Aldo morto-
tragedia di e con Daniele Timpano
posted per Rumor(s)cena
Daniele Timpano ci aveva abituati ad assistere e commentare
le sue scorribande autorali sui morti eccellenti, a cominciare da Dux in scatola per continuare con Risorgimento pop. Stavolta ha parecchio
alzato il tiro della sua indagine sulle icone , sui corpi del potere, arrivando a scomodare un personaggio politico
come Aldo Moro, assassinato dalla
Brigate rosse nel 1978, un pezzo di storia italiana ancora fiammeggiante
di polemiche, ferite, ambiguità, lacerazioni
sia per le generazioni che ricordano l’evento sia per chi, come Timpano
è nato dopo ( lui aveva quattro anni) ma
è stato contaminato dagli anni di piombo attraverso i vissuti dei propri padri
e nonni. Un atto coraggioso da parte di questo strano attore-autore, uno dei
più interessanti della sua generazione già scoperto da Nico Garrone col Ecce
robot nelle cantine romane e adesso noto anche grazie ad una originalità di
stile che supera il modello del teatro politico e di narrazione in auge, per approdare ad un altro, tutto suo,
modello assai più complesso di traduzione per le scene dei cosiddetti fatti di cronaca,
sfaccettato, cattivo, che scava nelle zone buie delle nostre coscienze di bravi
cittadini perbene. Avevamo seguito quell’esperimento diffuso su Facebook lo
scorso inverno, una singolare modalità di meticciamento fra il televisivo della fiction e il virtuale interattivo in
cui Daniele provava a sperimentare i 54 giorni di prigionia dello statista
raccontando ogni 24 ore l’evoluzione della sua carcerazione da parte dei
brigatisti autorelegandosi dentro una microstanza e provando ad identificarsi
con la narrazione tratta dalle lettere di Moro e le testimonianze di foto dei
suoi assassini. Un esperimento che aveva anche sollevato polemiche importanti.
Adesso, leggere le trame di Storia
cadaverica d’Italia che comprende la trilogia Dux in scatola, Risorgimento
pop e Aldo morto ( Titivillus) e
aver visionato lo spettacolo sempre più convince della peculiarità dell’autore che tratta materia incandescente con lo
sguardo fra il cinico e il
compassionevole per poi virare sul registro parodistico anche aiutato da una
corporeità da guitto, rapido, imprendibile, inincasellabile.
Timpano parte dai suoi dati anagrafici: avevo quattro anni,
non mi ricordo non posso ricordarmi, per poi accusare su di sé tutta una
cronistoria fatta di pezzi giornalistici sul sequestro, sia televisivi che di carta stampata attacca Biagi, Montanelli, il regista Bellocchio, prende di mira ridicolizzandoli
la Faranda che scrive libri sulla sua esperienza da brigatista guadagnando
sulle copie , Curcio travestito da Mazzinga che si occupa di editoria sociale. Usa materiali musicali dalla Pappa al pomodoro
ad Eros Ramazzotti per insinuare, provocare, contestualizzare ma insieme per
èpater le bourgeois- avrebbe detto qualcuno proprio in quei tempi. Utilizza una macchinina radiocomandata la Renault 4 dove Moro è stato
trovato cadavere per narrare l’inerrabile, per finire sotto una stella a cinque
punte, simbolo ambiguissimo logo e delle bierre e delle logge massoniche e di un certo movimento molto attuale.
Insomma una prova d’artista per ben un’ora e quaranta minuti
dove Timpano è un fuoco d’artificio e alla fine il pubblico applaude quando mi
sarei aspettata anche qualche fischio dato il magma dei contenuti e l’intento
volutamente dissacrante.
Visto a
Castelfiorentino
Nessun commento:
Posta un commento