lunedì 18 febbraio 2019


CENERI

renzia.dinca


Firenze. Un lavoro complesso e insieme leggero, visionario, ricchissimo di suggestioni visive e semantiche a livello antropologico e di tecniche di narrazione per lo spettacolo dal vivo questo CENERI, visto in prima nazionale al Teatro di Rifredi ( in programmazione coraggiosa di Angelo Savelli e Giancarlo Mordini), unica tappa italiana della Compagnia norvegese Plexus polaire ideato dall'artista Yngvild Aspeli. In effetti è raro poter vedere nel nostro Paese spettacoli dove si intrecciano in un connubio poetico risolto e riconoscibile marionette e attori in carne ed ossa. I piani di lettura sono molteplici e tuttavia il risultato formale è davvero stupefacente per la maestria nell'uso di diverse tecniche e nella capacità di bypassare segni di letterarietà che hanno molto a che vedere con la tradizione nordica europea fin dal lascito dei fratelli Grimm (di cui Jacob è stato fondatore della filologia germanica). E forse non a caso CENERI è stato così apprezzato negli USA dove la penna di Stephen King ha creato dei capolavori horror trasposti in film passati alla leggenda del cinema. Ispirato al romanzo Prima del fuoco di Gaute Heivoll (da evento di cronaca, da cui è stato tratto il lungometraggio Pyromaniac), narra due storie parallele (in una sorta di mise en abime polarizzato, un gioco di specchi e di rimandi di coppie padre-figlio), quella di un aspirante scrittore-con l'attore seduto alla scrivania in boccascena intento a riportare sulla carta memorie della sua infanzia (proiettate in parola su fondale) e l'intreccio della sua storia personale- lui neonato, con quella di un altro personaggio, in un'altra famiglia, quella del giovane piromane proteso in una guerra dai forti sapori psicoanalitici nientemeno che col padre pompiere. Un classico edipico che oggi non piacerebbe certo, per esempio al lacaniano Recalcati, per il quale nel contemporaneo per lo meno quello italiano, sono i figli a reclamare un Padre assente (l'ambientazione di CENERI è in Norvegia, fine anni Settanta). Qui si assiste ad una rappresentazione fra l'onirico e l'allucinatorio (lo scrittore colleziona sotto la scrivania bottiglie di birra accanto al cestino della carta: principio di realtà?), in un susseguirsi di suggestioni visive e sonore (anche queste molto ben cadenzate per ritmi pause sottrazioni accelerazioni), sottratte al piano narrativo della cosiddetta realtà dell'apparenza, dove tutto è sul piano della certezza, quella del giorno, per penetrare nel regno della Notte e del buio. Il gioco del doppio si tramuta in proiezioni fra i due protagonisti-figli, i loro padri, le famiglie. Di fatto ed allargate nello spazio-tempo dove le vicende si svolgono. E qui il rimando a Ingmar Bergman non è certo irrituale (e poi c'è molto di giallistica scandinava in questo lavoro, poco letta in Italia). Pensiamo per esempio al romanzo autobiografico del regista svedese Lanterna magica. Quindi gli elementi del lavoro sono Fuoco e Cenere. Il fuoco distruttore, ma anche purificatore. Il Fuoco che arde dentro il cuore adolescente, dentro la repressione degli istinti. Dentro la ribellione ai Padri. E qui entra in gioco il doppio piano semantico, l'ambiguità, ulteriore stilema messo in campo dai tre attori-burattinai (nascosti dal buio del fondale muovono le fila narrative di pupazzi-marionette mosse da fili invisibili, prima piccoli- Figli, e nel finale a grandezza d'uomo- Padri Madri, Comunità). Ulteriore effetto suggestivo di forte compresenza simbolica (insieme alle casette di carta pre-testo-fienili bruciate- sospese nel vuoto del palco a fili invisibili), come il fumo delle sigarette dal giovane piromane e poi concesse come ultime sigarette dallo Scrittore al Padre morente cacciatore di alci (immagine quantomai straordinaria evocativa che ricorda Cappuccetto Rosso salvata dal cacciatore che taglia la pancia della Bestia). Chè il Lupo è direttamente in e sulla scena in brevi apparizioni liberatorie in una compartecipazione straordinaria a commento di una Storia dove nessuno parla ma tutto si svela e rivela. Per tecniche ed immagini. E tutto dal vivo.


PRIMA NAZIONALE

Compagnia Plexus Polaire ( Francia|Norvegia)
uno spettacolo di Yngvild Aspeli

attori e marionettisti Viktor Lukavski, Altor Sanz Juanes( in alternanza con Alice Chéné) e Andreu Martinez Costa
scenografie Charlotte Maurel e Gunhild Mathea Olaussen
musica Guro Moe Skumsens e Ane-Marthe Sorlie Holen
costumi Sylvia Denals
luci Xavier Lescat
video David Lejard-Ruffet

Visto a Firenze, Teatro di Rifredi, il 10 febbraio 2019