giovedì 5 ottobre 2023

LA GINESTRA: un superbo Mario Biagini renzia.dinca Firenze. Prova attoriale insolita e coraggiosa della Canzone La Ginestra . Il Fiore del deserto di Giacomo Leopardi, da parte di un attore come Mario Biagini, anche regista e pedagogo già allievo di Jerzi Grotowki al Centro Studi di Pontedera (1986-1999) e in seguito con Thomas Richards, erede del pensiero del genio polacco al Centro Studi Grotowski, purtroppo chiuso dal 2022. Abbiamo visto, in case private-Casa Argelli-Taliani, dove Chiara Argelli vive dopo essersi formata come attrice all'Accademia Silvio D'Amico, ora titolare della Libreria Roma a Pontedera, uno spettacolo curato da Biagini-Richards. L'ideazione artistica denominata: Open Program, era una fioritura di esperienze con giovani artisti internazionali in cui la scuola del Corpo-Voce grotowskiana ha avuto nella storia della formazione di artisti in ospitalità usciti dal quel parterre di disciplina ferrea e lucidissima, una straordinaria passione e fioritura di talenti. Open Program si è trasformato in lavoro internazionale sul canto e sulle tradizioni etniche delle e sulle parole del corpo-voci internazionali. Mario Biagini ha chiuso quella esperienza per poi fondare lo scorso anno, con altri artisti, l'Accademia dell'Incompiuto. Interprete in a solo (con collaborazione di Felicita Marcelli) del Canto La Ginestra di Giacomo Leopardi, da tempo sviluppata in spazi di Teatri nazionali ed a Settembre ospite dell'Accademia della Crusca nella Villa Medicea sede della Crusca a Sesto Fiorentino, a Biagini compie una lettura dei passi de La Ginestra in due passaggi. Nel primo attraversa una lettura che raccoglie numerosa trattatistica di critica letteraria che ha indagato e indaga sui passi del Canto ( ultima fatica di Leopardi nel 1836, in seguito pubblicata da Ranieri, suo ospite napoletano, quando in città scoppiava epidemia di colera), a commento, mentre nella seconda parte della performance l'attore recita a memoria l'intera Canzone in una escalation di forte immedesimazione col testo che commuove e ne esalta l'attualità. Infatti Biagini dichiara che la lettura e lo studio sulla Ginestra, sono scaturiti dai lunghi periodi che ci ha costretto e solo pochi anni fa il lock down da Covid. Biagini ha rispettato una tradizione di interpretazione attoriale di poesia ( rari esempi in Italia : Carmelo Bene e Leo de Bernardinis, alcune attrici su Merini). Un sublime dettato, davanti a una platea attenta e con tanti giovani studiosi di somma Letteratura italiana . A seguire una Conversazione fra l'attore con gli accademici: Vittorio Coletti, Claudio Giovanardi ed Enrico Testa, con Paolo D'Achille, direttore dell'Accademia sul linguaggio della Ginestra Visto all’Accademia della Crusca Sesto fiorentino l’11 settembre 2023

lunedì 28 agosto 2023

LARI FESTIVAL DEL SUONO. IL SUONO E' VITA IL RUMORE LA UCCIDE Non dobbiamo isolarci dal rumore, dobbiamo eliminarlo renzia.dinca Lari – Santa Luce (Pisa). Il Festival Collinarea, giunto alla 25esima edizione ( 11-29 Luglio) nella cornice medievale delle colline del Borgo di Lari, ha proposto un parterre di efficaci proposte su un tema alquanto attuale quanto forse poco ancora esplorato: l'inquinamento acustico, con una serie di incontri a cura di scienziati e ricercatori ospiti del Festival. Molto nutrito il carnet delle proposte. Oggetto degli incontri avvenuti presso il Teatro comunale di Lari per la Sezione Suono con concerti e lezioni e performance, Per la Sezione Multidisciplinare danza con due prime nazionali: IntimInnesti in Lea-un'altra giornata emozionante, Barbiero Buscarini D'Angelo in Cavalli e Sartoria Caronte in Lucy Rox Cabaret Evento clou come del resto lo scorso anno fu con Butterfly di Giacomo Puccini, in Prima nazionale: Turandot-Ombra della luce, rivisitazione dell'omonima opera di Puccini in chiave contemporanea. Un lavoro di gruppo, un'opera di rara complessità che ha coinvolto competenze multiple e poliedriche in una sfida che nasce dalla ideazione dei due direttori artistici di Collinarea: Loris Seghizzi e Mirco Mencacci. Le maestranze entrate nel progetto che ha visto una contaminazione coraggiosa fra i generi di lirica, musica pop sperimentale, teatro, video, suono e danza hanno animato tre spazi del Borgo dove in simultaneità-il pubblico ha potuto assistere sia rimanendo nella stessa platea sia spostandosi fra i tre spazi utilizzati per le performance (Orchestra del Teatro Goldoni di Livorno diretto dal Maestro Mario Menicagli con una banda rock di sei elementi, un coro teatrale di 25 persone, il coro CLT Coro Lirico Toscano di 40 elementi e 11 attori. Tutta questa straordinaria complessità per tradurre la Turandot di Puccini coordinata dalla regia di Studio SAM diretta da Nicol Lopez Bruchi, Marco Ribecai e Mirco Mencacci. In questo scenario naturale-artificiale del Borgo di Lari, l'edizione di Turandot, si è fusa e con-fusa con le più belle canzoni di Franco Battiato ( di fatto l'esperimento era tale fin dal titolo Turandot-Ombra della luce)

domenica 15 gennaio 2023

ECUBA, LA CAGNA NERA da Le Troiane di Euripide di renzia.dinca Buti (Pisa). Maestosa. Dominante. Macabra e sublime Giovanna Daddi in monologo, in questa prova d'attrice dura e insieme celestiale nella sua incarnazione di sposa, madre, sorella, figlia vittima sacrificale (una Antigone per analogia-contrapposizione, ma solo anagrafica), delle guerre che icasticamente entrano sulla scena spoglia del mondo archetipico che va dalla classicità greca alla più attuale contemporaneità. Aggrappandosi al testo di Euripide in qualità e personificazione di Ecuba e liberamente tratta dalla tragedia Le Troiane, per l'adattamento drammaturgico e la regia di Dario Marconcini, a testimoniare con la propria fisicità solenne di nata femmina, e/e ma anche Regina, il dolore della perdita, il lutto, la disperazione che le guerre d'ogni tempo d'ogni cittadinanza guerre come tabu (Alberto Moravia così le aveva immaginate: esempio di profezia che non si autoavvera), segnano la micro e la macro storia di ogni popolo stato religione sulla faccia della Terra dove il dominio della ferocia dell'homo hominis lupus mai si accontenta e ancora, di fagocitare lutti e dolore e sangue. Dopo quasi un anno di guerra intestina di cui sentiamo l'eco delle bombe sui civili in Ucraina e in Donbass (come sentivamo a Trieste la stessa eco nella martoriata allora Jugoslavia), è ancora tempo di gridare lo strazio e la pena delle vittime. Cosi lo esplicitano facendosene carico idealmente e in scena la coppia Giovanna Daddi e Dario Marconcini in un pas a deux così rituale così brechtiano (secondo lo stile consono allo spazio, alla storia, ai protagonisti maestri di Teatro che provengono a loro volta dai maestri di Pontedera: Grotoski, il Teatro Povero, Brecht), cosi costruito addosso ad una Ecuba dolente che piange la sua casata, i figli e che sta per essere “deportata” come schiava come da testo euripideo per trasformarsi in cagna, cagna nera e consegnarsi nel distacco in mare prigioniera dei nemici vittoriosi a Ecate. Ecuba, figura mitologica e come l'archetipo che ci arriva dalla nostra stirpe mediterranea, donna fiera, consapevole ma composta davanti alla salma del figlio bambino ucciso dalla guerra. Cosi ci si presenta nello spazio Sala Di Bartolo ( in questo momento il Teatro di Buti è chiuso per restauri). Come non pensare ai bambini restituiti dai nostri mari del Sud alle madri o ai soccorritori di Lampedusa, come non lavare le immagini dei telegiornali sulle madri ucraine, (e anche russe, nel Donbass parlano la stessa lingua), che seppelliscono i propri figli in guerre incomprensibili, ideologie guerresche malate, come le follie psichiatriche di chi detiene il pulsante rosso del Potere in Africa come in Asia come in Vietnam come: ai confini della “nostra” Europa. Nello spazio dove si erge, respiriamo il monologo di Ecuba: lei sola in scena. Asciutta, regale nella sua disperazione di identità femminile e negata. Vestita a nero lutto piedi nudi vecchia sola regina senza più regno né vestigia, con alle sue spalle una città devastata in una foto- proiezione in bianco e nero. Nel climax, quando sembra non possa accadere davvero più nulla alla “ Cagna” , vittima-carnefice del suo destino famigliare, compare in un tripudio di fogli gettati sul palco: Dario Marconcini che, in un gesto situazionistico fulmineo, inaspettato entra in scena ed esclama ex abrupto, quasi deus ex machina: non deve piu succedere tutto questo. Siamo di fronte ad un alto Teatro. Una risposta subline e forte di Poesia in scena. E come non sarebbe potuto esserlo in una produzione de
lTeatro di Buti? Ecuba, la cagna nera da Le Troiane di Euripide con Giovanna Daddi drammaturgia e regia Dario Marconcini scene e luci Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia musica da Le sacre du printemps Stravinskij Produzione Associazione Teatro Buti Visto a Buti ( Pisa), il 7 dicembre 2022