Teatro Metropopolare H20tello in carcere
Posted by Renzia
D’Incà
Prato
La Toscana è da molti anni oramai regione impegnata a sostenere
progetti di formazione e
produzione teatrale nelle carceri con risultati talvolta anche di straordinario valore artistico. Ma non
solo Volterra è sede di sperimentazioni, anche diversi altri spazi carcerari si sono aperti alla
pratica teatrale e fra questi La Dogaia
a Prato dove da alcuni anni opera la giovane regista Livia Gionfrida col suo gruppo
Teatro Metro popolare. Da molti anni la regista opera con la sezione maschile con
laboratori che si concludono con la messa in scena di uno spettacolo aperto al
pubblico mentre le repliche sono esclusivamente dedicate ai detenuti.
La regista ha scelto di lavorare su Shakespeare con una
programmazione triennale. La trilogia si è conclusa proprio quest’anno con una
riscrittura dell’Otello.
Di cosa parla
l’Otello?-scrive in una nota di regia la Gionfrida. Tantissime possono essere le trame che ogni volta si possono rintracciare
in ogni opera di Shakespeare, ma noi ci siamo concentrati su una cosa soltanto:
perchè un uomo come Otello si trova
protagonista e artefice di un femminicidio? Che cosa ne pensano i detenuti del
carcere di Prato della violenza sulle donne? Come sarà accolta la nostra opera
dal pubblico dei detenuti per i quali facciamo le nostre repliche?
Con questa premessa in testa ci siamo incamminati nei corridoi
infiniti del carcere fino a raggiungere lo spazio dell’azione: una palestra o
meglio un campo di basket con alcuni attori-detenuti in maglietta numerata ad
accoglierci. Vengono distribuite delle bottigliette d’acqua con sopra la
scritta H20tello, una sollecitazione mentale che apre una chiave di lettura
sull’intera operazione sia scenografica che di regia. L’acqua infatti raffigura lo spazio del simbolico femminile- dalla parte di
Desdemona quindi, ma è anche la suggestione dello spazio in cui avviene la
trama della tragedia del Moro: Venezia ma anche Cipro e quindi il mare. Ecco
che allora grandi contenitori d’acqua vengono trasportati su e giù per lo
spazio scenico su carrelli di portavivande mentre si svolge la “partita” fra Otello e
Jago con un coro di altri copratagonisti
personaggi-giocatori. Otello il Moro è
impersonato da un attore marocchino, Desdemona è bianca come la neve, il padre
Brabanzio gran signore di Venezia recita
con forte accento inglese e abito
moderno in linea. Gli attori-detenuti sono tutti stranieri (purtroppo nelle
carceri italiane abbondano per complesse ragioni), le nazionalità sono albanesi
( Jago), il Coro un mix di razze: Africa,Albania, Polonia, Romania, Brasile.
La narrazione delle vicende della tragedia avviene in modo
rapsodico, si alternano azioni sceniche veloci e atletiche- passaggi di palla,
arrampicate sulle strutture delle porte che sostengono i due canestri. Dalla
scena del fazzoletto (con una Erminia
picchiata e ricattata da Jago) fino al
climax del delirio di gelosia di Otello è un crescendo di pathos. Lo spazio è
interamente occupato dal Coro-giocatori come in un match all’ultimo
canestro. Straordinariamente efficace la scena che precede l’assassinio della sposa innocente, con
Otello al centro della scena in preda al delirio: come da tragedia greca, qui le Erinni
si trasformano in scimmie ululanti con
addosso occhiali enormi da sub che danzano intorno all’uomo in un macabro rito.
Le ossessioni, le paure, le fantasie, le allucinazioni sonore- cornuto, gli sghignazzi prendono voce
dentro la testa del Moro fino a farlo impazzire. Segue un’altra scena molto densa con gli
attori-coro che immergono la testa dentro secchi d’acqua-l’atto dell’affogare,
e di nuovo ricorre ossessivo l’elemento acqua, lo sprofondare dentro un’acqua
che anziché vita porta morte.
Insomma uno spettacolo coraggioso, ricco di invenzioni e di
spunti originali questo firmato dalla Livia Gionfrida, esile donna che combatte
ogni giorno con le difficoltà del portare avanti la sua ricerca artistica in un
luogo difficile qual’è quello del carcere e che con piglio volitivo riesce a
trasformare uno spazio chiuso per
persone private della libertà in un mondo possibile altro, creativo giocoso ed
anche di arricchimento intellettuale.
Teatro Metropopolare
Regia Livia Gionfrida
Visto il 23
maggio Prato Carcere La Dogaia