giovedì 28 dicembre 2017


Noi siamo e poi anche non siamo, ed è questa ambiguità che sfugge al linguaggio ordinario denotativo, il quale non afferra il cono d’ombra che l’irrealtà del nostro essere proietta su ciò che siamo e su ciò che siamo diventati, sottraendo la nostra persona alle sue astrazioni, alle sue idealizzazioni proiettive e agli arbìtri della volontà, in cui ci illudiamo che la nostra realtà consista, e restituendola al gioco tra sfere chiare e oscure nelle quali per la verità la nostra esistenza trascorre e si declina. È questa condizione indivisa di essere e non essere, di sogno e veglia, di zone illuminate e di recessi oscuri della nostra coscienza che va al di là del linguaggio ordinario, il quale uncina soltanto fatti opachi, sordi e muti, che costituiscono la pelle indurita della nostra persona, ma sotto la quale scorre la nostra esistenza alla ricerca del suo sogno oscuro. Ed è questo sogno oscuro lo scenario possibile ed eventuale di quella trasformazione di noi stessi che può culminare in una nuova nascita. Noi siamo al tempo stesso attori e spettatori di un grande dramma dell’esistenza. A.G.Gargani.

mercoledì 27 dicembre 2017


Italian Poetry Home Chi siamo Il neolirismo I Poeti Blog Link Contatti ITALIAN POETRY La Poesia Italiana Contemporanea dal Novecento a oggi su L'Espresso RENATO MINORE Su ITALIAN POETRY La Poesia Italiana Contemporanea dal Novecento a oggi (www.italian-poetry) appaiono venti poesie di Natale di poeti italiani contemporanei. Sono stati scelti Buffoni, Carpi, Caproni, Cavalli, D’Incà, Fruner, Giani, Guidacci, Merini, Minore, Montale, Nigi, Quasimodo, Raboni, Ruffilli, Saba, Scotto, Spaziani, Ungaretti, Zanzotto. Ecco il mio "Trittico di Natale" che condivido dall'antologia per gli amici di questa pagina con il mio più caro e affettuoso augurio La letteratura italiana, nel corso del Novecento, ha nella poesia il genere di maggiore creatività e di più alti risultati.Una vitalità sorprendente accompagna tutto il secolo, a partire dal trapasso dell’Ottocento e fino a questi ultimi anni. Una molteplicità di esperienze e una varietà di modi che contrassegnano la produzione globalmente più originale dell’intera Europa, per universale riconoscimento. In Italia, quasi esclusivamente ai poeti è toccato il compito di tradurre in elaborazione letteraria la complessa crisi di identità (di frantumazione dell’io) che contraddistingue il nostro tempo. La perdita delle coordinate, la consapevolezza del moto di deriva dentro il mistero della vita, la riflessione esistenziale, il tentativo di ricomposizione di un ordine minimo, trovano soluzioni diverse e complementari, dentro il grande laboratorio della lingua italiana (una lingua giovane, al principio del secolo patrimonio neppure di un quarto degli italiani, abituati per secoli a parlare le loro lingue particolari, i dialetti). Un’ampia e qualificata scelta offre qui il quadro di una situazione vivace e ricchissima della poesia italiana di oggi. I poeti selezionati, appartenenti alle generazioni nate dagli anni venti-trenta fino agli anni novanta, nelle loro personali esperienze nettamente riconoscibili, testimoniano delle molteplici tendenze in atto al presente in Italia. inglese Italian literature, in the course of the twentieth century, has in poetry the genre of greater creativity and higher achievements. An astonishing vitality accompanies the whole century, starting from the nineteenth century to the last few years. A multitude of experiences and a variety of ways that mark the most original production of the whole of Europe for universal opinion. In Italy, almost exclusively the poets had the task of translating into literary writing the complex identity crisis (the breaking, fragmentation of the ego) that characterizes our time. The loss of the coordinates, the awareness of the drifting motion within the mystery of life, the existential reflection, the attempt to recompose a minimal order, find different and complementary solutions, within the great lab of the Italian language (a young language at the beginning of the century, patrimony even of a quarter of Italians, accustomed for centuries to speak their particular languages, the dialects). A wide and qualified choice offers here the picture of a lively and rich situation of today’s Italian poetry. Selected poets, belonging to the generations born from the 1920s to the nineties, in their personal experiences clearly recognizable, testify to the many trends in the present in Italy. spagnoloEs en el curso del Novecientos que la literatura italiana tiene en la poesia el género de mayor creadividad y con los más altos resultados. Una vitalidad sorprendente acompaña todo el siglo, a partir del cruce del siglo XIX y hasta llegar a estos últimos años. Una multiciplidad de experiencias y una variedad de modos que marcan la producción globalmente más origianl de toda Europa, como está universalmente reconocido. En Italia ha tocado casi exclusivamente a los poetas la tarea de traducir en elaboración literaria la compleja crisis de identidad ( de fragmentación del yo) que distingue nuestra época. La pérdida de ccordenadas, la conciencia del movimiento a la deriva dentro del misterio de la vida, la reflexión existencial, la tentativa de recomponer un orden minimo, hallan soluciones distintas y complementarias, dentro del gran laboratorio de la lengua italiana ( una lengua joven, siendo patrimonio de pocos a comienzos del Novecientos, ni siquiera de un cuarto de los italianos, acostumbrados durante siglos a hablar en sus propias lenguas particulares, los dialectos). Una ampia y cualificada selección propone aquí el cuadro de una situción dinámica y riquísima de la poesia italiana actual. Los poetas seleccionados, pertenecientes a la generación nacida en los años veinte y treinta hasta los años noventa, en sus experiencias personales claramente identificable, son testigos de las muchas tendencias en la actualidad en Italia. franceseAu cours du XXe siècle, la poésie est dans la littérature italienne le genre le plus créateur et celui qui a abouti aux résultats les plus élevés. Une vitalité surprenante accompagne tout le siècle, depuis la fin du XIXe siècle jusqu’à nos jours. Une multiplicité d’expériences et une variété de styles qui caractérisent celle qui est universellement considérée, dans son ensemble, comme la production poétique la plus originale de l’Europe entière. En Italie, les poètes ont été quasiment les seuls à assumer la responsabilité de faire de leur élaboration littéraire la traduction de la crise d’identité complexe (d’éclatement du moi) marquant notre époque. La perte de points de repère, la conscience du mouvement de dérive dans le mystère de la vie, la réflexion existentielle, la tentative de reconstituer un minimum d’ordre, trouvent des solutions différentes et complémentaires, à l’intérieur du grand laboratoire qu’est la langue italienne (une langue jeune, parlée au début du XXe siècle par moins d’un quart des Italiens, habitués depuis des siècles à employer leurs idiomes régionaux, les dialectes). Vaste et qualifié, le choix offert ici est le portrait d’une situation extrêmement vive et riche de la poésie italienne de nos jours. Les poètes choisis, appartenant à la génération née dans les années vingt et trente jusqu’aux années nonante, dans leurs expériences personnelles clairement identifiables, témoignent des nombreuses tendances actuellement en Italie.

martedì 26 dicembre 2017


renzia.dinca SUCCESSO PER LA NUOVA STAGIONE SPAM DIRETTA DA ROBERTO CASTELLO Porcari (Lucca). Si è conclusa con grande successo di pubblico e di gradimento la Stagione SPAM 2017, lo spazio diretto da Roberto Castello nell’immediata periferia della città di Lucca. Castello è coreografo, danzatore e direttore artistico di una delle più importanti rassegne nazionali di un cartellone quest’anno interamente dedicato alla Danza contemporanea internazionale europea. Il titolo era SPAM! Good art is healthy- SGUARDI OLTRE I CONFINI LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L'EUROPA. Il programma andava dal 1° novembre al 13 dicembre per sette doppi appuntamenti con la danza contemporanea. Il critico Graziano Graziani, che da tempo segue SPAM evidenzia come “ i coreografi contemporanei, anche dal punto di vista della formazione, abitano già uno spazio europeo e internazionale che, in altri settori, non esiste ancora, o almeno non in senso compiuto. Per loro è naturale lavorare in Italia come all’estero, entrare in contatto con maestri del Nord Europa e dell’America come con quelli di casa nostra. Lo spazio che abitano, il luogo mentale in cui creano, è già un ambiente europeo e transnazionale.(…)”. Di qui SGUARDI OLTRE I CONFINI - LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L'EUROPA il titolo della rassegna che per sette settimane, tutti i mercoledì, ha portato nella sede di SPAM! a Porcari alcuni tra i più rilevanti spettacoli italiani di danza contemporanea attualmente in circuitazione in abbinamento con altrettante improvvisazioni di danza e musica dal vivo. L'unica eccezione è stata Silvia Gribaudi con R.OSA_10 esercizi per nuovi virtuosismi con Claudia Marsicano, in uno dei suoi lavori di maggiore successo, e in seconda serata il progetto che una decina di anni fa l'ha rivelata al pubblico e alla critica: A corpo libero (vedi Rumorscena). Ha aperto la rassegna lucchese, THE SPEECH, l'ultimo o spettacolo di Irene Russolillo in collaborazione con la coreografa e danzatrice belga/argentina Lisi Estaras, e a seguire Dance performance & Live Music con i danzatori Stefano Questorio, Elisa D’Amico e il percussionista Daniele Paoletti. (recensito da me su Rumors) A seguire Francesca Cola, autrice, coreografa e danzatrice che produce in Italia e all'estero con NON ME LO SPIEGAVO, IL MONDO: “Attraverso una grammatica di gesti speculari, richiami, metafore e simboli si lascia allo spettatore la scelta se abbandonarsi all'immediata bellezza visiva del mostrato o seguirne le tracce verso un non-detto e un non-rivelato tanto ricco di suggestioni quanto spaesante nella sua fitta rete di rimandi simbolici”. A seguire Dance performance & Live music con le danzatrici Francesca Zaccaria e Caterina Basso accompagnate dalla tromba di Tony Cattano. Terzo appuntamento è stato con Silvia Gribaudi che ha presentato R.OSA_esercizi per nuovi virtuosismi, a seguire A CORPO LIBERO, selezionato per Biennale di Venezia 2010, Aerowaves -Dance Across Europe 2010, Edinburgh Fringe Festival 2012, Do Disturb - Palais De Tokyo 2017; un lavoro che ironizza sulla condizione femminile a partire dalla gioiosa fluidità del corpo, una performance che parla di donna, libertà e ironia. (vedi Rumorscena). A seguire una settimana dopo Davide Valrosso, diplomato presso L’English National Ballet, e formatosi in alcuni dei più importanti centri di danza contemporanea quali il London Contemporary e la Ramber School, ha portato a SPAM! WE_POP, protagonisti lo stesso Valrosso e Maurizio Giunti: un duo dalla scrittura coreografica di grande raffinatezza. A seguire Dance performanceE & Live music con le danzatrici Giselda Ranieri e Anna Solinas e con Mirco Capecchi (clarinetto basso) E poi Gruppo Nanou, attivo tra Italia, Germania e Belgio ha presentato a SPAM XEBECHE [csèbece], con otto danzatori in scena costantemente al limite del migliore degli inciampi. A concludere la serata Dance performance & Live music con la danzatrice Aline Nari, il danzatore Davide Frangioni e il contrabbassista Mirco Capecchi. E ancora Compagnia Adriana Borriello, COL CORPO CAPISCO #2. Adriana Borriello, danzatrice, coreografa e pedagoga, che ha fatto parte del percorso formativo della danza belga, parla così del suo lavoro: COL CORPO CAPISCO non è solo un titolo, ma una dichiarazione, un manifesto, un modo di stare al mondo. Al centro del progetto modulare la trasmissione da corpo a corpo che pone in primo piano il sentire e genera forme di comunicazione empatica. La danza, essenza dell’atto “inutile” che riflette su se stesso, diventa medium di conoscenza della non-conoscenza, sapienza del corpo, dell’esserci. A seguire Dance performance & Live music con la danzatrice Silvia Bennet, accompagnata da Alessandro Rizzardi al sax tenore. Ultimo appuntamento della rassegna è stato con Marco Chenevier, coreografo, danzatore, regista e attore attivo tra Italia e Francia (Romeo Castellucci e Cindy Van Acker, Cie CFB451 in seno al CCN di Roubaix, Cie Lolita Espin Anadon) e il suo ultimo spettacolo QUESTO LAVORO SULL'ARANCIA in prima regionale. A seguire Dance performance & Live Music con la danzatrice Ilenia Romano e il chitarrista Claudio Riggio. Questo lavoro sull’arancia esprime un bisogno di ricerca di forte e totale interazione col pubblico. Come se il pubblico fosse pronto e preparato alla bi-direzionalità della performance o comunque sempre partecipante attivo in un feedback con gli artisti. La scommessa in atto è l’improvvisazione, il gioco, sia pur guidato, la reazione soggettiva e anche di gruppo da parte del pubblico, alle provocazioni ripetute degli artisti in scena, che ricorda certe performance dadaiste d’inizio secolo scorso di contaminazioni provocatorie non certo congeniali alla danza ingessata del tempo. Quindi si presenta come un lavoro iconoclasta, coraggioso tanto quanto divertente e leggero perché aperto ad una scommessa mai uguale e che si rinnova ad ogni replica. In scena due danzatori Alessia Pinto e lo stesso regista, coreografo e attore Marco Chenevier vincitore di molti premi internazionali fra cui il Be Festival di Birmingham, oltre che a un tecnico seduto non dietro il pubblico ma di lato sulla scena, munito di computer in grembo- Andrea Sangiorgi, dal cui strumento informatico, essenziale per le dinamiche interattive di tempi e di spazio-azione, lancia stimoli interattivi sia verbali che sonori fra performer in doppio canale verso e col pubblico oltre che in forma di voce meccanica. Un pubblico molto numeroso e divertito quello di Porcari, anche perché si trattava di una prima regionale, sollecitato dalle opportunità di feedback che gli sono state offerte fin dall’inizio del lavoro e cioè fin dalla consegna della “merendina” col biglietto in mano. Allo strappo infatti veniva consegnato dalle maschere un sacchetto di carta con dentro: un’arancia con un fazzolettino (forse per chi si sarebbe anche mangiata l’arancia?), una galatina, cicchetto-biscottino al latte, un cartoncino per fare aeroplanini da scagliare in scena per interrompere lo spettacolo come ci viene più volte ordinato e/o consigliato di fare da seduti al nostro posto (per la verità ci aspettavamo anche dei pop corn data la fiction cine-TV in atto, ispirata dal Cinema d’Autore). Il lavoro parte da una piattaforma tipo set fra teatro e palestra, una sorta di TV performativa non in WEB ma dal vivo dove il pubblico, se agisce, guadagna ( o perde) da 5 a 50 euro a seconda della prestazione e della disponibilità ad accettare il contratto-spedito in voce da computer del tecnico e attori performer. E fin qui il gioco è anche buffo, da scuola media, spiazzante. Che tutto parte da un pretesto, una rilettura del geniale film di Kubrick L’Arancia meccanica, ed è qui usato a spunto di una performance che assomiglia a un quiz (la stessa sera era in TV RAI 2, la ripresa de Indietro tutta di Renzo Arbore, parecchi milioni di audience in Italia). Se andare a teatro, se frequentare luoghi dove la presenza fisica, l’esserci del pubblico e degli attori comporta il coinvolgimento a tutto tondo a cominciare dal tirare aeroplanini di carta fra pubblico e scena (un mix un po’ video games un po’ avanspettacolo-scuole medie), il gioco si fa più duro quando la tensione monta per l’escalation delle situazioni a cui il pubblico è sottoposto nell’interazione comandata: azioni di crudeltà sadomaso però in climax cinico-scherzoso nei confronti della ragazza ( Alessia Pinto) da parte dello spietato quanto infantile uomo in fase di svezzamento visto che si dichiara intollerante al latte( Marco Chenevier), ispirate dalle scene di violenza di Arancia meccanica con il finale liberatorio per la donna, che in una sequenza di apparente sottomissione viene bloccata ai polsi per gettarle addosso dall’aguzzino secchiate di latte e arance spremute, lei nuda in una vasca finta piscina, dove anche qualche ospite-spettatore coinvolto nella fiction ma sempre e per finta, si spoglia. Ecco qui a questo punto, in una scena interattiva che svolta e risolve gli interrogativi e i dubbi di chi osserva, irrompe una sorta di sbigottito horror vacui. Questo continuo spostamento di ruoli funzioni e finzioni crea in uno spettatore non più di tanto coinvolto o forse renitente anche per un etica di giusta distanza che sola forse, può facilitare un tentativo di comprensione di ciò che accade, un corto circuito di senso. Il richiamo di memorie associative al lavoro del Living è quasi automatico. Però in distanza abissale rispetto all’eterogenesi dei fini delle creazioni artistiche. Senza evocare il fantasma di Aristotele e la catarsi-non è questo Teatro, ma ricerca della giovane Danza contemporanea internazionale, anche se i generi le categorie pare siano esplose nei loro paletti meta, l’impressione è che questo lavoro dovrebbe evolvere verso qualcosa di davvero nuovo, senza per questo necessariamente proporsi di educare e/o comunque orientare il proprio pubblico della danza o delle arti performative in genere. Forse sarebbe necessario escogitare una chiusura meno confusionale che non sia quella- semplicistica e parecchio rozza dell’immagine del pubblico che lancia ceste di arance sul carnefice della povera vittima, peraltro sorridente. Ma poi, lanciare arance intere addosso al crudele Chenevier gli farà davvero male fisicamente? e il latte versato sulla vittima sarà stato un bagnoschiuma? È catartico? È terapeutico? È irriverente verso il regista cult? segnali ambigui che spesso la danza contemporanea ci ha magistralmente restituito in forma di suggestione simbolica, e in questo lavoro che rivisita un classico della cine-letteratura psichiatrica sado-maso invece vogliono essere trattati secondo il manifesto poetico programmatico del regista: navigare, a vista(?). di Marco Chenevier con Marco Chenevier e Alessia Pinto scene e disegno luci Andrea Sangiorgi produzione TiDA Theatre Danse residenza ALDES progetto curato da ALDES realizzato con il sostegno di Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Comune di Porcari, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Fondazione Cavanis di Porcari in collaborazione con Barga Jazz Visto a Porcari (Lucca) , SPAM! rete per le arti contemporanee, il 13 dicembre 2017 prima regionale

giovedì 21 dicembre 2017


Corriere della Sera / CRONACHE L’INCHIESTA Strage di Ustica, la verità del militare Usa: «Due Mig libici abbattuti dai nostri caccia la sera dell’esplosione» La nuova testimonianza ad «Atlantide», su La7. Torna l’ipotesi del volo colpito per errore di Ilaria Sacchettoni ROMA — Trentasette anni dopo, una nuova testimonianza riaccende la speranza di raggiungere la verità sull’esplosione in volo del Dc-9 che uccise 81 persone sui cieli di Ustica. Brian Sandlin, all’epoca marinaio sulla Saratoga destinata dagli Usa al pattugliamento del Mediterraneo, intervistato (questa sera ad Atlantide su La7) da Andrea Purgatori, autore della prima ricostruzione sulla vicenda, racconta i fatti di cui fu testimone. È la sera del 27 giugno 1980. Dalla plancia della nave che staziona a poche miglia dal golfo di Napoli, il giovane Sandlin assiste al rientro da una missione speciale di due Phantom disarmati, scarichi. Aerei che sarebbero serviti ad abbattere altrettanti Mig libici in volo proprio lungo la traiettoria aerea del Dc-9: «Quella sera — racconta l’ex marinaio — ci hanno detto che avevamo abbattuto due Mig libici. Era quella la ragione per cui siamo salpati: mettere alla prova la Libia». È un’affermazione storica. Per la prima volta qualcuno attesta lo scenario bellico nei cieli italiani durante gli ultimi anni della guerra fredda. «Eravamo coinvolti in un’operazione Nato e affiancati da una portaerei britannica e da una francese» aggiunge Sandlin. La pista del Dc-9 vittima di un’iniziativa militare alleata nei confronti della Libia ha faticato a farsi strada. Ed è ancora alla ricerca di conferme. L’Italia di quegli anni sconta ambiguità. Le istituzioni — per evitare ritorsioni — collaboravano con Gheddafi fornendogli nomi e indirizzi degli oppositori al suo regime che si trovavano in Italia. Gli Usa invece, erano decisi a combatterlo come avverrà in futuro con altri colonnelli (tra cui Saddam Hussein): «Il capitano Flatley — prosegue Sandlin — ci informò che durante le nostre operazioni di volo due Mig libici ci erano venuti incontro in assetto aggressivo e avevamo dovuto abbatterli». L’ex marinaio della Us Navy è pronto a smentire la versione di una bomba terroristica piazzata a bordo dell’aereo Itavia. E a supportare gli approfondimenti dei magistrati della Procura di Roma, Maria Monteleone ed Erminio Amelio, sull’aereo colpito per errore durante un’azione di forza degli alleati. A 57 anni compiuti Sandlin restituisce l’atmosfera che si respirò nei giorni successivi: «Ricordo che in plancia c’era un silenzio assoluto. Non era consentito parlare, non potevamo neppure berci una tazza di caffè o fumare. Gli ufficiali si comportavano in modo professionale ma parlavano poco fra loro». La sensazione diffusa è quella di aver commesso qualcosa di enorme. Possibile che fosse proprio l’abbattimento di un aereo civile? Sandlin non ipotizza ma offre nuovi dettagli. Ma il suo silenzio in tutti questi decenni? È terrorizzato. Nel 1993 la visione di una puntata di 60 minutes (leggendario programma d’inchiesta della Cbs raccontato anche nel film Insider di Michael Mann con Al Pacino) per un attimo addormenta la paura e restituisce memoria all’ex marinaio. Sandlin, però, non trova ancora il coraggio di mettere a disposizione di altri le proprie informazioni. Un sottoufficiale prossimo alla pensione, racconta, era stato ucciso in una rapina tanto misteriosa quanto anomala. Unico ad essere colpito benché in un gruppo di bersagli possibili. Sapeva qualcosa su Ustica? La paura, spiega Sandlin, scompare nel momento in cui cambiano gli scenari internazionali e lo strapotere della Cia è ridimensionato: «Oggi non credo — dice — che possa ancora mordere». E allora l’ex marinaio della Usa Navy parla, racconta e smentisce verità ufficiali. Ad esempio quella del Pentagono sul fatto che, quella notte, i radar della Saratoga sarebbero stati spenti per non disturbare le frequenze televisive italiane. Impossibile, dice l’uomo. Mai e poi mai una nave così avrebbe potuto spegnere i radar.

mercoledì 6 dicembre 2017


Leonardo da Vinci e le verità nascoste Pontedera (Pisa). Da un testo di sottile maestria drammaturgica, ricco di invenzioni immaginifiche, surreali a tratti oniriche, nasce questo nuovo lavoro per le scene di Michele Santeramo: Leonardo da Vinci- L’Opera nascosta. Davvero sorprende piacevolmente e ci trascina con una affabulazione pacata e tuttavia funambolica per la fantasia straripante, le dinamiche ricchissime di metafore, di rimandi su rimandi, di associazioni mentali ardite e spiazzanti come sa ideare solo chi ha un autentico talento letterario oltre che un solido e consistente bagaglio culturale che scandaglia diverse discipline che contemplano letture che vanno dalla filosofia alla fisica. Il pre-testo è quello in filigrana della interpretazione e spunto di quadri e di elementi biografici essenziali del genio di Leonardo da Vinci. E fin qui la prima micro-traccia affabulatoria, apparirebbe quasi banale. L’invenzione drammaturgica passa poi da un altro topos letterario: un dialogo immaginario fra l’Autore Santeramo – Leonardo, e la sua alter ego, un doppio in chiave femminile, col suo sorriso immanente e metafisico: La Gioconda. E anche qui il rischio della vertigine invischiante e debordante che avviluppa figure storiche reali e allegoriche: Leonardo e la sua tutta ipotetica relazione inventata con donna Gioconda (che qui risuona gli stilemi di una Monna Lisa-con petrarchesca Madonna Laura e con richiami a Vermeer e la “sua” Ragazza con l’orecchino di perla), poteva scontrarsi con un solenne tonfo nella temperie del confronto con icone consegnate alla letteratura mondiale di tutti i tempi e di interdisciplinarietà saccheggianti con quelli che Jung definirebbe archetipi universali. Non si può raccontare cosa accade in scena in questo nuovo lavoro di Santeramo, dove tutto a lui è ascritto-testo, regia e interpretazione, perché apparentemente nulla accade, tranne la felice collaborazione con la disegnatrice e video maker, l’ottima Cristina Gardumi, che interagisce in scrittura visuale. Ciò che possiamo dire è che questo lavoro non è inscrivibile nella categoria teatrale del: Teatro di Parola né del Teatro di Narrazione. C’è sì un flusso di parole, che però vivono di piena autonomia, perfettamente organizzate, pensate ab ovo dentro e per uno spazio scenico ben restituite e che non ricordano affatto scrittori e/o giornalisti che in questi ultimi anni calcano piazze teatrali a raccontar se stessi. Perché in questo testo di Santeramo, dietro, c’è una testualità pienamente consapevole, che è scritta per consegnare ad uno spazio teatrale e non di nicchia, uno spazio per e di molti spettatori di teatro. Il gioco metaforico su Verità/menzogna, Arte/scienza, Arte/vita, è da Santeramo tutto giocato dentro una drammaturgia che risolve e rilancia temi di contemporaneità diffusa dove la filosofia, la religione (quella buddista, che è il pensiero più in corda col testo), l’arte, si stanno interrogando e forse, riconfigurando sul proprio meta-discorso interno ed esterno, in un momento di crisi della Cultura e del ruolo del pensiero contemporaneo rispetto emergenze che si sono fatte globali: una fra queste le nuove guerre, quella che Papa Francesco chiama la Nuova terza guerra mondiale, la guerra difffusa del Terzo Millennio. Ma che già lo erano fin dal Secolo breve e fin dai tempi di Leonardo, evidentemente, che per campare era stato costretto a forgiare armi da guerra per il suo committente, come si narra in questa drammaturgia autorale. Interrogativi questi, che sono sempre ferite aperte per una umanità affacciata a continue sfide di sopravvivenza, anche etiche sì, ma a volte solo e semplicemente tentativi di organizzazione dell’esistenza. Leonardo- Santeramo - solo in scena, seduto davanti uno scrittoio, con dietro a sé i quadri-immagini in amplificazione multimediale come era già stato con La prossima stagione con la regia di Roberto Bacci( in collaborazione video di Cristina Gardumi) e dopo Il Nullafacente commissionato dallo stesso Bacci a Santeramo e andato inscena lo scorso anno, parte proprio dall’interrogarsi sulla morte, sulla vita e sulla guerra: La morte fa schifo- è un tormentone testuale che ci accompagna nella narrazione dell’Io-Santeramo in affabulazione con l’altro da sé-Leonardo in affermazione della Vita, dell’Eros. E qui si rintracciano letture fresche sul tema del Tempo, il Tempo pensato da Carlo Rovelli fisico, autore di La realtà non è come appare e Sette brevi lezioni di fisica, teorico del concetto di Tempo termico: la vita è Calore. Ai confini fra Scienza quantistica e buddismo. Un lavoro che Santeramo sta ripetendo in collaborazione con Roberto Bacci dopo La prossima stagione e Alla luce. Leonardo da Vinci- L’opera nascosta di Michele Santeramo con Michele Santeramo immagini Cristina Gardumi luci Fabio Giommarelli regia Michele Santeramo produzione Teatro della Toscana- Teatro Nazionale PRIMA NAZIONALE Visto a Pontedera, Teatro Era, il 1 dicembre 2017

martedì 5 dicembre 2017


FUOCOAMMARE Un ragazzino, Samuele Pucillo,[2] taglia da un pino un rametto biforcuto per ricavarne una fionda. Con il suo amico Mattias Cucina[2] si diverte poi a intagliare occhi e bocca su alcune pale di fico d'India e a tirar loro pietre con la fionda, come contro un esercito nemico. Questo succede sull'isola di Lampedusa, mentre gli uomini dell'ufficio circondariale della Marina, ricevuta via radio una richiesta di soccorso, attivano le ricerche in mare con unità navali ed elicotteri della guardia costiera. Intanto la vita sull'isola prosegue. Una casalinga, Maria Signorello,[3] mentre prepara il pranzo, ascolta la radio locale condotta da Pippo Fragapane[3] che manda in onda musica e canzoni a richiesta e dà notizie su avvistamenti e salvataggi in mare. Profughi e migranti provenienti dal Nordafrica su barconi stracarichi vengono imbarcati sulle navi della Guardia costiera e poi, trasbordati su lance e motovedette, sono condotti a terra. Qui trovano Pietro Bartolo, il medico che dirige il poliambulatorio di Lampedusa e che da anni compie la prima visita ad ogni migrante che sbarca nell'isola[4]. Vengono quindi trasferiti in autobus al centro di accoglienza, perquisiti e fotografati. Samuele parla con Francesco Mannino,[3] un parente pescatore che gli racconta di quando faceva il marinaio sulle navi mercantili vivendo sempre a bordo per sei, sette mesi, tra cielo e mare. Un sub, Francesco Paterna,[3] si immerge a pesca di ricci nonostante il mare mosso. A casa, durante un temporale, Samuele studia e poi ascolta la nonna, Maria Costa,[3] che gli racconta di quando, in tempo di guerra, di notte passavano le navi militari lanciando i razzi luminosi in aria e il mare diventava rosso, sembrava ci fosse il fuoco a mare. Maria Signorello chiama la radio per dedicare al figlio pescatore Fuocoammare, un allegro swing, con l'augurio che il brutto tempo finisca presto e si possa uscire in barca a lavorare. Il brano va in onda. Intanto, nel centro d'accoglienza un gruppo di profughi intona un canto accorato accompagnato dal racconto delle loro peripezie: « Non potevamo restare in Nigeria, molti morivano, c'erano i bombardamenti. Siamo scappati nel deserto, nel Sahara molti sono morti, sono stati uccisi, stuprati. Non potevamo restare. Siamo scappati in Libia, ma in Libia c'era l'ISIS e non potevamo rimanere. Abbiamo pianto in ginocchio: -Cosa faremo? Le montagne non ci nascondevano, la gente non ci nascondeva, siamo scappati verso il mare. Nel viaggio in mare sono morti in tanti. Si sono persi in mare. La barca aveva novanta passeggeri. Solo trenta sono stati salvati, gli altri sono morti. Oggi siamo vivi. Il mare non è un luogo da oltrepassare. Il mare non è una strada. Ma oggi siamo vivi. Nella vita è rischioso non rischiare, perché la vita stessa è un rischio... Siamo andati in mare e non siamo morti. » Il medico, mostrando la foto di un barcone con ottocentosessanta persone, racconta di quelli che non ce l'hanno fatta. Soprattutto di quelli che per giorni navigano sottocoperta, stanchi, affamati, disidratati, fradici e ustionati dal carburante. Commosso e sconvolto, il dottore racconta di quanti ne ha potuti curare e di quanti, invece, ne ha dovuto ispezionare i cadaveri recuperati in mare, tra cui tante donne e bambini, facendo molta fatica ad abituarsi. Così, mentre Samuele cresce e affronta le sue difficoltà per diventare marinaio, infatti a Lampedusa tutti lo sono, in mare prosegue la tragedia dei migranti e l'impegno dei soccorritori. Distribuzione[modifica | modifica wikitesto] Il 26 settembre 2016 il film è stato scelto come film rappresentante l'Italia per l'Oscar al miglior film straniero 2017[5], per poi essere escluso dalla candidatura il 16 dicembre[6]. Tuttavia il 24 gennaio successivo riceve la candidatura all'Oscar nella sezione miglior documentario. Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto] 2017 - Premio Oscar Candidatura al Miglior documentario a Gianfranco Rosi 2017 - Premio César Candidatura al Miglior documentario a Gianfranco Rosi 2016 - David di Donatello Candidatura a Miglior film a Gianfranco Rosi Candidatura a Miglior regista a Gianfranco Rosi Candidatura a Miglior produttore a 21Uno Film, Stemal Entertainment, Istituto Luce-Cinecittà, Rai Cinema, Les films d'ici avec Arte France Cinema Candidatura a Miglior montaggio a Jacopo Quadri 2016 - Nastri d'argento Nastro d'argento per i documentari a Gianfranco Rosi 2016 - Festival internazionale del cinema di Berlino Orso d'oro a Gianfranco Rosi 2016 - Bari International Film Festival Premio Roberto Perpignani - Miglior montatore a Jacopo Quadri 2016 - European Film Awards Miglior documentario a Gianfranco Rosi Candidatura a Miglior film votato nelle Università a Gianfranco Rosi Candidatura a Premio del pubblico al miglior film europeo a Gianfranco Rosi 2016 - Globo d'oro Gran Premio della stampa estera a Gianfranco Rosi Note[modifica | modifica wikitesto] ^ Berlino, l'Orso d'oro per il miglior film a Rosi con "Fuocoammare", storia di migranti, su repubblica.it, 20 febbraio 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ a b Cast Fuocoammare, su mymovies.it. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ a b c d e Berlino 2016: "Fuocoammare", il dramma di Lampedusa raccontato da Rosi, su ciakmagazine.it, 13 febbraio 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ Il medico dell'isola - La Lampedusa di Pietro, protagonista di Fuocoammare di Gianfranco Rosi, su left.it. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ Chiara Ugolini, I migranti di 'Fuocoammare' in corsa per gli Oscar, su repubblica.it, 26 settembre 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ "Fuocoammare" fuori dalle nomination agli Oscar per il film straniero, ancora in corsa come documentario, su repubblica.it, 16 dicembre 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. Voci correlate[modifica | modifica wikitesto] Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera Crisi europea dei migranti Filmografia sull'immigrazione in Italia Lampedusa - Dall'orizzonte in poi Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto] Fuocoammare, in CineDataBase, Rivista del cinematografo. (EN) Fuocoammare, su Internet Movie Database, IMDb.com. Modifica su Wikidata (EN) Fuocoammare, su AllMovie, All Media Network. Modifica su Wikidata (EN) Fuocoammare, in Rotten Tomatoes, Flixster Inc. Modifica su Wikidata (EN, ES) Fuocoammare, in FilmAffinity. Modifica su Wikidata

domenica 3 dicembre 2017


Corriere della Sera / CRONACHE FIRENZE Le studentesse Usa ascoltate 12 ore «Così i carabinieri ci hanno stuprate» L’incidente probatorio conferma la versione delle due ragazze: una di loro sviene in aula La difesa dei militari: «Sono innocenti, nessuna scusa: le giovani erano consenzienti» di Marco Gasperetti Le hanno ascoltate per dodici ore, fino a notte, con una raffica di domande che avevano presentato gli avvocati della difesa. Le due studentesse americane di 21 e 19 anni hanno pianto e una di loro ha anche accusato un lieve malore («La mia assistita è quasi svenuta», ha spiegato l’avvocato Gabriele Zanobini) ma hanno ripetuto tutto ciò che avevano detto agli investigatori. Confermando che la notte del 7 settembre furono violentate da due carabinieri del 112 che avrebbero dovuto proteggerle e accompagnarle “sane a salve” nel loro appartamento nel centro storico di Firenze. Insomma, secondo i legali delle due ragazze, l’incidente probatorio che si è svolto nell’aula bunker di Firenze in modalità protetta, ha “cristallizzato” come prova le dichiarazione delle presunte vittime rafforzando la tesi accusatoria. «Non ci sono state contraddizioni, anche rispetto alle domande ritenute influenti e dunque non sono state invalidate le dichiarazioni iniziali delle studentesse». Memorizzato il cellulare dei carabinieri La difesa dei carabinieri accusati di stupro, l’appuntato Marco Camuffo e il carabiniere scelto Pietro Costa, hanno presentato per ciascuna ragazza oltre 250 domande, alcune delle quali, quelle ininfluenti per le indagini e degradanti per la dignità delle donne, non sono state ammesse. Tra queste anche la domanda se due studentesse quella sera indossassero gli slip. Accettato dal gip Mario Profeta invece il quesito sul motivo perché una delle due studentesse, che hanno confermato di aver bevuto molto alcol la notte del presunto stupro, avesse memorizzato sul suo cellulare il numero di uno dei militari accusati. La giovane ha confermato di averlo salvato nella rubrica ma ha aggiunto di non ricordarne il motivo. La difesa dei militari Secondo l’avvocato Giorgio Carta, legale del carabiniere Pietro Costa, dalla parole delle ragazze sarebbe invece confermata l’innocenza del suo assistito. «I militari sono stati fessi a dare alle studentessa un passaggio in auto ma non le hanno violentate perché loro erano consenzienti, dunque sono innocenti e non devono chiedere scusa».

venerdì 1 dicembre 2017


Credo in tutto ciò che non vedo e credo poco in quello che vedo... credo che la terra si abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne e deserti... Credo anche nei morti che non sono più morti... Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano... Nelle farfalle che ci osservano improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case. Anna Maria Ortese, Corpo celeste