CENERI
renzia.dinca
Firenze.
Un
lavoro complesso e insieme leggero, visionario, ricchissimo di
suggestioni visive e semantiche a livello antropologico e di tecniche
di narrazione per lo spettacolo dal vivo questo CENERI,
visto in prima nazionale al Teatro
di
Rifredi ( in
programmazione coraggiosa di
Angelo Savelli e
Giancarlo Mordini), unica
tappa italiana della Compagnia norvegese Plexus
polaire
ideato dall'artista Yngvild
Aspeli. In
effetti è raro poter vedere nel nostro Paese spettacoli dove si
intrecciano in un connubio poetico risolto e riconoscibile marionette
e attori in carne ed ossa. I piani di lettura sono molteplici e
tuttavia il risultato formale è davvero stupefacente per la maestria
nell'uso di diverse tecniche e nella capacità di bypassare segni di
letterarietà che hanno molto a che vedere con la tradizione nordica
europea fin dal lascito dei fratelli Grimm
(di cui Jacob è stato fondatore della filologia germanica). E forse
non a caso CENERI è stato così apprezzato negli USA dove la penna
di Stephen King
ha creato dei capolavori horror
trasposti in film passati alla leggenda del cinema. Ispirato al
romanzo Prima
del
fuoco
di
Gaute Heivoll
(da evento di cronaca, da cui è stato tratto il lungometraggio
Pyromaniac),
narra
due storie parallele (in una sorta di mise
en abime polarizzato,
un gioco di specchi e di rimandi di coppie padre-figlio), quella di
un aspirante scrittore-con l'attore seduto alla scrivania in
boccascena intento a riportare sulla carta memorie della sua infanzia
(proiettate in parola su fondale) e l'intreccio della sua storia
personale- lui neonato, con quella di un altro personaggio, in
un'altra famiglia, quella del giovane piromane proteso in una guerra
dai forti sapori psicoanalitici nientemeno che col padre pompiere. Un
classico edipico che oggi non piacerebbe certo, per esempio al
lacaniano Recalcati, per il quale nel contemporaneo per lo meno
quello italiano, sono i figli a reclamare un Padre assente
(l'ambientazione di CENERI è in Norvegia, fine anni Settanta). Qui
si assiste ad una rappresentazione fra l'onirico e l'allucinatorio
(lo scrittore colleziona sotto la scrivania bottiglie di birra
accanto al cestino della carta: principio di realtà?), in un
susseguirsi di suggestioni visive e sonore (anche queste molto ben
cadenzate per ritmi pause sottrazioni accelerazioni), sottratte al
piano narrativo della cosiddetta realtà dell'apparenza, dove tutto è
sul piano della certezza, quella del giorno, per penetrare nel regno
della Notte e del buio. Il gioco del doppio si tramuta in proiezioni
fra i due protagonisti-figli, i loro padri, le famiglie. Di fatto ed
allargate nello spazio-tempo dove le vicende si svolgono. E qui il
rimando a Ingmar
Bergman
non è certo irrituale (e poi c'è molto di giallistica scandinava in
questo lavoro, poco letta in Italia). Pensiamo per esempio al
romanzo autobiografico del regista svedese Lanterna
magica. Quindi
gli elementi del lavoro sono Fuoco e Cenere. Il fuoco distruttore, ma
anche purificatore. Il Fuoco che arde dentro il cuore adolescente,
dentro la repressione degli istinti. Dentro la ribellione ai Padri. E
qui entra in gioco il doppio piano semantico, l'ambiguità, ulteriore
stilema messo in campo dai tre attori-burattinai (nascosti dal buio
del fondale muovono le fila narrative di pupazzi-marionette mosse da
fili invisibili, prima piccoli- Figli, e nel finale a grandezza
d'uomo- Padri Madri, Comunità). Ulteriore effetto suggestivo di
forte compresenza simbolica (insieme alle casette di carta
pre-testo-fienili bruciate- sospese nel vuoto del palco a fili
invisibili), come il fumo delle sigarette dal giovane piromane e poi
concesse come ultime sigarette dallo Scrittore al Padre morente
cacciatore di alci (immagine quantomai straordinaria evocativa che
ricorda Cappuccetto Rosso salvata dal cacciatore che taglia la pancia
della Bestia). Chè il Lupo è direttamente in e sulla scena in brevi
apparizioni liberatorie in una compartecipazione straordinaria a
commento di una Storia dove nessuno parla ma tutto si svela e
rivela. Per tecniche ed immagini. E tutto dal vivo.
PRIMA
NAZIONALE
Compagnia
Plexus Polaire ( Francia|Norvegia)
uno
spettacolo di Yngvild Aspeli
attori
e marionettisti Viktor Lukavski, Altor Sanz Juanes( in alternanza con
Alice Chéné) e Andreu Martinez Costa
scenografie
Charlotte Maurel e Gunhild Mathea Olaussen
musica
Guro Moe Skumsens e Ane-Marthe Sorlie Holen
costumi
Sylvia Denals
luci
Xavier Lescat
video
David Lejard-Ruffet
Visto
a Firenze, Teatro di Rifredi, il 10 febbraio 2019