TEATRO DELLE ALBE/ RUMORE DI ACQUE
Castiglioncello. Castello Pasquini
Monologo serratissimo, intriso di forza evocativa,
durissima denuncia sociale, questo Rumore di acque,
scritto da Marco Martinelli, anche regista insieme alla
compagna storica Ermanna Montanari a cui è stato
affidato la cura dello spazio, delle luci e dei costumi.
In scena uno straordinario Alessandro Renda,
performer dalla vocalità impressionante. Sessanta
minuti di apnea, per lo spettatore, rapito dall'ascolto
visionario delle parole di un dittatore di una non
precisata isola mediterranea- un francobollo d'isolaalle prese con la conta dei morti. I morti sono i morti
delle carrette del mare. Quelli fuggiti con mezzi di
fortuna dalle coste libiche-tunisine per la terra
promessa, la Sicilia, l'Italia. Una computisteria da
nevrosi ossessivo compulsiva o da caserma, appunto,
tratteggia un monologo delirante: è la conta del morti
che quest'uomo, che poi svela essere un " appuntato"
del diavolo, a fare da motore centro e propulsore
della macchina di scena. Macchina che poi si riduce
ad una pedana dove il dittatore, contrappuntato da
patacche inutili sulla divisa, si contorce con un microfono ad asta con dietro uno schermo dove
solo e solo si riproducono cifre. Cifre e ossessioni. Quante morti ai pesci? I pesci che si
pappano i corpi di chi non è mai sbarcato. Microstorie si intrecciano nella narrazione del folle.
Nomi arabi, di giovani uomini di giovani donne, tutte e tutti in aspettativa di vita migliore e poi
finiti in pasto al mare. In scena, col dittatore dell'isola che non c'è, due straordinari musicisti e
cantanti, i fratelli Mancuso. Entrano in perfetta sintonia col capo, ma la loro storia, narrata con
canti e suoni di una malinconicità avvincente, da ballata popolare, raccontano un'altra storia.
Struggente e drammatica.
Marco Martinelli lavora da alcuni anni a Mazara del Vallo. Ha ascoltato tante storie di migranti.
Lavora coi bambini della comunità tunisina di Mazara insieme a Ermanna.
Una storia che si ripete nel canale di Sicilia. Una storia che dovrebbe avere una fine. A chi fa
teatro, un certo tipo di teatro militante, non resta che raccontarla.
Rumore di acque è testimonianza viva e fedele di un percorso artistico di gran respiro. Di una
vivida solidarietà con gli ultimi. Quelli che neanche i pesci possono riconoscere
Su BLOG -2011
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