza. © Copyright 2015 — Rumor(s)cena . Tutti i diritti riservati - contatti: direttore@rumorscena.it / Privacy Rumor(s)cena è iscritto al nr. 4/11 del Registro Stampa del Tribunale di Bolzano dal 16/5/11 - direttore responsabile: Roberto Rinaldi in redazione: Annalisa Ciuffetelli, Valentina Cirri, Renzia D'Incà, Emilio Nigro, Claudia Provvedini, Paolo Randazzo, Anna Vittorio, Francesca Romana Lino, Claudia Provvedini, Simona Frigerio, Fabio Francione, Vincenzo Sansone, Olmo Missaglia webmaster: notstudio soluzioni grafiche

sabato 11 luglio 2015


E' nato il Teatro della Toscana su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi by renzia.dinca PONTEDERA – La Sala grande (dedicata a Thierry Salmon) del Teatro Era, gremita di persone, in una cocente mattinata di sole africano, un parterre che vede mescolate generazioni, storie, competenze e provenienze geografiche ed umane diverse: tutto questo per inaugurare ufficialmente in conferenza stampa a Pontedera (in precedenza a Firenze), la nascita del connubio fra il “fiorentinissimo” Teatro della Pergola e il Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera, in provincia di Pisa. Si tratta di una svolta storica di non poco conto per il teatro italiano, sicuramente per la Toscana dal punto di vista fenomenologico. Un po’ perché il Teatro della Pergola rappresenta e ancora, la struttura più “ borghese” fra i teatri della città di Dante, un po’ perché la non lontana Pontedera, più famosa per la Vespa e per le lotte operaie anni Settanta contro il padronato Piaggio, ma qui e non a caso qui ed ora, con l’ esperienza ultratrentennale del CSRT, hanno trovato una complicità e non solo per un mero assemblaggio di “cartelloni”. A monte del civile matrimonio artistico, la recente legge di ristrutturazione del segmento teatrale nazionale-che all’interno del FUS, ha ridisegnato la mappa dei teatri italiani e ha designato proprio Firenze col Teatro della Pergola e Pontedera col suo Centro Teatrale (CSRT), il cuore istituzionale del nuovo Teatro della Toscana, unico in Regione e insieme a soli altri sei Teatri nazionali in Italia. Avremo tempo per comprendere e approfondire il senso dell’operazione culturale e anche antropologica del connubio. Molta è, sul piano storico e artistico, la differenza di patrimoni culturali che le due diverse realtà teatrali artistiche, hanno alle spalle, nei rispettivi processi di nascita ed evoluzione storica. Tuttavia è interessante rilevare come le differenze, in tempo di crisi, possano o meglio potrebbero risvegliare nuove linfe a tutto vantaggio sia dei lavoratori dello spettacolo sia del servizio culturale che il Teatro deve al Paese e al suo pubblico. E allora, cosa ci aspetta fra Firenze e Pontedera (e reciproci dintorni regionali) al di là delle due stagioni complementari, con ben 29 spettacoli, tra i due teatri- stagioni, da ottobre a giugno 2016, che uniscono repertori classici a sperimentazioni? Luca Dini, presidente di Fabbrica Europa e direttore del Centro di Pontedera, sostiene che “raramente si può incontrare una stagione teatrale quale questa presentata dal neonato Teatro Nazionale in Regione Toscana, che unisce il passato col presente, le diverse generazioni fra Firenze centro e Pontedera, quale cittadina sulla quale convergono pubblici più disparati, anche dato il lavoro sul territorio che da sempre la Fondazione pontederese ha svolto nel tempo“. Ne fa fede l’attuale sindaco di Pontedera Millozzi, in conferenza stampa, insieme a Roberto Bacci, direttore artistico storico del CSRT e a Marco Giorgetti, direttore fiorentino del Teatro della Pergola. Lo stesso Roberto Bacci, direttore artistico del CSRT- realtà internazionale col suo Workcenter Grotowski-definisce “il lavoro di ben 41 anni del gruppo, come una anomalia necessaria” e ricorda le parole di un ex sindaco della città di Pontedera oggi Governatore della Regione Toscana Enrico Rossi: “Siete stati in grado di far riflettere una città operaia sul chi siamo da dove veniamo”. Certo: aver ospitato a Pontedera da parte di Bacci & Company un certo Jerzy Grotowski, sul quale generazioni di studiosi e teatranti si sono confrontati sia sui libri di studio che sul campo, è stata un’avventura ed una scommessa. Oggi che il lavoro del Maestro è stato portato avanti da due punte di diamante a livello internazionale come Mario Biagini e Thomas Richards, il Centro Teatrale di Pontedera si rinnova come spazio focale di energie che non possono che crearne di nuove così come, in prospettiva, essere culla di altre sinergie. Non a caso, sono stati sollecitati a testimoniare dell’esperienza quarantennale pontederese Dario Marconcini, direttore del Teatro di Buti e figura storica fra i fondatori del CSRT con Giovanna Daddi nonché Carla Pollastrelli da sempre in CSRT, anche traduttrice dal polacco di Jerzy Grotowski. Il cartellone della due stagioni settembre-dicembre e gennaio-giugno 2016, è davvero un piatto ricco. Si parte con la prima assoluta del giapponese Takahiro Fujita (nato nel 1985) per poi passare alla Compagnia Civilleri|Lo Sicco ed al maestro Dario Marconcini col suo Pinter, a Virginio Sieni, a Carrozzeria Orfeo coi suoi Animali da bar, Michele Sinisi, Michele Santeramo, a Gli Omini, a César Brie e conclude con Gabriele Lavia in Dostoevskji e Roberto Bacci, di rimando, con Memorie dal sottosuolo con Cacà Carvalho. La seconda parte della stagione di prosa del Teatro Era, riprende a gennaio con Silvio Orlando in forma di commedia, poi Marco Baliani, Sergio Rubini con Fabrizio Bentivoglio e Isabella Ragonese, Antonio Latella, Umberto Orsini diretto da Massimo Popolizio in The price di Miller, Alessio Boni, Toni Servillo, un debutto di Roberto Bacci con Lear, poi Claudio Morganti ed Elena Bucci, per finire coi Motus. Pontedera, 3 Luglio 2015 Teatro Era Conferenza stampa di presentazione della stagione teatrale del nuovo Teatro della Toscana. Firenze-Teatro della Pergola e Teatro Era Pontedera