sabato 28 novembre 2015


GUARDATI E RICORDAMI. Non hai idea di quanto sia stato Difficile trovare un Dono da portarti, nulla sembrava la cosa Giusta. Che senso ha portare Oro ad una miniera d'Oro, oppure Acqua all'Oceano. Ogni cosa che trovavo, era come portare Spezie in Oriente. Non ti posso donare il mio Cuore e la mia Anima, perché sono già Tue. Così, ti ho portato uno Specchio: Guardati e Ricordami. -- Rumi

venerdì 20 novembre 2015


Made in Italy, una babilonia di linguaggi Posted by renzia.dinca Pubblicato su RUMORScena di Roberto Rinaldi Ponte a Moriano ( Lucca) Dentro la notevole stagione autunnale “Qualcosa si muove” di SPAM, diretta da Roberto Castello di teatro, danza, musica, letteratura e videoarte, abbiamo visto Made in Italy, un lavoro pluripremiato (Premio Scenario 2007), che ha anche ottenuto diversi riconoscimenti UBU ed altri prestigiosi premi nazionali e che racconta o meglio fotografa un’Italietta che ahinoi purtroppo ancora c’è. Del resto il secondo Ventennio non può che avere una o nove code e si sa fin dalle favole di Fedro, che nella coda dello scorpione c’è il veleno. Si presentano così Adamo ed Eva Raimondi|Castellani, nudi e poi si rivestono e travestono per scatenarsi in pseudo danze dove i corpi risuonano in volgari passetti, smorfie e trasfigurazioni con uso di micro oggettistica di luci al neon, utilizzata come da fiera paesana per mettere in risalto pubi, seni, sederi. Poi partono a raffica, in cinque sequenze, lunghi elenchi che i due si rimpallano, apparentemente senza senso, partendo da bestemmie rigorosamente dialettali del nordest (il gruppo è veronese) in forma ora di allitterazione ora di litania o di mantra. Dentro la marmellata linguistica c’è un po’ di tutto ciò che passa di luoghi comuni e frasi strafatte, che i due attori performer si scambiano a mò di dialogo, tormentone, in loop. Sono micro sequenze – scatti fonico fotografici un po’ videoclip, un po’ zip fra canali TV, un po’ registrazioni di sfoghi da beoni o no comunque targati bar sport o famiglie al desco serale davanti la TV. Ci sono dentro invettive razziste, omofobe, fasciste, blasfeme. Fra un porco qui e un porcollà, inserti di partite di pallone, il Bocelli roboante che “partirà con te”- che non si sa chi sia lei io lui e per chissà dove. Made in Italy è uno sbocconcellamento di sintagmi visivi, sonori e frastici dove si sa dov’è l’inizio ma non si sa dove si va a parare. E’ orecchiamento, spezzatino di programmi TV, video, un blog scalcinato senza capo né coda dove le emozioni scaturiscono da rumore, noia, trash e infine, discorsi a vanvera e pessima musica, nel silenzio sconcertante dopo tanta baldoria di non sense, nel finale in scena a sorpresa, vengono deposte statuine di Biancaneve con sette nani-o settanta? e quanti ce ne sono a contarli, nei giardinetti di villette a schiera oppure no, terrazze, ville di parvenue, anche questi in decalogo-catalogazione fine a se stesso. Se fosse la restituzione di messaggi registrati dentro un cervello umano così, senza alcun filtro, ci sarebbe da preoccuparsi per la salute mentale del soggetto: un elettroencefalogramma semi piatto? una nuova forma di dipendenza da curare ai SERT? oppure cos’è: una reinvenzione imbellita tratta dalla poesia “La passeggiata” primo novecentesca di Palazzeschi? in realtà qui pare che i soggetti scandagliati da Babilonia Teatri e messi a nudo, siano un gruppo sociale parecchio diffuso, molto Made in Italy, e molto molto attuale appunto. Solo Rodrigo Garzia col suo urlo anticonsumistico, incavolato nero, potrebbe in qualche modo riecheggiare tanta deprecazione e irrisione su mode e modi così italiani. Troppo italiani. E quindi la preoccupazione così ossessiva e di lungo corso potrebbe farsi anche virale. Specie riflettendo sul fatto che la stessa sera e nella stessa ora di quel venerdì a Ponte a Moriano, un borgo italiano, principalmente noto per un Ponte, cosiddetto del Diavolo sul fiume Serchio, così caro all’Ariosto e al Pascoli, a Parigi è scoppiato un pezzo d’Occidente per via di ISIS. Babilonia Teatri, di e con Valeria Raimondi e Enrico Castellani Scene Babilonia /Gianni Volpe Coproduzione Babilonia Teatri/ Operaestate Festival Veneto Stagione autunnale “Qualcosa si muove”- SPAM in collaborazione col Comune di Lucca Visto a Teatro Nieri di Ponte a Moriano il 13 novembre 2015

venerdì 13 novembre 2015


La prossima stagione, è adesso Posted by renzia.dinca Pubblicato su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Pontedera – Lari (Pisa) Dentro una cornice toscanissima-un poderoso castello medievale che dall’alto si affaccia su una campagna d’ulivi e terrazze da un lato e dall’altro colline e monti che sfiorano il confine con il territorio della lucchesia, dentro il festival Collinarea diretto da Loris Seghizzi, abbiamo visto in edizione estiva dopo il debutto pontederese, questo lavoro di Michele Santeramo che sarà in replica a novembre a Pontedera al Teatro Era, nella stagione della Fondazione Teatro della Toscana e poi a Cascina alla Città del Teatro a gennaio, in una collaborazione artistica per le nuove drammaturgie. Un lavoro delicato ed insolito–pluripremiato di recente non a caso a livello nazionale dalla critica più attenta-dove si reinventano spazi e tempi che guardano altrove e lontano ma anche dentro un futuro pensabile con gli strumenti dell’hic et nunc. L’ideazione viene dallo stesso attore e regista e da Luca Dini, anche dirigente del nuovo Teatro Nazionale della Toscana. Che così è la narrazione- minimalista, come lo spazio dove Santeramo legge la sua partitura – e qui sta il concept – con accanto un video su cui sono proiettate immagini che corredano con sottotitoli ma anche commentano a scandire e/o interrompere la narrazione interagendo in modo originalissimo ciò che andremo a vedere. Il plot è quanto di più essenziale si possa immaginare: la storia di una ragazza ed un ragazzo Viola e Massimo, trentenni che non sarebbero dovuti nascere. Entrambi rifiutati- quantomeno psicologicamente – il che non è affatto poco, dai propri genitori biologici. E che sarà di quei due? delle loro vite insieme come coppia, per ben sessant’anni di convivenza e fra il 2015 ed il 2065? ce lo raccontano nel lungo tempo di ben cinquant’anni le parole di Michele Santeramo che dà voce ad entrambi i personaggi assecondato e insieme stimolato dai quadri delle straordinarie tavole disegnate da Cristina Gardumi. L’esperimento, che di questo si tratta, vede infatti l’attore davanti ad un leggio e microfonato mentre si interfaccia con le silhouettes di Viola e Massimo proiettate su maxi schermo dai disegni originali della Gardumi, che si sta rivelando creatrice raffinata e riconoscibile per un’ironica graffiante galleria di personaggi da bestiario medievale antropomorfo. Legati per la vita dalla stessa fune (o catena) ciascuno dando le spalle all’altro|a nel vano tentativo di fuggire- ma che si può fuggire al destino il proprio e quello che unisce, ha unito e unirà per un’intera esistenza Viola e Massimo? Disincantato eppure tenero, esistenzialista il lavoro di Santeramo/Gardumi passa attraverso quadri da un decennio all’altro della coppia un po’ intimistici un po’ sociologici gli scenari futuribili dei due trentenni. Si va dalla disoccupazione al precariato all’inventarsi lavori, dalla possibilità di diventare genitori alle difficoltà relative- siamo gente del secolo scorso, dalle App di realtà virtuale alle memorie al rimpianto, alle macchine della verità, dall’odore del tradimento al clistere di notizie, alle barrette sostitutive dei pasti, dai soldi sostituiti dal sangue, dentro il leit motiv di una rivoluzione mancata che la coppia non ha saputo o voluto intraprendere dentro il proprio tinello e fuori se stessa se è vero che il privato è politico e fino alla fine, dissanguati, nel proprio torpore di settantenni. La prossima stagione di e con Michele Santeramo da un‘idea di Michele Santeramo e Luca Dini Immagini Cristina Gardumi Musiche di Sergio Altamura Giorgio Vendola Marcello Zinni Produzione Fondazione Teatro della Toscana Centro per la Sperimentazione e la Ricerca teatrale –Pontedera Visto a Lari Collinarea festival, 31 luglio 2015 In replica a Pontedera dal 13 al15 novembre e 12-13 dicembre

domenica 8 novembre 2015


ANGEL o dell’androgino pubblicato su Rumorscena di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Porcari ( Lucca) Anteprima nazionale di danza alla stagione autunnale SPAM “Qualcosa si muove” diretta da Roberto Castello Angel – indagine sui generis tra i sonetti di William Shakespeare, è un lavoro coreografico curato da Charlotte Zerbey. Zerbey, anche danzatrice e vocalista, ha lavorato da 25 anni in Europa e Stati Uniti ( dove è nata) e in Italia nel 1989 con Alessandro Certini ha co-fondato Blu Company. Dal 2013 la Compagnia ha la direzione artistica per la danza del progetto di residenza multipla della Regione Toscana per il Teatro della Limonaia. Il lungo percorso di ricerca artistica di Charlotte Zerbey si è saldato con esperienze internazionali di festival, workshop e creazioni con particolare appealing e collaborazioni artistiche verso le suggestioni di area nord europea sull’improvvisazione coreografica. Per questo si è avvalsa spesso anche di musicisti dal vivo o partiture composte appositamente per i suoi lavori. Questa nuova produzione è una sintesi perfetta del percorso artistico di Zerbey che ne cura in proprio la partitura coreografica assegnandosi anche il ruolo di raffinatissima interprete vocale di alcuni sonetti del Bardo. Tre sono le danzatrici nello spazio assolutamente vuoto di SPAM: Elisa Capecchi, Olimpia Fortuni e Isabella Giustina. Anche le musiche sono affidate alla stessa Charlotte con Spartaco Cortesi. Non aspettiamoci nulla di funambolico o virtuosistico dalle tre danzatrici, tutto è affidato alla personale e reciproca intuizione fra le tre e la ricezione sui propri corpi materici in azione della parola-frase, della sottolineatura sonora ed espressiva in realtà meta significante che le ispira e fa muovere. Decostruzione del messaggio corporeo, decostruzione del testo ma solo apparente perché in scena si appalesano nuovi possibili raggiungimenti estetici fruibili e godibilissimi. E’ come se la traccia linguistica dovesse proprio far da filo rosso per espandere e fluidificare le esperienze tecniche e concettuali delle danzatrici e dar loro nuovo vigore e traccia sensibile di creazione individuale e interpersonale fino a renderle performer del proprio gesto. La matrice linguistica, quella di alcuni sonetti di Shakespeare, che è l’anima di Angel, è dettata dalla presenza del Fair Youth, un giovane bellissimo, una musa ispiratrice un angelo buono un po’ no, un semidio appollaiato fra la terra e il cielo che tutti e tutte seduce con la sua intrinseca cristallina ambiguità. Ma chi è questo Angelo| Demone se non il daimon della creazione artistica? Così le tre Grazie danzanti interpretano la propria ispirazione che è improvvisazione sonoro-musicale ma dettata, confondendo generi e modi, trasfigurando i propri corpi anche attraverso finzioni di travestimenti che potrebbero confondere i sessi ma in realtà li superano nella rappresentazione astratta della Poesia in danza pura. Con grande pulizia formale e restituzione della bellezza del genere sublime da cui scaturiscono i versi e la loro multivalente interpretazione. Angel Anteprima nazionale Indagine sui generis tra i sonetti di William Shakespeare Partitura coreografica Charlotte Zerbey Con Elisa Capecchi Olimpia Fortuni e Isabella Giustina Musica Spartaco Cortesi e Charlotte Zerbey Co produzione Company blu|ALDES Visto a Spazio SPAM il 31 ottobre 2015

venerdì 6 novembre 2015


De Revolutionibus secondo Carullo/ Minasi su RUMORSCENA di Roberto Rinaldi Posted by renzia.dinca Pisa Spettacolo vincitore nella recente edizione estiva ai Teatri del Sacro di Lucca, approda nell’ambito della rassegna Teatri di Confine Pisa|Buti 2015 il De Revolutionibus-sulla miseria del genere umano di Carullo e Minasi. Una coppia di giovani artisti assai coraggiosi che si misurano nientepopodimeno che con alcuni testi del “Giovane meraviglioso “, quel Giacomo Leopardi ritratto pochi mesi or sono per il grande schermo dal regista Mario Martone (che ci ha regalato anche un’altra regia, questa volta teatrale visionaria sempre attingendo dal sommo recanatese delle Operette morali, premio UBU 2011). Il cammino della coppia Carulli|Minasi nella scelta impervia di confrontarsi con due delle Operette morali “ Il Copernico” e “Galantuomo e Mondo”, è quanto di più antiteatrale si possa immaginare: siamo di fronte a testi filosofico-letterari in una lingua italianissima ma letteraria, a volte complessa e oscura, ricca di metafore, riferimenti dotti, insomma lontana dalla più corriva ideazione di messinscena delle più recenti generazioni di artisti del palcoscenico, perlomeno rispetto alle scelte di linguaggio. Una scelta di campo un po’anomala, insomma. Eppure il trattamento che la coppia è riuscita a dare alla complessità dell’operazione di translitterazione per la scena è interessante. E qui sta il valore meritorio di questo efficace lavoro. Carullo e Minasi si presentano nello spazio della Chiesa di Sant’Andrea-con il Teatro Francesco di Bartolo a Buti, uno dei due luoghi della rassegna-come due saltimbanchi di teatro delle origini, col loro carretto girovago a rotelle di legno componibile e scomponibile. munito di musiche di organetto da cantastorie comprensivo di palco, sipario e siparietti, praticabili, abito che fa da robe manteaux (anche epistemologico) per la donna e tenda da circo per lo spettacolo con tanto di luci da baraccone. Ma qui niente è improvvisato. I due personaggi si muovono con estrema disinvoltura impersonando i due personaggi delle Operette. La prima è definita “operetta infelice e per questo morale”, Il Copernico, dove la Terra deve confrontarsi col Sole vestito da gerarca con le ghette mentre l’altra, al rovescio è “operetta immorale e per questo felice” dove la Virtù (lui, imbranato occhialuto vittima dallo sguardo perso e perdente) ha da vedersela col Mondo e le sue miserie (lei, cinica tracotante ). L’ironia o meglio l’autoironia dei due interpreti è molto sottile come la loro bravura nel muoversi fra le trappole del testo e il conseguente rischio della mancata empatia del pubblico. Una recitazione mai urlata ma assolutamente in linea con le azioni e le intonazioni nel reciproco dialogo intessuto del leopardesco intreccio di senso e di rimandi nei rimandi, in una sorta di mise en abime. Infatti il gioco del teatro, alla fine si spoglia di abiti e fogge per restituire allo spettatore la verità dei corpi e delle maschere: i due attori lasciano gli abiti di scena raccogliendo un primo applauso. Per poi rimettere a posto chiodo su chiodo la macchina del carro di Tespi che hanno creato da veri cantastorie. De Revolutionibus di e con Carullo/ Minasi Visto a Pisa, Teatro Sant’Andrea il 3 novembre 2015 in Teatri di Confine