mercoledì 19 giugno 2024

Il riformatore del mondo al Fabbricone renzia.dinca Prato. Thomas Bernhard è stato il più grande scrittore e drammaturgo austriaco del secondo Novecento. Appartato, coltissimo, feroce oppositore della politica e dei costumi dell'Austria non più felix, Bernhard ci ha lasciato capolavori letterari quali Perturbamento, Il Soccombente, Estinzione, Il nipote di Wittengstein e molti altri in uno scavo impietoso e grottesco della società austriaca dagli anni Cinquanta alla sua morte, avvenuta nel 1989 a 59 anni. Intellettuale scomodo, misantropo, ha spesso descritto nei suoi romanzi e drammaturgie figure di accademici e artisti inquieti, famiglie al limite della follia, come in Ritter Dene Voss, con alle spalle gli spettri del nazismo che in Austria ha dato i natali a Hitler e a molti ufficiali delle SS. Il Riformatore del mondo è una scrittura graffiante, che si presta a più interpretazioni rispetto alle dinamiche di coppia che abbiamo visto in scena. Infatti sono proprio una coppia Il Riformatore (un Roberto Capuano in superba prova d’attore e di regia), e la sua serva forse amante Renata Palminiello. Lui è un intellettuale anziano in preda a microdeliri di grandezza mentre sta per ottenere l'ambita laurea honoris causa per i suoi studi. Lei, l’amante convivente da vent'anni, una taciturna e sodale Renata Palminiello, in una recitazione essenziale, minimalista, antitetica agli eccessi umorali del partner. Palminiello si muove in una prova di attrice in perfetta sinergia con il registro peculiare della regia che Capuano ha scelto di seguire nella sua personale interpretazione del testo di Bernhard. Lo spazio scenico dove si svolge tutta l’azione, è quello di un interno borghese asfittico se pur affacciato su ampi finestroni con poltrone e cassapanche mentre i pochi dialoghi fra i due protagonisti, a cui invece fanno da contraltare i monologhi ossessivi del Riformatore, segnano la struttura drammaturgica dell’intera piece in un pas à deux misteriosamente complice delle complesse dinamiche di coppia. Il testo dello scrittore viennese (che aveva deciso di impedire di mettere in scena in Austria per ben 50 anni tutte le sue opere), ha affascinato molti attori e intellettuali italiani nel corso del tempo. Ricordo di questa pièce l'allestimento con uno straordinario Gianrico Tedeschi (Premio UBU 1997/1998 come miglior attore) e le lezioni di un mio maestro Aldo Giorgio Gargani, studioso del pensiero mitteleuropeo che mi ha fatto conoscere Bernhard nel corso di Filosofia all'Università di Pisa. Si nota che a differenza di altre mise en espace, qui la relazione fra il vecchio intellettuale e la sua governante, presenta dei caratteri di forte ambiguità. Apparentemente succube di lui, la donna è di fatto, più potente. Lei esegue i suoi ordini senza replicare, in apparente assuefatta sottomissione e con precisione scientifica. Millimetrica, anche nello spostare i (pochi) mobili, come nell’atto di trascinare altre poltrone per accogliere gli accademici dentro la stanza in cui si sviluppa tutta l'azione drammaturgica. Quasi per paradosso, il professore entra in scena arrampicandosi da acrobata in camicia e mutande di un bianco fulminante a degli anelli sospesi per poi rifugiarsi in una pseudo immobilità sulla sua poltrona, privato delle gambe, proiettato nella sua lungodegenza di intellettuale che ha scritto un saggio degno di Laurea honoris causa che gli sarà conferita proprio a casa sua poche ore dopo. Saranno infatti gli accademici ad andare a casa sua e non lui nell’Università che gli ha assegnato l’onorificenza. In quanto lui non può (o forse non vuole) muoversi da quella stessa poltrona. Non è chiaro se in effetti sia handicappato, privato cioè dell'uso delle gambe oppure no. Nasconde e fa trapelare nella sua affabulazione ripetitiva, un cinismo che definire patriarcale e da delirio di onnipotenza , sarebbe far gioco a certe correnti femministe e da manuale psichiatrico del ventesimo secolo. Il Riformatore cioè il professore che scrive un Trattato sul miglioramento delle sorti del Mondo, che entra in scena come un funambolo aggrappandosi da atleta modello Iuri Chechi agli anelli, nutre nel suo affabulare da flusso di coscienza, un odio divertito pure verso gli accademici che andranno a fargli visita per onorarlo dei suoi studi mentre, da alcune sue azioni appena accennate, forse potrebbe riuscire anche a stare in piedi da solo. E’ stato questo: Il Riformatore del mondo, l'ultimo e ottimo spettacolo della Stagione 2023/2024 del Teatro di Prato visto al Teatro Fabbricone diretto da Massimiliano Civica, riconfermato da poco Direttore del MET per i prossimi tre anni. Il riformatore del mondo di Thomas Bernhard regia Leonardo Capuano con Leonardo Capuano e Renata Palminiello traduzione Roberto Menin voci Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano e Renata Palminiello sound designer Francesco Giubasso scene e costumi Andrea Bartolomeo light designer Gianni Staropoli Produzione Teatro Metastasio di Prato e Compagnia Umberto Orsini Prima Nazionale Visto a Prato, Teatro Fabbricone, il 12 maggio 2024
Foto di Andrea Bartolomeo
PESSOA- Since I've been me di Bob Wilson renzia.dinca Firenze “Quando comincio a lavorare. La prima cosa che faccio è illuminare lo spazio. Comincio con la luce Questo l'incipit a firma del regista e drammaturgo texano Robert Wilson a commento della sua nuova creazione artistica: Pessoa-Since I’ve been me (Pessoa-Da quando sono io) L’artista visivo, fra i maggiori sulla scena internazionale, ha allestito questa produzione in prima mondiale per il Teatro della Pergola di Firenze. Fortemente voluto dal direttore generale Marco Giorgetti (in co-progettazione con Theatre de la Ville Parigi, dove il lavoro sarà dopo Firenze), Wilson ha magistralmente lavorato su uno degli scrittori più insigni del Novecento Fernando Pessoa (1888-1935), avvalendosi della drammaturgia firmata da Darryl Pinckney, curandone la regia, le scene e le luci in un mix vincente per cui si può parlare di questo spettacolo, come di un esempio di Teatro totale. Ben sette gli attori in scena. Sette, come gli eteronimi (non pseudonimi), che il grande scrittore portoghese ha utilizzato per dare voci diverse e multiple alla sua scrittura e al suo pensiero creativo. Gli attori, infatti, hanno reso in scena una forma raffinata di plurilinguismo per un lavoro dal vivo, giocato sui registri di mimo, danza, canto in performance, quasi a commento e/o interfaccia rispetto alla cornice sulla quale Wilson ha ideato un bombardamento di luci suoni colori, creato dalla simbiosi fra azioni agite sul palcoscenico e impressioni che allo spettatore arrivano da un caleidoscopico immissaggio di proiezioni dal fondale per una inintermittente sequenza di luci cangianti: dal blu del mare con barche (un siparietto di Lisboa col suo affaccio sul mare e sul fiume Tago in emissario verso l’Atlantico), che ci accoglie in sala a luci accese, dove un Pessoa stilizzato nella figuretta in completo nero e baffetti alter ego di Pessoa (l’attrice Maria de Medeiros nota anche nel cinema per una parte in Pulp Fiction), sta immobile per accoglierci. Un Pessoa configurato un po' Groucho Marx da Dylan Dog, un po' icona di se stesso, trasfigurazione fumettistica del suo stesso soma. Poi in sequenza quasi una intro di Pessoa che introduce se stesso e i suoi alter ego, sbocciano in scena gli altri sé, sei attori ovvero sette con lui, in una esplosione di figure fisiche di controcanto, una proiezione di luci fra il blu, il rosso e il bianco cangiante, care alle atmosfere oniriche e surreali che sono i colori del cielo e del mare della città di Lisboa. Le rappresentazioni icastiche di Pessoa, i suoi eteronimi nelle forme dei sette attori in scena, si esprimono in 4 lingue: inglese, francese, italiano e portoghese. Le lingue con cui lo scrittore si è cimentato o è stato attraversato (ricordiamo che il traduttore di Pessoa è stato in italiano lo scrittore pisano Antonio Tabucchi con Ines De Lancastre), arrivano allo spettatore attraverso dei versi di Pessoa, tratti dal Libro dell’Inquietudine in sovratitoli in italiano. Al solito, quando uno scrittore così alto viene saccheggiato, o dal cinema o da altro, si perde in profondità lo spessore della sua scrittura. In ogni caso, uno spettacolo godibile. Da vedere Pessoa-Since I've been me di Robert Wilson regia, scene e luci Robert Wilson testi Ferdinando Pessoa drammaturgia Darryl Pinckney costumi Jacques Reynaud con Maria de Medeiros, Aline Belibi, Rodrigo Ferreira, Klaus Martini, Sofia Menci, Gianfranco Poddighe, Janaina Suaudea Commissionato e prodotto da Teatro della Pergola Firenze e Theatre de la Ville Parigi in coproduzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Bolzano, Sao Luiz Teatro Municipal de Lisboa, Festival d'Automne à Paris in collaborazione con Les Theatres de la Ville de Luxembourg Visto al Teatro della Pergola (Firenze), il 3 Maggio 2024 Prima mondiale
Foto di Lucie Jansch
LIBERA Il titolo della nostra nuova stagione è Libera. Viviamo in un mondo “alla rovescia” in cui è in atto un rovesciamento dei Valori, portato avanti cambiando il senso delle parole. “Pacifismo” oggi significa “vigliaccheria”, “Onestà” “ingenuità”, “Diversità” “pericolo sociale”, “Solidarietà” “mancanza di senso pratico”, “Bene pubblico” “interesse privato”, “Complessità” “posa da intellettuale”, “Cultura” “spocchia”, “Buona Educazione” “mancanza di carattere”, “Libertà” “capacità di spesa”. A teatro sappiamo quanto sono importanti le parole e, se ci rubano le parole, ci rubano anche i sentimenti corrispondenti. La nostra nuova stagione vuole dunque essere libera e insieme un invito a liberare la parte migliore di noi, a non avere paura di dichiararsi umani, ad avere il coraggio di accettare e confrontarsi con la complessità paralizzante del mondo di oggi, a schierarsi per i Valori contro la legge del più forte. La piccola comunità teatrale, forse perché fuori dai radar dei grandi mezzi di comunicazione di massa, è ancora un luogo in cui si esercita la libertà di essere umani. A teatro, grazie alle storie che ci vengono raccontate, noi ci mettiamo nei panni di qualcun altro, e quando ci mettiamo nei panni degli altri, quando ascoltiamo le loro parole e le loro storie e non li consideriamo più solo “dei numeri”, nasce in noi la comprensione, la solidarietà, la fratellanza. Andare a teatro, oggi più che mai, è un atto di civiltà. Di difesa delle parole e dei sentimenti che aprono e salvano. MASSIMILIANO CIVICA, Direttore Fondazione Teatro Metastasio

mercoledì 12 giugno 2024

LIBERI DI...TEATRO E CITTADINANZA di renzia.dinca Pontasserchio ( Pisa). Festeggiamenti il 19 Maggio al Teatro Rossini di Pontasserchio nei pressi di Pisa, per i 10 anni di attività del gruppo Liberi di... Teatro e cittadinanza, uno spazio di laboratorio teatrale per adulti condotto da Fabrizio Cassanelli e Letizia Pardi. I due trainer (anche coppia nella vita), provengono da una lunga carriera professionale: Cassanelli come attore, regista e educatore, Pardi da altrettanto lunga esperienza come attrice. La coppia è stata fra i fondatori del Teatro Politeama di Cascina (Pisa), poi Città del Teatro. Il Gruppo Liberi di è stata una loro ideazione artistica motivata oltre che dalle competenze, da una forte passione civile che ha corroborato tutta la produzione di spettacoli per il Teatro per adulti e per Ragazzi, in una prima fase con le regie di Alessandro Garzella, (ora alla direzione della Compagnia Animali Celesti) e in seguito con spettacoli che si sono avvalsi della scrittura drammaturgica di Donatella Diamanti, oggi nota sceneggiatrice per TV nazionali e ora per Netflix). I diritti civili quindi al centro della ricerca anche di questa nuova avventura, che è sfociata nell'allestimento della produzione frutto di laboratorio e scrittura collettiva: Terra d'amore e di rabbia. Negli anni passati le drammaturgie erano state affidate a Donatella Diamanti e agli allievi della sua scuola, l 'anno scorso allo scrittore pisano Pierantonio Pardi e nella stagione passata “le parole civili” oggetto della ricerca del laboratorio teatrale, sono state frutto di una elaborazione collettiva di testualità nate dalle improvvisazioni del gruppo. Teatro Rossini gremito per le due recite di Terra d'amore e di rabbia, sul palco i conduttori Fabrizio Cassanelli e Letizia Pardi ricordano con un breve messaggio celebrativo, la decennale esperienza molto positiva del gruppo Liberi di...,di cui alcuni membri storici fanno parte fin dalla fondazione mentre altri si sono avvicendati con delle new entry. Un gruppo affiatato di adulti provenienti da diverse formazioni e professioni, motivati a sperimentare i linguaggi del teatro, la condivisione giocosa dello spazio laboratorio (presso il Circolo ARCI di Campo -San Giuliano Terme), anni di “temi civili importanti per contribuire a leggere criticamente la realtà per attivare processi di cambiamento e promozione di una diversa coscienza di cittadinanza”. La performance, di circa un'ora, ha visto sul palco: Marco Bargiani, Giovanna Cantini, Donatella Carnasciali, Miriam Celoni, Ciro Cetara, Leila D'Angelo, Sara Fagni, Maria Letizia Giannessi, Roberto Lenzi, Francesca Mirri, Mauro Pezzini, Giovanna Piccione, Nadia Scarpellini

mercoledì 22 maggio 2024

Grazie a Massimiliano Civica per l'intelligenza, l'energia creativa, per le Stagioni teatrali del MET che abbiamo potuto godere Il Consiglio d'Amministrazione della Fondazione Teatro Metastasio, Teatro di Rilevante Interesse Culturale, ha deciso all’unanimità di rinnovare l’incarico di direttore a Massimiliano Civica per il triennio 2025-2027 Si avvicinano per la nostra Fondazione due date importanti: il prossimo dicembre si concluderà il triennio ministeriale teatrale 2022-2024 e, da gennaio, comincerà il nuovo triennio 2025-2027. Con la direzione di Massimiliano Civica il nostro Teatro ha ottenuto in questi ultimi tre anni risultati importanti: nella valutazione del Ministero della Cultura (MIC) il Teatro Metastasio è stato infatti inserito nel primo sottoinsieme (assieme al Teatro Franco Parenti e al Teatro dell'Elfo di Milano e al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia di Trieste) collocandosi così al 4° posto in Italia tra i Teatri di Rilevante Interesse Culturale. Un risultato mai raggiunto prima dalla nostra Fondazione e un motivo di orgoglio per Prato, che diviene la terza città italiana per importanza del suo teatro, e prima tra le città non capoluogo di Regione. Inoltre il MIC, per la qualità artistica e la sostenibilità economica del nostro progetto culturale, ci ha accordato nel 2023 un aumento del finanziamento ministeriale di circa 200 mila euro (+18%) rispetto al 2021. Per l’anno in corso, il MIC, nell’ambito del bando annuale dei Progetti Speciali, ha premiato il nostro progetto per la celebrazione dei nostri anniversari: 50 anni dall’apertura del Teatro Fabbricone e 60 anni dal restauro del Teatro Metastasio con un finanziamento di 60.000 euro. I bilanci del Teatro in questi anni si sono sempre chiusi in pareggio, confermando il posizionamento della nostra Fondazione tra gli Enti Culturali più virtuosi della nostra Regione per gestione finanziaria ed organizzativa. L’alto valore e la rilevanza sull’intero territorio italiano del nostro progetto culturale sono confermati anche dai premi che ci sono stati assegnati negli ultimi due anni: ben 11 premi nazionali, assegnati dai critici e dagli studiosi più importanti, tra cui il Premio Renato Niccolini assegnato al nostro direttore Massimiliano Civica con la motivazione “per una gestione virtuosa di un Teatro Pubblico”. Consapevole del suo ruolo pubblico il Teatro ha promosso numerose attività parallele alle stagioni teatrali, coinvolgendo in molteplici progetti una variegata comunità di cittadini civicamente consapevoli, utenti del teatro non solo come spettatori: la formazione di adolescenti del progetto “School of Met”, il percorso partecipativo sul progetto di rigenerazione urbana Il Fabbricone. Il teatro e la città, il laboratorio sulla toponomastica del progetto “Immagini di città”, l’articolato percorso intorno al tabù della mortalità del progetto “Da Vivi, Il miracolo della finitezza”. In considerazione dei risultati raggiunti e per assicurare continuità nella gestione delle attività della nostra Fondazione e consolidare il posizionamento di rilievo raggiunto sul piano nazionale, il Consiglio di Amministrazione ha deciso di rinnovare a Massimiliano Civica il mandato di direttore per i prossimi tre anni.

martedì 2 aprile 2024

Consorzio coreografi danza d'autore CON.COR.DA- Il Canto di Natale renzia.dinca Pisa. A Pisa nello spazio Corte Sanac sui Navicelli, una via di canali che un tempo collegavano Pisa e il porto di Livorno, la danzatrice e coreografa Flavia Bucciero, napoletana d'origine, ha creato negli anni Ottanta-Novanta a Pisa, una realtà nazionale e internazionale nota come Movimentoinactor Teatrodanza. Bucciero vanta un ricchissimo curriculum di esperienze di ideazione e produzione di spettacoli sia come danzatrice che come coreografa e insegnante di Danzamovimentoterapia e Teatrodanza a livello nazionale. La Compagnia Movimentoinactor è cofondatrice di CON.COR.D.A-Impresa Sociale, Consorzio Coreografi danza d'autore che raccoglie Compagnie nazionali , coreografi e danzatori, soggetto riconosciuto e sostenuto dal MiC nell’ambito del FNSV (Fondo nazionale dello spettacolo dal vivo) e dalla Regione Toscana come Residenza artistica. Fa parte di R.A.T Residenze Artistiche Toscane della regione Toscana attualmente coordinata da Renzo Boldrini, direttore artistico del Teatro Verdi di Santa Croce S/A Pisa e Giallo Mare Minimal Teatro e del Progetto Artisti nei territori La sua ultima produzione Il Canto di Natale, ispirato liberamente al notissimo racconto di Charles Dickens- è stata allestita presso lo spazio pisano del Teatro Nuovo curato dalla Compagnia Binario vivo diretta da Carlo Scorrano. La Sala, completamente piena di bambini e famiglie-eravamo proprio sul tema di Natale, è quella di un ex Cinema nei pressi di uno spazio intorno alla Stazione cittadina, dove negli ultimi anni, si sono verificate situazioni di degrado. Il lavoro, che è stato sostenuto per la produzione dal Ministero della Cultura e dal Comune di Napoli, come vincitore del bando “Attività di spettacolo dal vivo nelle periferie della città di Napoli” del 2022 per la Municipalità X è di grande godibilità per grandi e piccini. Giocato su una lungimirante contaminazione fra danza musica e parola, un mix vincente che è cifra significativa dei più recenti allestimenti della coreografa, il Canto si presenta in un caleidoscopico fragore in accelerato dove il dettato narrativo- l'avido Scrooge che odia il Natale perchè pensa solo ai soldi, si incontra in scena coi tre fantasmi del Passato Presente e Futuro per poi convertirsi al pentimento e al cambiamento, come da copione letterario. Il trattamento di un classico dei classici, come altri compiuti da Bucciero (vedi il recente Pinocchio ambientato sulle Mura restaurate ed aperte ai camminamenti pubblici di Pisa dentro al suo Progetto Festival NavigArte), dimostra una sua solidissima vocazione alla translitterazione di testi letterari alla rilettura per lo spazio scenico. sia adattati in spazi chiusi (teatri, spazi quali chiese da San Zeno Pisa con particolari vocazioni di ambientazione artistica nazionali), che in luoghi di bellezza naturale come il Parco Regionale di San Rossore (ex residenza del Presidente della Repubblica) dove di recente ha allestito la sua personalissima traduzione in open space dentro il Parco del Cantico dei Cantici nella traduzione di Guido Ceronetti, con musiche originali dal vivo scritte dal maestro Antonio F. Di Stefano, suo collaboratore storico Un clima elettrizzante quello che ci ha accolto nello spazio di Binario Vivo zona Stazione a Pisa: tante famiglie tanti bambini mentre le luci e la solita giostrina e anonimi spazi per pattinaggio con finta neve in piazza ci portavano all'ingresso dell'ex Cinema ora Teatro Nuovo. Dentro calore quello vero del Natale Il trattamento plastico dei personaggi del Canto è piaciuto molto ai bambini. Davvero brave le attrici-danzatrici fra cui Modafferi nella sua versione di attrice davvero convincente, come Scrooge in ruolo. E alla fine tutti hanno ballato, bambini e genitori, coinvolti dalle attrici e attori dalla platea della Compagnia Con.Cor.D.A/Movimentoinactor e ovunque negli spazi fra le poltrone del Teatro Nuovo. Anche questo è il ruolo del teatro. Fare Anima Regia e riduzione del Canto di Natale di Riccardo Monopoli Collaborazione alla regia e coreografia di Flavia Bucciero Danzatori e interpreti: Alice Covilli, Marco della Corte, Leila Ghiabbi, Federica Modafferi, Francesco Pelosini, Massimo Risi Disegno luci Riccardo Tonelli Foto Antonella Limotta Consorzio coreografi danza d'autore CON.COR.DA- Il Canto di Natale d Regia e riduzione del Canto di Natale di Riccardo Monopoli

sabato 23 marzo 2024

LIVIA GIONFRIDA per Franco Scaldati renzia.dinca Prato. Avevo seguito la parabola ascendente della giovane regista e attrice Livia Gionfrida fin dai suoi spettacoli coi detenuti-attori del carcere la Dogaia di Prato ( dove lavora di 15 anni con la sua Compagnia Teatro Metropopolare). Ricordo uno strepitoso allestimento di Otello dove l'energia in scena era palpabile come le sinergie fra gli attori-detenuti e gli attori professionisti. Le ventennali esperienze di visione di spettacoli in carcere (da Punzo a Pedullà) mi avevano segnalato che l'intercettazione con questa artista siciliana trapiantata a Prato, aveva la peculiarità di dissezionare un talento e una sensibilità per il Teatro Civile, il Teatro sociale (o Teatro d'Arte sociale secondo la definizione di Andrea Porcheddu), che avrebbe dato i suoi frutti. Certo, in brevissimo tempo, Gionfrida ha superato se stessa fino a vincere il Premio ANCT (Associazione Nazionale Critici teatrali) e il Premio Radicondoli dedicato al maestro della critica Nico Garrone. E ancora il Premio UBU per l'Inedito Franco Scaldati. Con Si illumina la notte, infatti, in prima nazionale dentro la cornice storica del Teatro Metastasio di Prato la stella di Gionfrida si è accesa di una luce speciale. Quella dell'incontro con Franco Scaldati, siciliano di Palermo come la regista, in una rivisitazione di un lavoro del drammaturgo da sempre vicino ai temi della marginalità: La Tempesta di Shakespeare. Questa riscrittura della regista mette in scena un paesaggio post guerra atomica (quanto è vicino all'attualità di guerre conflitti che avevano fatto dire al Papa Francesco non tanti mesi or sono: qui siamo alla terza guerra mondiale!). Lo studio per la realizzazione di quella Tempesta, risale al 2020. proprio i tempi e non metaforici della peste, dello tsunami insomma del Covid, in cui tutti indistintamente come essere umani, dovevamo inventarci una “ ragione di più per vivere, per volersi bene e... per dimenticare” ( testi Ornella Vanoni, dei nostri genitori-nonni, con Strehler con Giulia Lazzerini- Ariel ). E quindi la rigenerazione è possibile, plausibile. Ce lo dice con gioiosità leggera innocente l'Ariel- forse alter ego di Gionfrida, che cuce le scene del post atomico fra palco e platea, incoraggiando il poeta stanco, forse barbone (chi è ? forse il poeta di Mazara nelle vesti del fisico Majorana del gruppo Fermi romano, non più collaborazionista della Bomba a tirarsi su a collaborare per la rinascita). Perchè rinascono i morti i vivi le piante gli animali anche nel disastro climatico. Ariel c'è. E' nell'aria. Mette in-sieme, seduce, affabula. Come i bambini. E dove c'è: è speranza. Il lavoro è stato accompagnato nel suo svolgersi da Melino Imparato (già braccio destro di Franco Scaldati, attore in scena in un intreccio di visionarietà poetica rispetto ai sopravvissuti.Il linguaggio è un mix di siciliano italiano e napoletano mentre ci sono echi di Eduardo anche nella meta-testualità metafisica e tanto corrosiva fino a ribaltare gli spazi del borghese Teatro di Prato. Immagini davvero belle quelle scenografiche del gioco delle corde sul palco. Un lavoro apparentemente leggero. Quanto può essere profonda certa apparente leggerezza sulle corde dell'altalena di Ariel dove lo Spirito dell'Aria dondolava in regie milanesi per confrontarsi con la Poesie e il Pensiero.per volare sull'Infinito Visto a Prato Teatro Metastasio Teatro Metropopolare PRIMA NAZIONALE
Produzione Teatro Metastasio con sostegno di Armunia il 25 febbraio 2024 Regia Livia Gionfrida Drammaturgia inedita in omaggio a Franco Scaldati con Melino Imparato, Manuela Ventura, Daniele Savarino, Naike Anna Silipo, Rita Abela, Giuseppe Innocente Foto di Augusto Biagini

mercoledì 20 marzo 2024

Una mia poesia di nuovo su Italian Poetry della Columbia University New York poesie Sulla Guerra dedicata ad un artista pisano nel 2023 ( e con lui agli Artisti in perenne ricerca e fratellanza nella buona e cattiva sorte che ci accomuna come artisti in viaggio) Cinema Arsenale Pisa per Delio ora su Rivista internazionale universitaria I.P.

venerdì 15 marzo 2024

IL CORPO IN TESTA di ALESSANDRO GARZELLA CUEPRESS 2022- Prefazione ANDREA PORCHEDDU Il viaggio artistico di Animali Celesti teatro d'arte civile nelle periferie sociali del disagio e delle marginalità. Con questo sottotitolo si apre il volume scritto dal regista e attore Alessandro Garzella figura storica del Teatro Nazionale ( dal 1970 ha seminato progetti nella Toscana iniziando dal Teatro Ragazzi per poi dirigere per venti La città del Teatro di Cascina presso Pisa, secondo polo regionale di teatro per le nuove generazioni). segue recensione

martedì 5 marzo 2024

PAOLA LUCARINI POGGI In ricordo di Renzia D'Incà Ho conosciuto Paola grazie ad una sua poesia dall'incipit: Acqua oscura/ un raggio sulla superficie mi aiuterebbe... eravamo negli anni Ottanta. Mi fu recapitata da un professore di Pisa quando ero matricola all'Università in omaggio, forse-ad una mia precoce vocazione alla letteratura. La imparai a memoria. Poi, quando ebbi modo di conoscerla in un Salotto fiorentino, dove da Pisa, la mia anch'essa precoce iniziazione al giornalismo culturale mi aveva portata, davanti a lei- luminosa incorniciata da un mantello di volpe bianca, le sgranai sillabando i suoi stessi versi uno ad uno - la scrissi quando ero molto giovane molto giovane, commentò. Cominciò così l'assidua frequentazione fra di noi, una conversazione fatta di letture, ascolti in presenza fra Pisa e Firenze e il Castello di Compiano, dove ci incontravamo con altri amici di percorso intellettuale, per il Premio del PEN Club Internazionale con i soci nazionali ed internazionali PEN. Paola mi ha introdotto attraverso la sua poesia e alla sua poetica, alla Poesia e al mondo letterario nazionale, come medium: la congerie fiorentina della sua Associazione Sguardo e Sogno che per oltre venti anni ha animato e ospitato poeti e scrittori da tutta Italia e non solo. Mi ha insegnato in scrittura e nella vita, la cura della Parola, il senso fraterno della comunità poetica, la sorellanza di vissuti in armonia del cuore, dell'amicizia oltre ogni barriera di culture diverse nello spazio tempo L'ultimo suo messaggio a me, che spesso ora vivo in territori a lei cari, suggeriti da temi per me montaliani (Notizie dall' Amiata, per lei Santa Caterina da Siena Monte Giovi) e luziani, dove Luzi aveva casa (Pienza, le crette senesi, la Val d' Orcia) è di un mese fa. e come una benedizione celeste e terrestre (cit). E felice, ne sono sicura, di sentirmi, mi ha lasciato il suo testamento vocale: Renzia: fai una buona estate. Un saluto a Paola e il suo sposo Giovanni, compagno di arte e di avventure artistiche e spirituali

giovedì 5 ottobre 2023

LA GINESTRA: un superbo Mario Biagini renzia.dinca Firenze. Prova attoriale insolita e coraggiosa della Canzone La Ginestra . Il Fiore del deserto di Giacomo Leopardi, da parte di un attore come Mario Biagini, anche regista e pedagogo già allievo di Jerzi Grotowki al Centro Studi di Pontedera (1986-1999) e in seguito con Thomas Richards, erede del pensiero del genio polacco al Centro Studi Grotowski, purtroppo chiuso dal 2022. Abbiamo visto, in case private-Casa Argelli-Taliani, dove Chiara Argelli vive dopo essersi formata come attrice all'Accademia Silvio D'Amico, ora titolare della Libreria Roma a Pontedera, uno spettacolo curato da Biagini-Richards. L'ideazione artistica denominata: Open Program, era una fioritura di esperienze con giovani artisti internazionali in cui la scuola del Corpo-Voce grotowskiana ha avuto nella storia della formazione di artisti in ospitalità usciti dal quel parterre di disciplina ferrea e lucidissima, una straordinaria passione e fioritura di talenti. Open Program si è trasformato in lavoro internazionale sul canto e sulle tradizioni etniche delle e sulle parole del corpo-voci internazionali. Mario Biagini ha chiuso quella esperienza per poi fondare lo scorso anno, con altri artisti, l'Accademia dell'Incompiuto. Interprete in a solo (con collaborazione di Felicita Marcelli) del Canto La Ginestra di Giacomo Leopardi, da tempo sviluppata in spazi di Teatri nazionali ed a Settembre ospite dell'Accademia della Crusca nella Villa Medicea sede della Crusca a Sesto Fiorentino, a Biagini compie una lettura dei passi de La Ginestra in due passaggi. Nel primo attraversa una lettura che raccoglie numerosa trattatistica di critica letteraria che ha indagato e indaga sui passi del Canto ( ultima fatica di Leopardi nel 1836, in seguito pubblicata da Ranieri, suo ospite napoletano, quando in città scoppiava epidemia di colera), a commento, mentre nella seconda parte della performance l'attore recita a memoria l'intera Canzone in una escalation di forte immedesimazione col testo che commuove e ne esalta l'attualità. Infatti Biagini dichiara che la lettura e lo studio sulla Ginestra, sono scaturiti dai lunghi periodi che ci ha costretto e solo pochi anni fa il lock down da Covid. Biagini ha rispettato una tradizione di interpretazione attoriale di poesia ( rari esempi in Italia : Carmelo Bene e Leo de Bernardinis, alcune attrici su Merini). Un sublime dettato, davanti a una platea attenta e con tanti giovani studiosi di somma Letteratura italiana . A seguire una Conversazione fra l'attore con gli accademici: Vittorio Coletti, Claudio Giovanardi ed Enrico Testa, con Paolo D'Achille, direttore dell'Accademia sul linguaggio della Ginestra Visto all’Accademia della Crusca Sesto fiorentino l’11 settembre 2023

lunedì 28 agosto 2023

LARI FESTIVAL DEL SUONO. IL SUONO E' VITA IL RUMORE LA UCCIDE Non dobbiamo isolarci dal rumore, dobbiamo eliminarlo renzia.dinca Lari – Santa Luce (Pisa). Il Festival Collinarea, giunto alla 25esima edizione ( 11-29 Luglio) nella cornice medievale delle colline del Borgo di Lari, ha proposto un parterre di efficaci proposte su un tema alquanto attuale quanto forse poco ancora esplorato: l'inquinamento acustico, con una serie di incontri a cura di scienziati e ricercatori ospiti del Festival. Molto nutrito il carnet delle proposte. Oggetto degli incontri avvenuti presso il Teatro comunale di Lari per la Sezione Suono con concerti e lezioni e performance, Per la Sezione Multidisciplinare danza con due prime nazionali: IntimInnesti in Lea-un'altra giornata emozionante, Barbiero Buscarini D'Angelo in Cavalli e Sartoria Caronte in Lucy Rox Cabaret Evento clou come del resto lo scorso anno fu con Butterfly di Giacomo Puccini, in Prima nazionale: Turandot-Ombra della luce, rivisitazione dell'omonima opera di Puccini in chiave contemporanea. Un lavoro di gruppo, un'opera di rara complessità che ha coinvolto competenze multiple e poliedriche in una sfida che nasce dalla ideazione dei due direttori artistici di Collinarea: Loris Seghizzi e Mirco Mencacci. Le maestranze entrate nel progetto che ha visto una contaminazione coraggiosa fra i generi di lirica, musica pop sperimentale, teatro, video, suono e danza hanno animato tre spazi del Borgo dove in simultaneità-il pubblico ha potuto assistere sia rimanendo nella stessa platea sia spostandosi fra i tre spazi utilizzati per le performance (Orchestra del Teatro Goldoni di Livorno diretto dal Maestro Mario Menicagli con una banda rock di sei elementi, un coro teatrale di 25 persone, il coro CLT Coro Lirico Toscano di 40 elementi e 11 attori. Tutta questa straordinaria complessità per tradurre la Turandot di Puccini coordinata dalla regia di Studio SAM diretta da Nicol Lopez Bruchi, Marco Ribecai e Mirco Mencacci. In questo scenario naturale-artificiale del Borgo di Lari, l'edizione di Turandot, si è fusa e con-fusa con le più belle canzoni di Franco Battiato ( di fatto l'esperimento era tale fin dal titolo Turandot-Ombra della luce)

domenica 15 gennaio 2023

ECUBA, LA CAGNA NERA da Le Troiane di Euripide di renzia.dinca Buti (Pisa). Maestosa. Dominante. Macabra e sublime Giovanna Daddi in monologo, in questa prova d'attrice dura e insieme celestiale nella sua incarnazione di sposa, madre, sorella, figlia vittima sacrificale (una Antigone per analogia-contrapposizione, ma solo anagrafica), delle guerre che icasticamente entrano sulla scena spoglia del mondo archetipico che va dalla classicità greca alla più attuale contemporaneità. Aggrappandosi al testo di Euripide in qualità e personificazione di Ecuba e liberamente tratta dalla tragedia Le Troiane, per l'adattamento drammaturgico e la regia di Dario Marconcini, a testimoniare con la propria fisicità solenne di nata femmina, e/e ma anche Regina, il dolore della perdita, il lutto, la disperazione che le guerre d'ogni tempo d'ogni cittadinanza guerre come tabu (Alberto Moravia così le aveva immaginate: esempio di profezia che non si autoavvera), segnano la micro e la macro storia di ogni popolo stato religione sulla faccia della Terra dove il dominio della ferocia dell'homo hominis lupus mai si accontenta e ancora, di fagocitare lutti e dolore e sangue. Dopo quasi un anno di guerra intestina di cui sentiamo l'eco delle bombe sui civili in Ucraina e in Donbass (come sentivamo a Trieste la stessa eco nella martoriata allora Jugoslavia), è ancora tempo di gridare lo strazio e la pena delle vittime. Cosi lo esplicitano facendosene carico idealmente e in scena la coppia Giovanna Daddi e Dario Marconcini in un pas a deux così rituale così brechtiano (secondo lo stile consono allo spazio, alla storia, ai protagonisti maestri di Teatro che provengono a loro volta dai maestri di Pontedera: Grotoski, il Teatro Povero, Brecht), cosi costruito addosso ad una Ecuba dolente che piange la sua casata, i figli e che sta per essere “deportata” come schiava come da testo euripideo per trasformarsi in cagna, cagna nera e consegnarsi nel distacco in mare prigioniera dei nemici vittoriosi a Ecate. Ecuba, figura mitologica e come l'archetipo che ci arriva dalla nostra stirpe mediterranea, donna fiera, consapevole ma composta davanti alla salma del figlio bambino ucciso dalla guerra. Cosi ci si presenta nello spazio Sala Di Bartolo ( in questo momento il Teatro di Buti è chiuso per restauri). Come non pensare ai bambini restituiti dai nostri mari del Sud alle madri o ai soccorritori di Lampedusa, come non lavare le immagini dei telegiornali sulle madri ucraine, (e anche russe, nel Donbass parlano la stessa lingua), che seppelliscono i propri figli in guerre incomprensibili, ideologie guerresche malate, come le follie psichiatriche di chi detiene il pulsante rosso del Potere in Africa come in Asia come in Vietnam come: ai confini della “nostra” Europa. Nello spazio dove si erge, respiriamo il monologo di Ecuba: lei sola in scena. Asciutta, regale nella sua disperazione di identità femminile e negata. Vestita a nero lutto piedi nudi vecchia sola regina senza più regno né vestigia, con alle sue spalle una città devastata in una foto- proiezione in bianco e nero. Nel climax, quando sembra non possa accadere davvero più nulla alla “ Cagna” , vittima-carnefice del suo destino famigliare, compare in un tripudio di fogli gettati sul palco: Dario Marconcini che, in un gesto situazionistico fulmineo, inaspettato entra in scena ed esclama ex abrupto, quasi deus ex machina: non deve piu succedere tutto questo. Siamo di fronte ad un alto Teatro. Una risposta subline e forte di Poesia in scena. E come non sarebbe potuto esserlo in una produzione de
lTeatro di Buti? Ecuba, la cagna nera da Le Troiane di Euripide con Giovanna Daddi drammaturgia e regia Dario Marconcini scene e luci Riccardo Gargiulo e Maria Cristina Fresia musica da Le sacre du printemps Stravinskij Produzione Associazione Teatro Buti Visto a Buti ( Pisa), il 7 dicembre 2022

sabato 1 gennaio 2022

renzia.dinca Il più bel Cantico fra i cantici (il Cantico nella traduzione di Guido Ceronetti), è il nuovo studio creato dalla coreografa Flavia Bucciero. Una produzione del Consorzio Coreografi Danza d’Autore della rete delle residenze artistiche Toscane e Movimentoinactor_Teatrodanza. Nello spazio pisano Teatri di Danza e delle Arti dove ha sede la Compagnia diretta dalla coreografa di origine napoletana, abbiamo assistito ad un assaggio, il cuore germinativo, di un progetto di teatro-danza performativo con tre danzatori e interpreti Luca Di Natale, Pauline Manfredi e Federica Modafferi con musiche dal vivo di Antonio Ferdinando Di Stefano. I temi della narrazione creativa per corpo e voce sviluppati magistralmente fin da questa prima prova aperta al pubblico (come da consuetudine nello spazio della Compagnia), corrispondono in maniera esemplare alla trascrizione del Cantico secondo la traduzione di Ceronetti, scrittore, critico e intellettuale fra i più prolifici e insieme appartati della sua generazione. Un primo nucleo tematico è quello degli Amanti, del desiderio del sesso delle nozze della passione carnale. Lei (Federica Modafferi) è Sorella e Sposa (Madre). Tramanda al femminile l'amore romantico. Lui è pastore e guerriero- Lui (Luca Di Natale), la cerca ma è anche e insieme l'Assente. Lo spazio tempo in cui si inserisce lo storytelling della coppia è quello della Natura e della ricerca dell'altro da sé. Preponderanti gli elementi fisici sia come presenze animali sia come erbe e piante, una sorta di Giardino dell'Eden prima del peccato. Una ridda di analogie, comparazioni, figure retoriche si susseguono: Lei è colomba lui gazzella o cerbiatto. Lo sfondo dell'idillio amoroso sono le montagne le colline. Essenze di profumi mirra e incenso l'ambientazione è quella del Libano, il Libano come zona “altra” con tutti gli elementi letterari dell'esotismo. La promessa sposa viene da terre altre ( cit.Tu sei l'oasi sprangata Sorella mia e sposa sorgente turata fonte sigillata I tuoi scoli sono un Giardino paradisiaco di melograni) Elemento di sintagma fra i due è una sorta di Coro che nella scrittura poetica si rappresenta in forme di ripetizioni come ritornelli ( cit.-Alzati! (lui)-Non risvegliate il mio amore se non vuole-O figlie di Jerusalem- coro per le nozze-l'incontro) Il secondo fulcro tematico del Cantico rimane tuttavia quello dell'Assenza ossia del distanziamento fra due Amanti. Lei cerca Lui vagando per la città perchè: la mandragora manda odore (citazione essenziale per il nuovo lavoro di Flavia Bucciero a distanza di circa vent'anni anni dal precedente, uno dei molti allestimenti curati dalla danzatrice e regista, che si ispirava proprio al Cantico). Troviamo qui gli elementi magici dell'esoterismo e del dionisiaco. La mandragora è pianta velenosa collegata a rituali del sesso, dell'afrodisiaco. Sono rituali ancora oggi legati al piano della stregoneria per gli effetti narcotici (senza scomodare Machiavelli che ne ha scritto una commedia), noti in tutta la zona del Mediterraneo, del Nord Africa e Medio Oriente, costituiti da riti magici e filtri amorosi per riavvicinare l'amato (cit. L'amore è duro come la morte. Il desiderio è spietato come il sepolcro) Un altro dei temi ricorrenti del Cantico quello di amore e morte, una ulteriore pista di sviluppo sulla riflessione di un tema caro al Romanticismo da Shakespeare a Goethe Un terzo e ultimo passaggio tematico del Cantico, una sorta di ritorno ad anello del tema del Corteggiamento: come una danza della Primavera ( tema caro alla coreografa che ne ha sviluppato un suo potente lavoro tratto da Stravinski), narra del risveglio della Natura che sempre si rinnova con la stagione ( all'insegna di: cit alzati mia bella) E qui entra in scena il corpo della Primavera botticelliana (Pauline Manfredi…) in una danza stavolta pura, non segnata da canti o commenti in versi se non quelli commentati musicalmente dal maestro Di Stefano al piano, al flauto alle percussioni in un trionfo di fisicità sonora. L'ultima sezione del primo studio Il piu bel Cantico fra i Cantici, termina con l'avvento del principio della primavera: i fiori della vigna (torna il dionisiaco) il fico, la tortora, la melagrana in un simbolismo classico. Torna quindi l'Amato (cit. oh amato mio che fuggicome la gazzella o il cerbiatto appari sulle alture odorose), in una danza dionisiaca con azioni quasi d'impronta orientale derviscia Attendiamo quindi gli sviluppi artistici di questo primo esperimento che ha già dato buoni risultati creativi come confermato anche dal successo decretato dal pubblico nella discussione seguita alla visione dello spettacolo. Numerosi sono i riferimenti alla attualità di questi due anni di Covid che hanno lasciato il segno nelle relazioni umane per la mancanza di contatto fisico dovuto al distanziamento imposto dal lockdown. In scena questa dinamica è stata sviluppata attraverso una modalità di azione in cui i due danzatori recitavano e insieme danzavano posti su due pedane distanti tra loro e monologanti. Questa atmosfera di distanza è stata sottolineata anche dagli elementi scenografici di Delio Gennai e dalle luci curate da Riccardo Tonelli Visto a Pisa il 18 dicembre 2021

domenica 28 novembre 2021

Pinter e Latini al Francesco di Bartolo renzia.dinca Buti (Pisa). Finalmente riaperto lo scrigno del Teatro Francesco di Bartolo a Buti sotto la direzione di Dario Marconcini in quella da lui definita in una laconica nota di direzione artistica: “stagione breve” una programmazione felice anche se di poche date con artisti di punta del panorama nazionale fra ottobre e dicembre. Una stagione che soffre della chiusura a livello delle sale di teatri e concerti dal marzo 2020 causa Covid. Un azzardo, dunque. Un azzardo sulle impossibili possibilità che ancora l'ideazione artistica con pochi mezzi economici ( ma questa è altra storia), può regalare a un pubblico finalmente in sala, anche e se ancora con estrema prudenza di fruizione negli spazi e nei contatti. E cosi Daddi-Marconcini hanno di nuovo ripresentato Pinter in Paesaggio. L'ultimo Pinter della coppia che in repertorio ha l'Autore nelle sue memory plays era: Voci di famiglia(2015 con Carucci Viterbi in scena). Il lavoro spiazza immediatamente lo spettatore: l'Uomo ( Marconcini) , la Donna ( Daddi) sono seduti in palco dando le spalle alla platea. E questo stato durerà per la gran parte della piece. Ciascuno racconta come in flusso di coscienza, memorie di vita. Lui di gite col cane verso un laghetto, lei di un amore sempre vissuto dentro uno iato fra conscio e inconscio su uno spazio marino. Lo spazio comune della coppia che ci parla quasi in forma confessionale, è una casa borghese con libri e divani in stile british floreale da dove si affacciano nella loro affabulazione non dialettica su un giardino quasi onirico. La coppia pur di spalle, rivela subito una anagrafe avanzata-in proscenio un foliage di foglie secche di alberi d'autunno tipico di questa stagione. La fascinazione della non dialettica fra i due soggetti della coppia svela e rivela la contiguità di spazi e corpi e insieme la discrepanza dei vissuti interiori o forse e solo delle memorie che sopravvivono alle vite anche comuni di un marito e moglie in solitudine di coppia. Poi lo sguardo d'emblée cambia: i due monologanti girano la sedia e si rivolgono al pubblico. Sorge domanda: siamo quindi e davvero ritornati ancora a Teatro dal vivo? In uno spazio pubblico dove l'attore lascia la propria dimensione privata in cui si è richiuso in cui anche il pubblico si è rinchiuso per due Stagioni di fila per finalmente poter far circuitare l'energia unica e irripetibile di un uno spattacolo dal vivo? Con uno sberleffo finale Dario Marconcini rivolta Pinter piegando il finale alla Commedia dell'arte. Un guizzo inaspettato, ironico e spiazzante. è Capitan Spavento. E la sua Compagna Giovanna Daddi si trasforma nella Morte. In questa stessa Stagione del Teatro di Buti un Roberto Latini in una versione ( dopo quella vista a Prato della Prima di Metastasio di Armata Brancaleone) di Hamlet Machine di Muller). Ne scriveremo a breve PRIMA ASSOLUTA Visto a Buti Teatro Francesco di Bartolo, il 7 novembre 2021

martedì 5 ottobre 2021

IL GIOCO DEL SINTOMO: UNA ESPERIENZA DI TEATRO E DISAGIO MENTALE Una scommessa vincente fra l'ASL Nord Ovest Toscana e il regista Alessandro Garzella Renzia D'Incà ...prendersi cura è un'azione violenta bisogna armarsi di un amore pieno di collera ( Alessandro Garzella) Il volume:I l Gioco del Sintomo narra del lavoro congiunto ideato da Alessandro Garzella regista e allora direttore artistico de La Città del Teatro di Cascina (Pisa), secondo Polo regionale toscano di Teatro per le Nuove generazioni, con la psichiatra Consiglia Di Nunzio. Di Nunzio è stata Dirigente sanitario di Psichiatria ASL 5 di Pisa, coordinatrice delle attività riabilitative e responsabile delle strutture residenziali psichiatriche della stessa Azienda Sanitaria locale. L'esperienza, tuttora in corso con l'ASL Nord Ovest Toscana, è stata da me seguita per molti mesi con cadenza bisettimanale dall' anno 2000, in qualità di studiosa e critico teatrale, si è svolta fra la sede del Servizio territoriale e il Teatro di Cascina a San Frediano a Settimo (Pisa), su un'esperienza laboratoriale di teatro e disagio mentale. Quell'esperienza pilota, nata per scommessa (parole della dottoressa Di Nunzio), sulla scia della riforma Basaglia che avviava alcuni pazienti psichiatrici all'esperienza del teatro, si è trasformata in un processo di lavoro che da “scommessa” si è aperto a prospettive inimmaginabili. Dall'osservazione dei laboratori tenuti da operatori teatrali in collaborazione con il CIM sono stati pubblicati due volumi: Il Gioco del Sintomo-crudeltà e poesia teatro e disagio mentale (2002) e anni dopo Il Teatro del dolore-gioco del sintomo e visionarietà (2011), una ristampa del primo volume con prefazione di Giuliano Scabia arricchito di aggiornamenti di ordine scientifico-didattico in un ambito di studio e riflessione con contributi di Dario Capone, attuale didatta e direttore didattico dell'Istituto di Psicoterapia relazionale (IPR) e di operatori socio sanitari. Il libro è ad oggi materia di studio presso l'Università di Pisa alla Facoltà di Medicina nel corso di Laurea per tecnici di Riabilitazione psichiatrica. A tutt'oggi in piena crisi mondiale pandemica, sono in corso laboratori guidati dal regista Alessandro Garzella in virtù dell'articolo 3 del DPCM del Marzo 2021. Sollecitata a raccontare di questa esperienza come contributo al nuovo numero di DROMO, mi sono interrogata sulla attualità e sulla urgenza di ancora e ancora seguire percorsi che erano stati segnati dalla rivoluzione attuata da Franco Basaglia a Gorizia e poi a Trieste con Marco Cavallo e gli artisti che hanno accompagnato quella straordinaria stagione. Sono arrivata alla conclusione che quella di Basaglia non è stata una rivoluzione mancata, e nemmeno una rivoluzione adesso “stanca”, come suggerisce il titolo provocatorio di questo numero della rivista. Sostengo che ad essere stanca è la società italiana e occidentale in generale, quella europea di fatto, e per ragioni socio-politiche croniche (ora aggravate e slatentizzate da esplosioni impensabili socio-sanitarie mondiali). E' la società ancora, come negli anni Sessanta e Settanta, ad essere malata forse e anche più di allora, nei tempi della rivoluzione mancata(?) basagliana: Abbiamo l'orgoglio di stare con gli ultimi cerchiamo di ascoltare i bisogni, l'essenza di ciò che siamo, la natura dei nostri istinti irrazionali, cerchiamo di ribellarci a certe regole sociali, a volte riusciamo a smascherare la falsità di un benessere sempre più indifferente e vuoto abbiamo messo la marginalità al centro della nostra ricerca artistica, con quell'amorevole crudeltà che fa dell'arte un luogo di contagio, dove il grave è lieve e l'indicibile talvolta può essere vissuto e detto, includendo ciò che l'ipocrisia sociale ritiene sconveniente e osceno (Alessandro Garzella). Quanto riportato sopra è il Manifesto del lavoro che Alessandro Garzella ha ideato e messo in piedi creando la sua Compagnia Animali Celesti-teatro d'arte civile: un gruppo di artisti, utenti psichiatrici e persone interessate a valorizzare l'espressione delle diversità. Animali celesti è una Compagnia nata per sperimentare il rapporto fra teatro e follia attuando la metodologia del Gioco del sintomo in ambito artistico e relazionale. L'opera Il Sigillo, installazione performativa di teatro, danza, musica e video arte ideata dal regista con il collega Satyamo Hernandez nell'ambito della Festa della cittadinanza universale prodotta in collaborazione con AEDO, Cantiere delle Differenze per il Comune di Viareggio, ha ottenuto la menzione speciale del Premio MigrArti2018 dove, alla fine dello spettacolo, viene distribuito agli spettatori un passaporto di apolide multiculturale. Spiegare in cosa consiste la tecnica teatrale del Gioco del sintomo è affare complesso perchè andrebbe vissuta dentro il corpo e la relazione di uno spazio teatrale con altri utenti. Nel mio libro ho provato a sintetizzarlo in uno schema consistente in tre figure; il Conduttore, il Paziente e la Relazione che si celebra. Il Conduttore opera l'Individuazione del sintomo, assume su di sé la maschera del Paziente, la porta al parossismo. La Relazione si incentra in forma di rappresentazione del sintomo portato dal Paziente in modalità caricaturale-parodistica. Il Paziente risponde con Rispecchiamento, spiazzamento per riconoscimento del proprio sintomo e con tentativo di simbolizzazione. Ho assistito a numerose altre esperienze di Teatro sociale nel nostro Paese. E sempre sulla scia della stagione esperenziale e culturale di Giuliano Scabia. In particolare il lavoro di Vito Minoia presso Università di Urbino che in Convegni internazionali ha portato pratiche teatrali coi malati mentali e con handicap fisici, esperienze di tutto rispetto nell'ambito del Teatro delle diversità (vedi rivista Catarsi-Teatri delle diversità). Vorrei altresì segnalare numerose altre esperienze a cui ho partecipato in veste di giornalista teatrale in diversi Convegni e rassegne, anche ben segnalate e descritte dal collega Andrea Porcheddu in Cosa c'è da guardare- La critica di fronte al teatro sociale d'arte. Fra le svariate cito Lenz Rifrazioni di Parma, Il Teatro dell'Ortica di Genova, il lavoro di Antonio Viganò, Isole Comprese Teatro di Firenze. Abbiamo rivolto alcune domande ad Alessandro Garzella per capire a dieci anni di distanza dall'uscita del saggio Il Teatro del dolore cosa sia cambiato rispetto alla ventennale esperienza descritta: Rispetto a dieci anni fa, le sembra che siano cambiate le tipologie di pazientirispetto agli storici delle precedenti esperienze in carico ai servizi ( anni Novanta), di invio dalle Istituzioni psichiatriche verso le cure di arte-terapia e in particolare al Teatro in quanto a patologie, comportamenti, relazioni con conduttori teatrali e con gli operatori sia teatrali che dei servizi? Rispetto a 10 anni fa il gruppo si è auto selezionato, anche a causa di un minor apporto logistico organizzativo da parte dei servizi; nell’ultimo periodo, per reazione al Covid ed alle conseguenti ricadute degli utenti derivanti dal maggior isolamento sociale, i nostri servizi hanno invece investito maggior interesse rispetto al progetto laboratoriale contribuendo fortemente a motivare il gruppo che oggi, sia nella dimensione del laboratorio ristretto, sia nella dimensione del laboratorio allargato a tutti i componenti della compagnia, manifesta una partecipazione attiva e creativa particolarmente intensa; la tipologia della nostra utenza non è mutata anche se i servizi non hanno ancora immesso nuovi utenti (avverrà da settembre) che pare siano portatori di dinamiche comportamentali e patologie diverse (ludopatia, disaffezione) rispetto a quelle sperimentate finora (psicosi, schizofrenia, disturbi del comportamento borderline). Rispetto a dieci anni fa, le sembra che stia cambiando o sia cambiato il rapporto fra pazienti / famiglie e società civile sul tema dello STIGMA della malattia mentale? Si tratta e ancora di un tabù o la questione rispetto agli anni Novanta-Duemila rappresenta ancora un sensibile tema di discriminazione sociale su cui lavorare sul piano etico-politico? Nella sostanza è cambiato poco anche se la maggiore apertura e pratiche mediatiche anche discutibili rispetto alla spettacolarizzazione dello stigma hanno reso meno distante la follia sanitaria dalla follia civile che governa gli Stati e la morale standard; ciò che non è cambiato nello stigma è la pratica della separazione dal sociale, attuata anche attraverso interventi ipocritamente solidaristici che, in realtà, determinano una ghettizzazione culturale delle persone che presentano stili di vita, idee, comportamenti fuori dagli schemi culturali dominanti. Il Teatro come terapia ha ancora una valenza terapeutica? Il teatro è arte, gratuita e inutile come deve essere; una sensibilizzazione artistica del corpo, dell’espressione, è di per sé terapeutica, così come terapeutico è l’incontro con un amico affettuoso e intelligente o un buon cibo, una serata di festa; la differenza dell’arte scenica è la pratica di teurgia (rapporto con un divino del tutto laico o pagano) che l’artista sperimenta ogni volta che si mette in gioco in quanto corpo anima trasfigurante; l’intensità di questo gioco induce due possibili processi di cura: l’arte che cura e cura sé stessa attraverso la frequentazione della malattia; l’altrove del teatro come spazio di ricerca e di contagio reciprocamente sano. È stato superato il paradigma basagliano e adesso la Rivoluzione è solo stanca dal punto di vista della cura? La Rivoluzione è stanca oppure proprio in questa fase di trasformazione antropologica mondiale ( anche legata al Covid) bisogna ripensare le categorie di cura della “ follia” e di “arte” come cura delle Persone? Entrambe le cose sono in divenire: per un verso la privatizzazione della sanità pubblica ha arrestato il compimento del processo di liberazione della follia, riducendo i livelli di inclusione e limitando la così detta riabilitazione a piccoli garage di conservazione se non cristallizzazione delle patologie (senza incentivare progetti di ricerca innovativi poiché contrastanti con l’egemonia dei protocolli e della farmacologia); in questo la rivoluzione non è stanca, è imprigionata dalla politica e dalla prassi della burocrazia sanitaria; per l’altro verso la crisi sociale è così esplosiva da determinare processi in cui si formano piccole comunità in cui il diritto di cittadinanza della parte sana della follia è sempre più sentito come bisogno individuale e sociale; in quale direzione evolverà questo scontro non so dirlo: dipende molto dalla capacità di integrare processi di settori attualmente troppo separati tra loro per determinare una forza d’urto capace di incidere sui rapporti di forza e sulle dinamiche esistenziali della società. Bibliografia: Il teatro del dolore di Renzia D'Incà -Edizioni Titivillus Teatro Stalla: Animali Uomini e dei a cura di Andrea Porcheddu- Edizioni Moretti e Vitali Che c'è da guardare?-La critica di fronte al teatro sociale d'arte Andrea Porcheddu -CUE PRESS A.Di Benedetto, Prima della parola. L'ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell'arte-Edizioni Franco Angeli
MADDALENA CRIPPA apre la Stagione La fiamma del Teatro non si spegne mai del Teatro di Rifredi renzia.dinca Firenze. Con Il corpo più bello che si sia mai visto da queste parti, di Josep Maria Miro e l'interpretazione di Maddalena Crippa in forma di lettura, si apre in gran prestigio internazionale la Stagione del Teatro di Rifredi. Il testo firmato dal grande drammaturgo catalano, è stato tradotto da Angelo Savelli, direttore con Giancarlo Mordini del Teatro di Rifredi di Firenze-Centro di Produzione Pupi e Fresedde e pubblicato da Cue Press (ultimo dopo quattro testi drammaturgici di Miro: Il principio di Archimede, Nerium Park, Scordiamoci di essere turisti e Tempi selvaggi). Con questa traduzione, il regista Savelli prosegue il suo lavoro sulla nuova drammaturgia internazionale, attività per la quale il Centro di Produzione Pupi e Fresedde ha ricevuto il Premio speciale della Giuria UBU 2019. Il drammaturgo catalano con Tempi selvaggi, ha vinto il Premios Max Las Artes Escénicas e il Premio per la miglior regia consegnato a Xavier Alberti, direttore artistico del Teatre Nacional de Catalunya che lo ha prodotto. Come autore Miro è stato messo in scena per la prima volta in Italia dal Teatro di Rifredi nel 2018 con Il principio di Archimede per la regia di Savelli. Nato in Catalogna nel 1977, Miro è anche regista, giornalista radiofonico e professore universitario di drammaturgia e arti sceniche, le sue opere sono tradotte in 15 lingue. Il suo nuovo testo è stato ideato “per un unico attore o attrice, indipendentemente dal genere, dall'età e dal fisico”. Vi affronta i temi a lui congeniali: l'ipocrisia sociale, le responsabilità individuali, le paure, il senso di colpa e la sua rimozione, l'ambiguità della verità, l'infanzia violata. Il testo col titolo Corpo più bello, ha incoronato Miro alla vittoria per la terza volta nella carriera, del Premio Born 2020, fra i massimi riconoscimenti per la drammaturgia del teatro spagnolo. Non ancora rappresentato in scena come spettacolo, la lettura che sarà presentata a Rifredi, anticipa il debutto al Festival Temporada Alta di Girona a fine anno. Sarà l'attrice Maddalena Crippa, da oltre 40 anni sulle scene italiane e internazionali, a dar voce al teatro di parola di Miro. Maddalena Crippa che ha lavorato tra teatro, cinema e prosa in TV, è stata in scena per registi di assoluto prestigio mondiale. Dopo la Scuola del Piccolo Teatro, Crippa è stata diretta da Strehler ancora giovanissima, poi da Luigi Squarzina, Massimo Castri, Luca Ronconi, Cristina Pezzoli, Letizia Quintavalla e dal suo compagno, anche nella vita, Peter Stein. Si potrà assistere a Il corpo più bello che si sia mai visto da queste parti al Teatro di Rifredi venerdì 8 e sabato 9 ottobre alle 21. Sabato alle 18, Josep Maria Miro sarà in teatro per incontrare il pubblico insieme al drammaturgo e regista Abel Gonzales Melo, a Maddalena Crippa, ad Angelo Savelli, all'editore di Cue Press Mattia Visani e ai docenti dell'Università per Stranieri di Siena Daniele Corsi e Celia Nadal. La Stagione del Teatro di Rifredi, intitolata quest'anno La fiamma del Teatro non si spegne mai, è programmata dall' 8 Ottobre al 31 dicembre, una stagione dimezzata, come dichiara il direttore artistico Giancarlo Mordini, a causa della fase ancora in corso della pandemia Covid. Occorre prudenza, ha dichiarato, vista l'interruzione dello scorso ottobre a solo una settimana dall'inaugurazione. Prevede 15 spettacoli di cui 5 nuove produzioni firmate da Pupi e Fresedde e 8 prime nazionali. Il consueto appuntamento internazionale sarà con The Primitals, di Yllana premiato al Festival di Avignone nel 2019 come miglior musical e per la prima volta in Italia. A seguire Misericordia di Emma Dante. Le quattro prime nazionali prodotte o coprodotte sono con: Antonella Questa, Ciro Masella, Edoardo Zucchetti e Angelo Savelli. La danza sarà presente con la nuova produzione dell’Opus Ballet. Il Teatro toscano brillante con Alessandro Paci, Lorenzo Baglioni, Alessandro Riccio. Inoltre ci sarà la programmazione consueta domenicale per i più piccoli

venerdì 1 ottobre 2021

PAOLO RUFFILLI Le cose del mondo. Lo specchio Mondadori, 2020 L'indefinibile chirurgia delle cose Coerenza chiama coerenza nella poetica di Paolo Ruffilli. Così in questa ultima fatica letteraria Le cose del mondo, che raccoglie ben 40 anni di produzione e ricerca lirica, l'Autore di cui Eugenio Montale intuì la felice ispirazione giovanile, conduce chi lo segue dentro un nuovo viaggio esperenziale e sapienziale. Fedele alla unità formale-le sei sezioni o “capitoli” di cui si compone il volume, sono elaborate per lo più in forma di settenari e endecasillabi, Ruffilli costruisce una struttura ad anello dove la partenza, quella evocata nella prima sezione Nell'atto di partire, si sviluppa per cerchi concentrici a tema fino a riavvolgersi come un nastro e a ritroso vero il ritorno, un eterno ritorno. Il dualismo si sdipana fra la stasi e il moto, l'azione e l'osservazione che è auto-osservazione. L'Autore osserva la realtà o ciò che i suoi sensi percepiscono come tale, per farne materia di indagine interiore in forma di autonarrazione, di autosvelamento come in Morale della favola, dedicata alla figlia e in La notte bianca. Rispettivamente seconda e terza sezione, per poi affrontare lo zoccolo duro del volume nel capitolo Le cose del mondo( pag.105): Le persone muoiono e restano le cose solide e impassibili nelle loro pose nel loro ingombro stabile che pare non soffrire affatto contrazione dentro casa perché nell'occuparlo non cedono lo spazio vaganti come mine, ma nel lungo andare il tempo le consuma senza strazio solo che necessita di molto per disfarle e farne pezzi e polvere, alla fine. Cosa c'è di più statico delle “cose” e della loro nominazione. E la parola cosa poi: quanto di più ambiguo racchiude nei significati di cui è portatrice nella nostra lingua. Ruffilli gioca coi versi sulle ambiguità di senso, lavora sul significante, sulla relazione contenente/contenuto. Infatti ne Il nome della cosa (pag 109) si legge: Eccolo, il nome della cosa: l'oggetto della mente che è rimasto preso e imprigionato appeso ai suoi stessi uncini disteso in sogno, più e più inseguito perduto dopo averlo conquistato e giù disceso sciolto e ricomposto rianimato dalla sua corrosa forma e riprecipitato nell'imbuto dell'immaginato Da questo incipit parte una serie di poesie che, secondo un ordine alfabetico, danno un contenuto concreto e simbolico, funzionale e metaforico secondo l'uso della lingua italiana, come da locuzioni prese dai vocabolari: si va da Anello a Bambola, da Occhiali a Scarpa registrando anche un: Vocabolario Registro, elenco, catalogo, inventario -ministro di governo, regina delle carte e scorta e giacimento di parole in schiera (…) sistematico schedario di tutto l'universo A questa segue la sezione Atlante anatomico dove, dissezionate, sono alcune parti del corpo umano, da Ascelle a Collo, da Occhi a Seno. L'osservazione minuta del Poeta fin dalle sue precedenti prove in versi (Piccola colazione, Diario di Normandia, Camera oscura, Nuvole, La gioia e il lutto, Le stanze del cielo, Affari di cuore), dotato di un raffinato sguardo, affila le sue pinze chirurgiche di scavo in questo volume composito e diacronico che costituisce un micro trattato di linguistica in versi. Si avvertono echi delle filosofie orientali nell'ossimorica perlustrazione di un immagine e del suo complementare od opposto, specie dove l'Autore si affida e cerca relazioni analogiche per immagini. Predilige un registro linguistico sintattico quasi quotidiano come nello stile, così come nella scelta dei temi da entomologo o chirurgo pur senza mai scendere nel minimalismo. Un continuo rincorrere il tentativo di formulare senso del reale, lui consapevole che il reale è la personale unica e individuale rappresentazione della realtà. Mai univoca sempre di inesausta narrazione. Senza cadere nelle trappole della o delle verità, per tentare di afferrare la sua realtà che è la realtà della vita e delle sue diverse irrazionali componenti fisiche, psichiche, esistenziali, esperenziali. In questa ricerca Ruffilli si appoggia a metafore del Novecento letterario come quella del viaggio caproniano con cui si apre il volume, per approdare a ritroso e insieme in avanzamento di conoscenza al passaggio dell'ultimo capitolo Lingua di fuoco (pag.173): Il nominare chiama e, sì chiamando ecco che avvicina invita ciò che chiama a farsi essenza convocandolo a sé nella presenza E' la ragione che si fa linguaggio(...) E' una sorta di Manifesto di poetica, questa dell'ultimo capitolo. L'inesausta e mai esaustiva ricerca dell'uomo Ruffilli e della sua ricerca in Poesia. Renzia D'Incà Arcidosso, 23 Agosto 2020
ALICE nel meraviglioso mondo del Silos renzia.dinca Livorno. Dentro lo spazio ristrutturato del Silos Granario appena inaugurato, uno spettacolo fantasmagorico per grandi e piccini: Alice, tratto da Lewis Carrol con drammaturgia e regia di Francesco Cortoni. Prima di raccontare del bel lavoro del regista drammaturgo e attore è necessario documentare la location dove è stato ideato e programmato: una archeologia industriale-portuale risalente agli anni Venti del secolo scorso e in funzione fino agli Ottanta. Il Silos Granario, ubicato dentro l'area portuale livornese è stato utilizzato per mezzo secolo come luogo di stoccaggio merci per il commercio di petrolio e grano. Chiuso trent'anni fa, è stato inaugurato lo scorso giugno dopo una importante operazione di riconversione che da luogo abbandonato a vocazione industriale lo ha trasformato in spazio culturale e turistico dedicato a luogo di mostre, eventi, iniziative culturali. Ubicato in area porto passeggeri, Terminal crociere, Silos Granario è di fatto stata ideata come una realtà di straordinaria valenza operativa nell'ambito del turismo e della cultura labronica in una città che sta cercando nuovo rilancio e riconversione dopo anni di crisi. Una città industriale che peraltro ha dato i natali a figure di spicco nell'arte internazionale e ad oggi nella cultura fra le quali Mascagni, Modigliani, Fattori e Caproni e Giorgio Fontanelli . Ma anche e perchè no Paolo Virzì col suo approccio sanguigno e vitale in notissimi film, Roberto (Bobo) Rondelli con le sue canzoni di autorato poetico e Simone Lenzi , narratore. Detto questo, avvicinarsi ed esplorare l'area in cui è stato rappresentato il lavoro di Cortoni (prodotto da Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno e da Pilar Terneda), è davvero una avventura come deve esserlo stato per Cortoni che ha occupato coi suoi attori lo spazio adattandolo al suo progetto di regia e al suo pubblico come prima iniziativa del Silos e dentro la kermesse estiva di Effetto Venezia (concerti, spettacoli, letture in uno dei quartieri più suggestivi della città che dà sui “fossi”, ovvero i canali di barchini ristoranti e bistrot che dalla città portano al mare, ricchi di storie di camalli e popolo ben narrati nei testi di Bobo Rondelli, alla sua 36esima edizione). Il lavoro di Cortoni si è districato in uno spazio che di teatrale ben poco ha: uno spazio con colonne gigantesche che certo non garantiscono una visuale felice rispetto ad una platea costruita a ferro di cavallo su tre gradoni. Nonostante questo e forse proprio a sfida della difficoltà, Cortoni ha pensato e ben realizzato il suo lavoro paradossalmente sfruttando proprio il vedo-non vedo intrecciando le storie affabulesche di Alice in e tra le colonne. E quindi ecco appalesarsi Alice alla rincorsa del Bianconiglio, e tutti i personaggi che compaiono-scompaiono in e fra le colonne: Cappelaio Matto, Regina Rossa, Fante di cuori, Brucaliffo, Dodo, Duchessa, Lepre, Gatto dello Cheshire. Un avvicendarsi veloce e in uno spazio se pur costretto, da destra e da sinistra e dentro e fra gli spazi del colonnato. Tutto ciò molto ben supportato e valorizzato da un pubblico di tutte le età con bambini molto piccoli curiosi e attenti. Davvero molto belli i costumi e le maschere e molto bravi gli attori Alice -Regia e testo Francesco Cortoni con Elisabetta Raimondi Lucchetti, Silvia Lemmi, Irene Catuogno, Federico Raffelli, Davide Niccolini, Carlo Salvador, Francesco Cortoni Musiche Filippo Conti Costumi Massimo Tintorini Maschere Gisella Buttera, Matilde Gori, Noemi Perna Visto a Livorno, Silos Granario in Effetto Venezia, agosto 2021
FESTIVAL A VEGLIA festeggia 15 anni. con dedica al Maestro Giuliano Scabia-di e con Elena Guerrini renzia.dinca Manciano (Grosseto). Il Festival “A Veglia”, perdura nonostante il Covid e con ottimi risultati da ben 15 anni. Ideato e organizzato da Elena Guerrini, attrice di teatro e cinema, performer, scrittrice di fama (Bella Tutta, edizioni Garzanti), nella Maremma toscana dove porta avanti con grande successo il suo Festival anche noto come Teatro del Baratto. Allieva di Giuliano Scabia, Maestro di Teatro che ci ha lasciato con grande vuoto e dolore pochi mesi fa, Elena Guerrini è stata fra i suoi numerosissimi e affezionati allievi di tante generazioni del DAMS di Bologna, dove Scabia è stato professore di Drammaturgia per 30 anni. Guerrini ha ereditato qualcosa in più dal Maestro, che viveva a Firenze con la sua famiglia: un lascito “immateriale”, ben descritto dentro il cuore della città dove Scabia (nato a Padova, naturalizzato fiorentino), ha creato e sviluppato una serie di straordinarie complicità ideali e teatrali (una fra tutte: Ronde della carità, pensate ed esportate in tante città italiane da Paolo Coccheri allievo di Orazio Costa, scomparso da poco tempo quasi in contemporanea). Giuliano Scabia, poeta drammaturgo, ha ideato con gli psichiatri Franco Basaglia e Peppe dell'Acqua, una rivoluzione sanitaria e politica che ha portato alla legge 180 per la chiusura dei manicomi in Italia, una legge antesignana a livello Europeo, pur nelle difficoltà della sua concreta realizzazione successiva. Suo in qualità di artista, poeta, il volume di testimonianze: Marco Cavallo (Einaudi, 1973) da poco ristampato, dove si narra dell'esperienza di un gruppo di intellettuali e artisti con i malati mentali all'ospedale di Trieste, manicomio che fu aperto dal direttore Franco Basaglia abbattendone simbolicamente mura e cancelli e liberato dai matti in una manifestazione rivoluzionaria lungo le strade della città. In questa estate 2021, in tempi di Green pass (che tutti stiamo usando, anche all'aperto come spettatori consapevoli, che sennò in Teatro al chiuso non ci arriveremo e se non fra anni), di festival dimezzati-nei contributi ministeriali e locali, nonché nelle capacità degli artisti di resistere alla estate (e inverni) del nostro scontento, il lavoro di Elena Guerrini è davvero meritevole di attenzione. Anzitutto ha mantenuto la sua cifra artistica di Teatro del Baratto: venite a Manciano-questo il Manifesto, portatevi la seggiola non comprerete il biglietto, vi chiediamo di portare “a baratto”, degli spettacoli (tutti di alto livello a cominciare da quello di anni fa di Marco Baliani, nelle corti bellissime e selvagge di Terre senesi - Patrimonio Unesco), un prodotto della terra:olio vino formaggi. Una formula vincente in queste terre di radici contadine antiche, terre di Maggianti a cui ci si appella e ricucisce dentro identità e visionarietà artistiche recenti. Detto questo, nell'ambito del suo Festival (da quest'anno anche con anticipazioni di eventi: dal 2 a 8 Agosto a Grosseto), abbiamo assistito a una giornata in memoria di Giuliano Scabia dove, nel mantenere l'idea e militanza ideologica e poetica di fondo recepita dal Maestro, con lucidità e forza, Elena Guerrini ha dato il meglio di sé. A cominciare dalla presentazione del libro: SCABIA. Scala e sentiero verso il Paradiso-Trent'anni di apprendistato teatrale attraversando l'università. In presenza dei curatori, ex allievi Francesca Gasparini e Gianfranco Anzini (la Casa Usher), che in coppia stanno girando molto e continuano in questo inizio autunno nelle piazze italiane a coltivare la diffusione del volume (anche a Pisa in Coltano nel Festival di Alessandro Garzella Animali Celesti con Massimo Marino). Fra le pubblicazioni più recenti segnaliamo inoltre il volume curato da Editore Conchiglia di Santiago di Andrea Mancini: Chi è la cura, dedicato da Scabia alla moglie Cristina. Con scritti, disegni, fotografie, partiture raccolti dallo stesso Scabia. Dentro spazi minimalisti di giardini a Manciano e zone limitrofe il Festival A Veglia, abbiamo assistito ad un trionfo di letture in presenza, a cura degli ex allievi di Giuliano Scabia. Elena Guerrini ha ospitato letture dai lavori pubblicati di Scabia dentro lo spazio fatato della Scuolina dei Poderi di Manciano. Un interessante spazio performativo che ha visto la compartecipazione di molti ex allievi fra cui gli autori di Scala e sentiero Francesca Gasparini e Gianfranco Anzini. Nella stessa sera abbiamo visto il lavoro del cuoco- attore fiorentino Giancarlo Bloise Cucinar ramingo. Il cuoco attore, anche lui dentro il cerchio magico della karmatica personalità di Scabia, era già stato a Manciano al Festival pochi anni fa portato dal Maestro. In un'ora di affabulazione erudita e divertente Bloise ci ha deliziati di racconti di popoli e sapori che attraversano il mondo preparandoci in diretta ad assaporare quanto stava cucinando- mentre narrava con estro e bravura, in uno spazio di platani giganti e terrazze su paesaggi mozzafiato. Dentro lo spazio della Scuolina, l'installazione inquietante di Tommaso Correale Santacroce Sette Sirene, una installazione interattiva con sculture, canti, racconti, voci, dove lo spettatore avvicinandosi alle sette sculture poteva ascoltare storie. Una interessante esperienza di narrazione interattiva individuale e collettiva con voci femminili e maschili impostate e suadenti. Belle le maschere sculture sonore con bocche aperte quasi mostri scorticati che inghiottono, come appunto Sirene ammalianti. Perchè, come da annuncio della successiva esperienza della serata dedicata a chi voleva e poteva raccontare una propria esperienza col Maestro: Cerchio magico con l'aiuto delle Muse e della Fate le parole saliranno fino al cielo Sempre in ambito Festival A Veglia, a Manciano, la rivista e Associazione culturale ateatro con la curatela di Elina Pellegrini, ha ospitato due pomeriggi di riflessione diretti e organizzati dalla stessa Pellegrini, (ex cda di CRESCO e attuale responsabile amministrativa e progettazione di Carte Blanche a Volterra). L'ambito del progetto: Oltre la città nel primo incontro ha discusso su: Comunità, sostenibilità, energie creative e Spettacolo dal vivo e turismo. Nel secondo su Strategie e strumenti di incontro, con molta partecipazione di operatori del settore sia in ambito teatrale che di informazione locale e nazionale e di amministratori sia in ambito della politica che del turismo Toscano Manciano, Grosseto. Festival A VEGLIA. 10, 17, 19 Agosto 2021