giovedì 28 dicembre 2017


Noi siamo e poi anche non siamo, ed è questa ambiguità che sfugge al linguaggio ordinario denotativo, il quale non afferra il cono d’ombra che l’irrealtà del nostro essere proietta su ciò che siamo e su ciò che siamo diventati, sottraendo la nostra persona alle sue astrazioni, alle sue idealizzazioni proiettive e agli arbìtri della volontà, in cui ci illudiamo che la nostra realtà consista, e restituendola al gioco tra sfere chiare e oscure nelle quali per la verità la nostra esistenza trascorre e si declina. È questa condizione indivisa di essere e non essere, di sogno e veglia, di zone illuminate e di recessi oscuri della nostra coscienza che va al di là del linguaggio ordinario, il quale uncina soltanto fatti opachi, sordi e muti, che costituiscono la pelle indurita della nostra persona, ma sotto la quale scorre la nostra esistenza alla ricerca del suo sogno oscuro. Ed è questo sogno oscuro lo scenario possibile ed eventuale di quella trasformazione di noi stessi che può culminare in una nuova nascita. Noi siamo al tempo stesso attori e spettatori di un grande dramma dell’esistenza. A.G.Gargani.

mercoledì 27 dicembre 2017


Italian Poetry Home Chi siamo Il neolirismo I Poeti Blog Link Contatti ITALIAN POETRY La Poesia Italiana Contemporanea dal Novecento a oggi su L'Espresso RENATO MINORE Su ITALIAN POETRY La Poesia Italiana Contemporanea dal Novecento a oggi (www.italian-poetry) appaiono venti poesie di Natale di poeti italiani contemporanei. Sono stati scelti Buffoni, Carpi, Caproni, Cavalli, D’Incà, Fruner, Giani, Guidacci, Merini, Minore, Montale, Nigi, Quasimodo, Raboni, Ruffilli, Saba, Scotto, Spaziani, Ungaretti, Zanzotto. Ecco il mio "Trittico di Natale" che condivido dall'antologia per gli amici di questa pagina con il mio più caro e affettuoso augurio La letteratura italiana, nel corso del Novecento, ha nella poesia il genere di maggiore creatività e di più alti risultati.Una vitalità sorprendente accompagna tutto il secolo, a partire dal trapasso dell’Ottocento e fino a questi ultimi anni. Una molteplicità di esperienze e una varietà di modi che contrassegnano la produzione globalmente più originale dell’intera Europa, per universale riconoscimento. In Italia, quasi esclusivamente ai poeti è toccato il compito di tradurre in elaborazione letteraria la complessa crisi di identità (di frantumazione dell’io) che contraddistingue il nostro tempo. La perdita delle coordinate, la consapevolezza del moto di deriva dentro il mistero della vita, la riflessione esistenziale, il tentativo di ricomposizione di un ordine minimo, trovano soluzioni diverse e complementari, dentro il grande laboratorio della lingua italiana (una lingua giovane, al principio del secolo patrimonio neppure di un quarto degli italiani, abituati per secoli a parlare le loro lingue particolari, i dialetti). Un’ampia e qualificata scelta offre qui il quadro di una situazione vivace e ricchissima della poesia italiana di oggi. I poeti selezionati, appartenenti alle generazioni nate dagli anni venti-trenta fino agli anni novanta, nelle loro personali esperienze nettamente riconoscibili, testimoniano delle molteplici tendenze in atto al presente in Italia. inglese Italian literature, in the course of the twentieth century, has in poetry the genre of greater creativity and higher achievements. An astonishing vitality accompanies the whole century, starting from the nineteenth century to the last few years. A multitude of experiences and a variety of ways that mark the most original production of the whole of Europe for universal opinion. In Italy, almost exclusively the poets had the task of translating into literary writing the complex identity crisis (the breaking, fragmentation of the ego) that characterizes our time. The loss of the coordinates, the awareness of the drifting motion within the mystery of life, the existential reflection, the attempt to recompose a minimal order, find different and complementary solutions, within the great lab of the Italian language (a young language at the beginning of the century, patrimony even of a quarter of Italians, accustomed for centuries to speak their particular languages, the dialects). A wide and qualified choice offers here the picture of a lively and rich situation of today’s Italian poetry. Selected poets, belonging to the generations born from the 1920s to the nineties, in their personal experiences clearly recognizable, testify to the many trends in the present in Italy. spagnoloEs en el curso del Novecientos que la literatura italiana tiene en la poesia el género de mayor creadividad y con los más altos resultados. Una vitalidad sorprendente acompaña todo el siglo, a partir del cruce del siglo XIX y hasta llegar a estos últimos años. Una multiciplidad de experiencias y una variedad de modos que marcan la producción globalmente más origianl de toda Europa, como está universalmente reconocido. En Italia ha tocado casi exclusivamente a los poetas la tarea de traducir en elaboración literaria la compleja crisis de identidad ( de fragmentación del yo) que distingue nuestra época. La pérdida de ccordenadas, la conciencia del movimiento a la deriva dentro del misterio de la vida, la reflexión existencial, la tentativa de recomponer un orden minimo, hallan soluciones distintas y complementarias, dentro del gran laboratorio de la lengua italiana ( una lengua joven, siendo patrimonio de pocos a comienzos del Novecientos, ni siquiera de un cuarto de los italianos, acostumbrados durante siglos a hablar en sus propias lenguas particulares, los dialectos). Una ampia y cualificada selección propone aquí el cuadro de una situción dinámica y riquísima de la poesia italiana actual. Los poetas seleccionados, pertenecientes a la generación nacida en los años veinte y treinta hasta los años noventa, en sus experiencias personales claramente identificable, son testigos de las muchas tendencias en la actualidad en Italia. franceseAu cours du XXe siècle, la poésie est dans la littérature italienne le genre le plus créateur et celui qui a abouti aux résultats les plus élevés. Une vitalité surprenante accompagne tout le siècle, depuis la fin du XIXe siècle jusqu’à nos jours. Une multiplicité d’expériences et une variété de styles qui caractérisent celle qui est universellement considérée, dans son ensemble, comme la production poétique la plus originale de l’Europe entière. En Italie, les poètes ont été quasiment les seuls à assumer la responsabilité de faire de leur élaboration littéraire la traduction de la crise d’identité complexe (d’éclatement du moi) marquant notre époque. La perte de points de repère, la conscience du mouvement de dérive dans le mystère de la vie, la réflexion existentielle, la tentative de reconstituer un minimum d’ordre, trouvent des solutions différentes et complémentaires, à l’intérieur du grand laboratoire qu’est la langue italienne (une langue jeune, parlée au début du XXe siècle par moins d’un quart des Italiens, habitués depuis des siècles à employer leurs idiomes régionaux, les dialectes). Vaste et qualifié, le choix offert ici est le portrait d’une situation extrêmement vive et riche de la poésie italienne de nos jours. Les poètes choisis, appartenant à la génération née dans les années vingt et trente jusqu’aux années nonante, dans leurs expériences personnelles clairement identifiables, témoignent des nombreuses tendances actuellement en Italie.

martedì 26 dicembre 2017


renzia.dinca SUCCESSO PER LA NUOVA STAGIONE SPAM DIRETTA DA ROBERTO CASTELLO Porcari (Lucca). Si è conclusa con grande successo di pubblico e di gradimento la Stagione SPAM 2017, lo spazio diretto da Roberto Castello nell’immediata periferia della città di Lucca. Castello è coreografo, danzatore e direttore artistico di una delle più importanti rassegne nazionali di un cartellone quest’anno interamente dedicato alla Danza contemporanea internazionale europea. Il titolo era SPAM! Good art is healthy- SGUARDI OLTRE I CONFINI LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L'EUROPA. Il programma andava dal 1° novembre al 13 dicembre per sette doppi appuntamenti con la danza contemporanea. Il critico Graziano Graziani, che da tempo segue SPAM evidenzia come “ i coreografi contemporanei, anche dal punto di vista della formazione, abitano già uno spazio europeo e internazionale che, in altri settori, non esiste ancora, o almeno non in senso compiuto. Per loro è naturale lavorare in Italia come all’estero, entrare in contatto con maestri del Nord Europa e dell’America come con quelli di casa nostra. Lo spazio che abitano, il luogo mentale in cui creano, è già un ambiente europeo e transnazionale.(…)”. Di qui SGUARDI OLTRE I CONFINI - LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L'EUROPA il titolo della rassegna che per sette settimane, tutti i mercoledì, ha portato nella sede di SPAM! a Porcari alcuni tra i più rilevanti spettacoli italiani di danza contemporanea attualmente in circuitazione in abbinamento con altrettante improvvisazioni di danza e musica dal vivo. L'unica eccezione è stata Silvia Gribaudi con R.OSA_10 esercizi per nuovi virtuosismi con Claudia Marsicano, in uno dei suoi lavori di maggiore successo, e in seconda serata il progetto che una decina di anni fa l'ha rivelata al pubblico e alla critica: A corpo libero (vedi Rumorscena). Ha aperto la rassegna lucchese, THE SPEECH, l'ultimo o spettacolo di Irene Russolillo in collaborazione con la coreografa e danzatrice belga/argentina Lisi Estaras, e a seguire Dance performance & Live Music con i danzatori Stefano Questorio, Elisa D’Amico e il percussionista Daniele Paoletti. (recensito da me su Rumors) A seguire Francesca Cola, autrice, coreografa e danzatrice che produce in Italia e all'estero con NON ME LO SPIEGAVO, IL MONDO: “Attraverso una grammatica di gesti speculari, richiami, metafore e simboli si lascia allo spettatore la scelta se abbandonarsi all'immediata bellezza visiva del mostrato o seguirne le tracce verso un non-detto e un non-rivelato tanto ricco di suggestioni quanto spaesante nella sua fitta rete di rimandi simbolici”. A seguire Dance performance & Live music con le danzatrici Francesca Zaccaria e Caterina Basso accompagnate dalla tromba di Tony Cattano. Terzo appuntamento è stato con Silvia Gribaudi che ha presentato R.OSA_esercizi per nuovi virtuosismi, a seguire A CORPO LIBERO, selezionato per Biennale di Venezia 2010, Aerowaves -Dance Across Europe 2010, Edinburgh Fringe Festival 2012, Do Disturb - Palais De Tokyo 2017; un lavoro che ironizza sulla condizione femminile a partire dalla gioiosa fluidità del corpo, una performance che parla di donna, libertà e ironia. (vedi Rumorscena). A seguire una settimana dopo Davide Valrosso, diplomato presso L’English National Ballet, e formatosi in alcuni dei più importanti centri di danza contemporanea quali il London Contemporary e la Ramber School, ha portato a SPAM! WE_POP, protagonisti lo stesso Valrosso e Maurizio Giunti: un duo dalla scrittura coreografica di grande raffinatezza. A seguire Dance performanceE & Live music con le danzatrici Giselda Ranieri e Anna Solinas e con Mirco Capecchi (clarinetto basso) E poi Gruppo Nanou, attivo tra Italia, Germania e Belgio ha presentato a SPAM XEBECHE [csèbece], con otto danzatori in scena costantemente al limite del migliore degli inciampi. A concludere la serata Dance performance & Live music con la danzatrice Aline Nari, il danzatore Davide Frangioni e il contrabbassista Mirco Capecchi. E ancora Compagnia Adriana Borriello, COL CORPO CAPISCO #2. Adriana Borriello, danzatrice, coreografa e pedagoga, che ha fatto parte del percorso formativo della danza belga, parla così del suo lavoro: COL CORPO CAPISCO non è solo un titolo, ma una dichiarazione, un manifesto, un modo di stare al mondo. Al centro del progetto modulare la trasmissione da corpo a corpo che pone in primo piano il sentire e genera forme di comunicazione empatica. La danza, essenza dell’atto “inutile” che riflette su se stesso, diventa medium di conoscenza della non-conoscenza, sapienza del corpo, dell’esserci. A seguire Dance performance & Live music con la danzatrice Silvia Bennet, accompagnata da Alessandro Rizzardi al sax tenore. Ultimo appuntamento della rassegna è stato con Marco Chenevier, coreografo, danzatore, regista e attore attivo tra Italia e Francia (Romeo Castellucci e Cindy Van Acker, Cie CFB451 in seno al CCN di Roubaix, Cie Lolita Espin Anadon) e il suo ultimo spettacolo QUESTO LAVORO SULL'ARANCIA in prima regionale. A seguire Dance performance & Live Music con la danzatrice Ilenia Romano e il chitarrista Claudio Riggio. Questo lavoro sull’arancia esprime un bisogno di ricerca di forte e totale interazione col pubblico. Come se il pubblico fosse pronto e preparato alla bi-direzionalità della performance o comunque sempre partecipante attivo in un feedback con gli artisti. La scommessa in atto è l’improvvisazione, il gioco, sia pur guidato, la reazione soggettiva e anche di gruppo da parte del pubblico, alle provocazioni ripetute degli artisti in scena, che ricorda certe performance dadaiste d’inizio secolo scorso di contaminazioni provocatorie non certo congeniali alla danza ingessata del tempo. Quindi si presenta come un lavoro iconoclasta, coraggioso tanto quanto divertente e leggero perché aperto ad una scommessa mai uguale e che si rinnova ad ogni replica. In scena due danzatori Alessia Pinto e lo stesso regista, coreografo e attore Marco Chenevier vincitore di molti premi internazionali fra cui il Be Festival di Birmingham, oltre che a un tecnico seduto non dietro il pubblico ma di lato sulla scena, munito di computer in grembo- Andrea Sangiorgi, dal cui strumento informatico, essenziale per le dinamiche interattive di tempi e di spazio-azione, lancia stimoli interattivi sia verbali che sonori fra performer in doppio canale verso e col pubblico oltre che in forma di voce meccanica. Un pubblico molto numeroso e divertito quello di Porcari, anche perché si trattava di una prima regionale, sollecitato dalle opportunità di feedback che gli sono state offerte fin dall’inizio del lavoro e cioè fin dalla consegna della “merendina” col biglietto in mano. Allo strappo infatti veniva consegnato dalle maschere un sacchetto di carta con dentro: un’arancia con un fazzolettino (forse per chi si sarebbe anche mangiata l’arancia?), una galatina, cicchetto-biscottino al latte, un cartoncino per fare aeroplanini da scagliare in scena per interrompere lo spettacolo come ci viene più volte ordinato e/o consigliato di fare da seduti al nostro posto (per la verità ci aspettavamo anche dei pop corn data la fiction cine-TV in atto, ispirata dal Cinema d’Autore). Il lavoro parte da una piattaforma tipo set fra teatro e palestra, una sorta di TV performativa non in WEB ma dal vivo dove il pubblico, se agisce, guadagna ( o perde) da 5 a 50 euro a seconda della prestazione e della disponibilità ad accettare il contratto-spedito in voce da computer del tecnico e attori performer. E fin qui il gioco è anche buffo, da scuola media, spiazzante. Che tutto parte da un pretesto, una rilettura del geniale film di Kubrick L’Arancia meccanica, ed è qui usato a spunto di una performance che assomiglia a un quiz (la stessa sera era in TV RAI 2, la ripresa de Indietro tutta di Renzo Arbore, parecchi milioni di audience in Italia). Se andare a teatro, se frequentare luoghi dove la presenza fisica, l’esserci del pubblico e degli attori comporta il coinvolgimento a tutto tondo a cominciare dal tirare aeroplanini di carta fra pubblico e scena (un mix un po’ video games un po’ avanspettacolo-scuole medie), il gioco si fa più duro quando la tensione monta per l’escalation delle situazioni a cui il pubblico è sottoposto nell’interazione comandata: azioni di crudeltà sadomaso però in climax cinico-scherzoso nei confronti della ragazza ( Alessia Pinto) da parte dello spietato quanto infantile uomo in fase di svezzamento visto che si dichiara intollerante al latte( Marco Chenevier), ispirate dalle scene di violenza di Arancia meccanica con il finale liberatorio per la donna, che in una sequenza di apparente sottomissione viene bloccata ai polsi per gettarle addosso dall’aguzzino secchiate di latte e arance spremute, lei nuda in una vasca finta piscina, dove anche qualche ospite-spettatore coinvolto nella fiction ma sempre e per finta, si spoglia. Ecco qui a questo punto, in una scena interattiva che svolta e risolve gli interrogativi e i dubbi di chi osserva, irrompe una sorta di sbigottito horror vacui. Questo continuo spostamento di ruoli funzioni e finzioni crea in uno spettatore non più di tanto coinvolto o forse renitente anche per un etica di giusta distanza che sola forse, può facilitare un tentativo di comprensione di ciò che accade, un corto circuito di senso. Il richiamo di memorie associative al lavoro del Living è quasi automatico. Però in distanza abissale rispetto all’eterogenesi dei fini delle creazioni artistiche. Senza evocare il fantasma di Aristotele e la catarsi-non è questo Teatro, ma ricerca della giovane Danza contemporanea internazionale, anche se i generi le categorie pare siano esplose nei loro paletti meta, l’impressione è che questo lavoro dovrebbe evolvere verso qualcosa di davvero nuovo, senza per questo necessariamente proporsi di educare e/o comunque orientare il proprio pubblico della danza o delle arti performative in genere. Forse sarebbe necessario escogitare una chiusura meno confusionale che non sia quella- semplicistica e parecchio rozza dell’immagine del pubblico che lancia ceste di arance sul carnefice della povera vittima, peraltro sorridente. Ma poi, lanciare arance intere addosso al crudele Chenevier gli farà davvero male fisicamente? e il latte versato sulla vittima sarà stato un bagnoschiuma? È catartico? È terapeutico? È irriverente verso il regista cult? segnali ambigui che spesso la danza contemporanea ci ha magistralmente restituito in forma di suggestione simbolica, e in questo lavoro che rivisita un classico della cine-letteratura psichiatrica sado-maso invece vogliono essere trattati secondo il manifesto poetico programmatico del regista: navigare, a vista(?). di Marco Chenevier con Marco Chenevier e Alessia Pinto scene e disegno luci Andrea Sangiorgi produzione TiDA Theatre Danse residenza ALDES progetto curato da ALDES realizzato con il sostegno di Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Comune di Porcari, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Fondazione Cavanis di Porcari in collaborazione con Barga Jazz Visto a Porcari (Lucca) , SPAM! rete per le arti contemporanee, il 13 dicembre 2017 prima regionale

giovedì 21 dicembre 2017


Corriere della Sera / CRONACHE L’INCHIESTA Strage di Ustica, la verità del militare Usa: «Due Mig libici abbattuti dai nostri caccia la sera dell’esplosione» La nuova testimonianza ad «Atlantide», su La7. Torna l’ipotesi del volo colpito per errore di Ilaria Sacchettoni ROMA — Trentasette anni dopo, una nuova testimonianza riaccende la speranza di raggiungere la verità sull’esplosione in volo del Dc-9 che uccise 81 persone sui cieli di Ustica. Brian Sandlin, all’epoca marinaio sulla Saratoga destinata dagli Usa al pattugliamento del Mediterraneo, intervistato (questa sera ad Atlantide su La7) da Andrea Purgatori, autore della prima ricostruzione sulla vicenda, racconta i fatti di cui fu testimone. È la sera del 27 giugno 1980. Dalla plancia della nave che staziona a poche miglia dal golfo di Napoli, il giovane Sandlin assiste al rientro da una missione speciale di due Phantom disarmati, scarichi. Aerei che sarebbero serviti ad abbattere altrettanti Mig libici in volo proprio lungo la traiettoria aerea del Dc-9: «Quella sera — racconta l’ex marinaio — ci hanno detto che avevamo abbattuto due Mig libici. Era quella la ragione per cui siamo salpati: mettere alla prova la Libia». È un’affermazione storica. Per la prima volta qualcuno attesta lo scenario bellico nei cieli italiani durante gli ultimi anni della guerra fredda. «Eravamo coinvolti in un’operazione Nato e affiancati da una portaerei britannica e da una francese» aggiunge Sandlin. La pista del Dc-9 vittima di un’iniziativa militare alleata nei confronti della Libia ha faticato a farsi strada. Ed è ancora alla ricerca di conferme. L’Italia di quegli anni sconta ambiguità. Le istituzioni — per evitare ritorsioni — collaboravano con Gheddafi fornendogli nomi e indirizzi degli oppositori al suo regime che si trovavano in Italia. Gli Usa invece, erano decisi a combatterlo come avverrà in futuro con altri colonnelli (tra cui Saddam Hussein): «Il capitano Flatley — prosegue Sandlin — ci informò che durante le nostre operazioni di volo due Mig libici ci erano venuti incontro in assetto aggressivo e avevamo dovuto abbatterli». L’ex marinaio della Us Navy è pronto a smentire la versione di una bomba terroristica piazzata a bordo dell’aereo Itavia. E a supportare gli approfondimenti dei magistrati della Procura di Roma, Maria Monteleone ed Erminio Amelio, sull’aereo colpito per errore durante un’azione di forza degli alleati. A 57 anni compiuti Sandlin restituisce l’atmosfera che si respirò nei giorni successivi: «Ricordo che in plancia c’era un silenzio assoluto. Non era consentito parlare, non potevamo neppure berci una tazza di caffè o fumare. Gli ufficiali si comportavano in modo professionale ma parlavano poco fra loro». La sensazione diffusa è quella di aver commesso qualcosa di enorme. Possibile che fosse proprio l’abbattimento di un aereo civile? Sandlin non ipotizza ma offre nuovi dettagli. Ma il suo silenzio in tutti questi decenni? È terrorizzato. Nel 1993 la visione di una puntata di 60 minutes (leggendario programma d’inchiesta della Cbs raccontato anche nel film Insider di Michael Mann con Al Pacino) per un attimo addormenta la paura e restituisce memoria all’ex marinaio. Sandlin, però, non trova ancora il coraggio di mettere a disposizione di altri le proprie informazioni. Un sottoufficiale prossimo alla pensione, racconta, era stato ucciso in una rapina tanto misteriosa quanto anomala. Unico ad essere colpito benché in un gruppo di bersagli possibili. Sapeva qualcosa su Ustica? La paura, spiega Sandlin, scompare nel momento in cui cambiano gli scenari internazionali e lo strapotere della Cia è ridimensionato: «Oggi non credo — dice — che possa ancora mordere». E allora l’ex marinaio della Usa Navy parla, racconta e smentisce verità ufficiali. Ad esempio quella del Pentagono sul fatto che, quella notte, i radar della Saratoga sarebbero stati spenti per non disturbare le frequenze televisive italiane. Impossibile, dice l’uomo. Mai e poi mai una nave così avrebbe potuto spegnere i radar.

mercoledì 6 dicembre 2017


Leonardo da Vinci e le verità nascoste Pontedera (Pisa). Da un testo di sottile maestria drammaturgica, ricco di invenzioni immaginifiche, surreali a tratti oniriche, nasce questo nuovo lavoro per le scene di Michele Santeramo: Leonardo da Vinci- L’Opera nascosta. Davvero sorprende piacevolmente e ci trascina con una affabulazione pacata e tuttavia funambolica per la fantasia straripante, le dinamiche ricchissime di metafore, di rimandi su rimandi, di associazioni mentali ardite e spiazzanti come sa ideare solo chi ha un autentico talento letterario oltre che un solido e consistente bagaglio culturale che scandaglia diverse discipline che contemplano letture che vanno dalla filosofia alla fisica. Il pre-testo è quello in filigrana della interpretazione e spunto di quadri e di elementi biografici essenziali del genio di Leonardo da Vinci. E fin qui la prima micro-traccia affabulatoria, apparirebbe quasi banale. L’invenzione drammaturgica passa poi da un altro topos letterario: un dialogo immaginario fra l’Autore Santeramo – Leonardo, e la sua alter ego, un doppio in chiave femminile, col suo sorriso immanente e metafisico: La Gioconda. E anche qui il rischio della vertigine invischiante e debordante che avviluppa figure storiche reali e allegoriche: Leonardo e la sua tutta ipotetica relazione inventata con donna Gioconda (che qui risuona gli stilemi di una Monna Lisa-con petrarchesca Madonna Laura e con richiami a Vermeer e la “sua” Ragazza con l’orecchino di perla), poteva scontrarsi con un solenne tonfo nella temperie del confronto con icone consegnate alla letteratura mondiale di tutti i tempi e di interdisciplinarietà saccheggianti con quelli che Jung definirebbe archetipi universali. Non si può raccontare cosa accade in scena in questo nuovo lavoro di Santeramo, dove tutto a lui è ascritto-testo, regia e interpretazione, perché apparentemente nulla accade, tranne la felice collaborazione con la disegnatrice e video maker, l’ottima Cristina Gardumi, che interagisce in scrittura visuale. Ciò che possiamo dire è che questo lavoro non è inscrivibile nella categoria teatrale del: Teatro di Parola né del Teatro di Narrazione. C’è sì un flusso di parole, che però vivono di piena autonomia, perfettamente organizzate, pensate ab ovo dentro e per uno spazio scenico ben restituite e che non ricordano affatto scrittori e/o giornalisti che in questi ultimi anni calcano piazze teatrali a raccontar se stessi. Perché in questo testo di Santeramo, dietro, c’è una testualità pienamente consapevole, che è scritta per consegnare ad uno spazio teatrale e non di nicchia, uno spazio per e di molti spettatori di teatro. Il gioco metaforico su Verità/menzogna, Arte/scienza, Arte/vita, è da Santeramo tutto giocato dentro una drammaturgia che risolve e rilancia temi di contemporaneità diffusa dove la filosofia, la religione (quella buddista, che è il pensiero più in corda col testo), l’arte, si stanno interrogando e forse, riconfigurando sul proprio meta-discorso interno ed esterno, in un momento di crisi della Cultura e del ruolo del pensiero contemporaneo rispetto emergenze che si sono fatte globali: una fra queste le nuove guerre, quella che Papa Francesco chiama la Nuova terza guerra mondiale, la guerra difffusa del Terzo Millennio. Ma che già lo erano fin dal Secolo breve e fin dai tempi di Leonardo, evidentemente, che per campare era stato costretto a forgiare armi da guerra per il suo committente, come si narra in questa drammaturgia autorale. Interrogativi questi, che sono sempre ferite aperte per una umanità affacciata a continue sfide di sopravvivenza, anche etiche sì, ma a volte solo e semplicemente tentativi di organizzazione dell’esistenza. Leonardo- Santeramo - solo in scena, seduto davanti uno scrittoio, con dietro a sé i quadri-immagini in amplificazione multimediale come era già stato con La prossima stagione con la regia di Roberto Bacci( in collaborazione video di Cristina Gardumi) e dopo Il Nullafacente commissionato dallo stesso Bacci a Santeramo e andato inscena lo scorso anno, parte proprio dall’interrogarsi sulla morte, sulla vita e sulla guerra: La morte fa schifo- è un tormentone testuale che ci accompagna nella narrazione dell’Io-Santeramo in affabulazione con l’altro da sé-Leonardo in affermazione della Vita, dell’Eros. E qui si rintracciano letture fresche sul tema del Tempo, il Tempo pensato da Carlo Rovelli fisico, autore di La realtà non è come appare e Sette brevi lezioni di fisica, teorico del concetto di Tempo termico: la vita è Calore. Ai confini fra Scienza quantistica e buddismo. Un lavoro che Santeramo sta ripetendo in collaborazione con Roberto Bacci dopo La prossima stagione e Alla luce. Leonardo da Vinci- L’opera nascosta di Michele Santeramo con Michele Santeramo immagini Cristina Gardumi luci Fabio Giommarelli regia Michele Santeramo produzione Teatro della Toscana- Teatro Nazionale PRIMA NAZIONALE Visto a Pontedera, Teatro Era, il 1 dicembre 2017

martedì 5 dicembre 2017


FUOCOAMMARE Un ragazzino, Samuele Pucillo,[2] taglia da un pino un rametto biforcuto per ricavarne una fionda. Con il suo amico Mattias Cucina[2] si diverte poi a intagliare occhi e bocca su alcune pale di fico d'India e a tirar loro pietre con la fionda, come contro un esercito nemico. Questo succede sull'isola di Lampedusa, mentre gli uomini dell'ufficio circondariale della Marina, ricevuta via radio una richiesta di soccorso, attivano le ricerche in mare con unità navali ed elicotteri della guardia costiera. Intanto la vita sull'isola prosegue. Una casalinga, Maria Signorello,[3] mentre prepara il pranzo, ascolta la radio locale condotta da Pippo Fragapane[3] che manda in onda musica e canzoni a richiesta e dà notizie su avvistamenti e salvataggi in mare. Profughi e migranti provenienti dal Nordafrica su barconi stracarichi vengono imbarcati sulle navi della Guardia costiera e poi, trasbordati su lance e motovedette, sono condotti a terra. Qui trovano Pietro Bartolo, il medico che dirige il poliambulatorio di Lampedusa e che da anni compie la prima visita ad ogni migrante che sbarca nell'isola[4]. Vengono quindi trasferiti in autobus al centro di accoglienza, perquisiti e fotografati. Samuele parla con Francesco Mannino,[3] un parente pescatore che gli racconta di quando faceva il marinaio sulle navi mercantili vivendo sempre a bordo per sei, sette mesi, tra cielo e mare. Un sub, Francesco Paterna,[3] si immerge a pesca di ricci nonostante il mare mosso. A casa, durante un temporale, Samuele studia e poi ascolta la nonna, Maria Costa,[3] che gli racconta di quando, in tempo di guerra, di notte passavano le navi militari lanciando i razzi luminosi in aria e il mare diventava rosso, sembrava ci fosse il fuoco a mare. Maria Signorello chiama la radio per dedicare al figlio pescatore Fuocoammare, un allegro swing, con l'augurio che il brutto tempo finisca presto e si possa uscire in barca a lavorare. Il brano va in onda. Intanto, nel centro d'accoglienza un gruppo di profughi intona un canto accorato accompagnato dal racconto delle loro peripezie: « Non potevamo restare in Nigeria, molti morivano, c'erano i bombardamenti. Siamo scappati nel deserto, nel Sahara molti sono morti, sono stati uccisi, stuprati. Non potevamo restare. Siamo scappati in Libia, ma in Libia c'era l'ISIS e non potevamo rimanere. Abbiamo pianto in ginocchio: -Cosa faremo? Le montagne non ci nascondevano, la gente non ci nascondeva, siamo scappati verso il mare. Nel viaggio in mare sono morti in tanti. Si sono persi in mare. La barca aveva novanta passeggeri. Solo trenta sono stati salvati, gli altri sono morti. Oggi siamo vivi. Il mare non è un luogo da oltrepassare. Il mare non è una strada. Ma oggi siamo vivi. Nella vita è rischioso non rischiare, perché la vita stessa è un rischio... Siamo andati in mare e non siamo morti. » Il medico, mostrando la foto di un barcone con ottocentosessanta persone, racconta di quelli che non ce l'hanno fatta. Soprattutto di quelli che per giorni navigano sottocoperta, stanchi, affamati, disidratati, fradici e ustionati dal carburante. Commosso e sconvolto, il dottore racconta di quanti ne ha potuti curare e di quanti, invece, ne ha dovuto ispezionare i cadaveri recuperati in mare, tra cui tante donne e bambini, facendo molta fatica ad abituarsi. Così, mentre Samuele cresce e affronta le sue difficoltà per diventare marinaio, infatti a Lampedusa tutti lo sono, in mare prosegue la tragedia dei migranti e l'impegno dei soccorritori. Distribuzione[modifica | modifica wikitesto] Il 26 settembre 2016 il film è stato scelto come film rappresentante l'Italia per l'Oscar al miglior film straniero 2017[5], per poi essere escluso dalla candidatura il 16 dicembre[6]. Tuttavia il 24 gennaio successivo riceve la candidatura all'Oscar nella sezione miglior documentario. Riconoscimenti[modifica | modifica wikitesto] 2017 - Premio Oscar Candidatura al Miglior documentario a Gianfranco Rosi 2017 - Premio César Candidatura al Miglior documentario a Gianfranco Rosi 2016 - David di Donatello Candidatura a Miglior film a Gianfranco Rosi Candidatura a Miglior regista a Gianfranco Rosi Candidatura a Miglior produttore a 21Uno Film, Stemal Entertainment, Istituto Luce-Cinecittà, Rai Cinema, Les films d'ici avec Arte France Cinema Candidatura a Miglior montaggio a Jacopo Quadri 2016 - Nastri d'argento Nastro d'argento per i documentari a Gianfranco Rosi 2016 - Festival internazionale del cinema di Berlino Orso d'oro a Gianfranco Rosi 2016 - Bari International Film Festival Premio Roberto Perpignani - Miglior montatore a Jacopo Quadri 2016 - European Film Awards Miglior documentario a Gianfranco Rosi Candidatura a Miglior film votato nelle Università a Gianfranco Rosi Candidatura a Premio del pubblico al miglior film europeo a Gianfranco Rosi 2016 - Globo d'oro Gran Premio della stampa estera a Gianfranco Rosi Note[modifica | modifica wikitesto] ^ Berlino, l'Orso d'oro per il miglior film a Rosi con "Fuocoammare", storia di migranti, su repubblica.it, 20 febbraio 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ a b Cast Fuocoammare, su mymovies.it. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ a b c d e Berlino 2016: "Fuocoammare", il dramma di Lampedusa raccontato da Rosi, su ciakmagazine.it, 13 febbraio 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ Il medico dell'isola - La Lampedusa di Pietro, protagonista di Fuocoammare di Gianfranco Rosi, su left.it. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ Chiara Ugolini, I migranti di 'Fuocoammare' in corsa per gli Oscar, su repubblica.it, 26 settembre 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. ^ "Fuocoammare" fuori dalle nomination agli Oscar per il film straniero, ancora in corsa come documentario, su repubblica.it, 16 dicembre 2016. URL consultato il 1º aprile 2017. Voci correlate[modifica | modifica wikitesto] Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera Crisi europea dei migranti Filmografia sull'immigrazione in Italia Lampedusa - Dall'orizzonte in poi Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto] Fuocoammare, in CineDataBase, Rivista del cinematografo. (EN) Fuocoammare, su Internet Movie Database, IMDb.com. Modifica su Wikidata (EN) Fuocoammare, su AllMovie, All Media Network. Modifica su Wikidata (EN) Fuocoammare, in Rotten Tomatoes, Flixster Inc. Modifica su Wikidata (EN, ES) Fuocoammare, in FilmAffinity. Modifica su Wikidata

domenica 3 dicembre 2017


Corriere della Sera / CRONACHE FIRENZE Le studentesse Usa ascoltate 12 ore «Così i carabinieri ci hanno stuprate» L’incidente probatorio conferma la versione delle due ragazze: una di loro sviene in aula La difesa dei militari: «Sono innocenti, nessuna scusa: le giovani erano consenzienti» di Marco Gasperetti Le hanno ascoltate per dodici ore, fino a notte, con una raffica di domande che avevano presentato gli avvocati della difesa. Le due studentesse americane di 21 e 19 anni hanno pianto e una di loro ha anche accusato un lieve malore («La mia assistita è quasi svenuta», ha spiegato l’avvocato Gabriele Zanobini) ma hanno ripetuto tutto ciò che avevano detto agli investigatori. Confermando che la notte del 7 settembre furono violentate da due carabinieri del 112 che avrebbero dovuto proteggerle e accompagnarle “sane a salve” nel loro appartamento nel centro storico di Firenze. Insomma, secondo i legali delle due ragazze, l’incidente probatorio che si è svolto nell’aula bunker di Firenze in modalità protetta, ha “cristallizzato” come prova le dichiarazione delle presunte vittime rafforzando la tesi accusatoria. «Non ci sono state contraddizioni, anche rispetto alle domande ritenute influenti e dunque non sono state invalidate le dichiarazioni iniziali delle studentesse». Memorizzato il cellulare dei carabinieri La difesa dei carabinieri accusati di stupro, l’appuntato Marco Camuffo e il carabiniere scelto Pietro Costa, hanno presentato per ciascuna ragazza oltre 250 domande, alcune delle quali, quelle ininfluenti per le indagini e degradanti per la dignità delle donne, non sono state ammesse. Tra queste anche la domanda se due studentesse quella sera indossassero gli slip. Accettato dal gip Mario Profeta invece il quesito sul motivo perché una delle due studentesse, che hanno confermato di aver bevuto molto alcol la notte del presunto stupro, avesse memorizzato sul suo cellulare il numero di uno dei militari accusati. La giovane ha confermato di averlo salvato nella rubrica ma ha aggiunto di non ricordarne il motivo. La difesa dei militari Secondo l’avvocato Giorgio Carta, legale del carabiniere Pietro Costa, dalla parole delle ragazze sarebbe invece confermata l’innocenza del suo assistito. «I militari sono stati fessi a dare alle studentessa un passaggio in auto ma non le hanno violentate perché loro erano consenzienti, dunque sono innocenti e non devono chiedere scusa».

venerdì 1 dicembre 2017


Credo in tutto ciò che non vedo e credo poco in quello che vedo... credo che la terra si abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo negli spiriti dei boschi, delle montagne e deserti... Credo anche nei morti che non sono più morti... Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano... Nelle farfalle che ci osservano improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case. Anna Maria Ortese, Corpo celeste

domenica 26 novembre 2017


renzia.dinca Porcari (Lucca). E’ partita la stagione SPAM 2017 Sguardi oltre i confini -La danza italiana che guarda l’Europa. SPAM-la rete per le arti contemporanee, con sede nei pressi di Lucca, diretta dal coreografo danzatore e formatore Roberto Castello, è partita in concomitanza con Lucca Comics & Games, la manifestazione internazionale del fumetto, seconda solo a Tokio per il numero di presenze. Il gruppo ALDES nato da un’idea di Roberto Castello, dal 1993 produce e promuove opere di sperimentazione coreografica di contaminazione fra diverse discipline. Attualmente gli artisti presenti in ALDES sono: Caterina Basso, Andrea Cosentino, Aline Nari, Stefano Questorio, Giselda Ranieri, Irene Russolillo, Giacomo Verde, Francesca Zaccaria oltre allo stesso Roberto Castello. Aldes- si legge nel volantino consegnato alla prima della nuova stagione “è un progetto politico, un esperimento di gestione responsabile della cultura e dell’azione artistica e del rapporto con il territorio”. Alla prima abbiamo anche avuto una brochure che è un manifesto programmatico: Le ragioni di un nuovo spazio teatrale pubblico, firmato dal Comitato per un Nuovo Spazio Teatrale per la città, un gruppo di cittadini che chiede e documenta la necessità di uno spazio teatrale pubblico a Lucca dopo la mancata realizzazione dell’apertura della Cavallerizza. A partire dal 2008 ALDES cura il progetto SPAM che ospita in un capannone nelle zone delle famose cartiere di Porcari, residenze artistiche internazionali di giovani compagnie e una programmazione multidisciplinare di spettacoli, workshop, attività didattiche e incontri, sostenuto dalla Regione Toscana col progetto Residenze artistiche e culturali nato nel 2013 che comprende 23 strutture fra le più significative presenti sul territorio toscano. La rassegna per sette settimane tutti i mercoledì porta a SPAM alcuni tra i più interessanti spettacoli italiani di danza contemporanea attualmente in cartellone con a seguire nella stessa serata lavori di improvvisazione di danza e musica dal vivo, secondo un consueto e collaudato modello di proposta per il pubblico affezionato. Ha aperto la rassegna il 1 novembre The Speech di Irene Russolillo in collaborazione con la coreografa belga-argentina Lisi Estaras. A seguire Dance performance & Live Music con Stefano Questorio ed Elisa D’Amico e le percussioni di Daniele Paoletti musicista che collabora col cantautore livornese Bobo Rondelli. Terzo appuntamento 2017 di SGUARDI OLTRE I CONFINI La danza italiana che guarda l’Europa di SPAM Good art is Healthy è stato R.OSA_10 esercizi per nuovi virtuosismi di Silvia Gribaudi/ La Corte ospitale con Claudia Marsicano e A corpo libero di e con Silvia Gribaudi/ La corte ospitale. In The Speech Irene Russolillo instaura un quasi onirico rapporto con lo spettatore attraverso microfono e parole (tratte da Autoportrait di Edouard Levé)- una tessitura testuale di suggestioni sulla caduta e sul vuoto, e azioni che le rappresentano icasticamente in forma essenziale e netta. Il lavoro che ha debuttato a Roma, è ricco di implicazioni sonore e visive e condensa una linea felice ed originale avviata dalla giovane performer e danzatrice che col corpo-voce disegna in modo delicato un percorso di comunicazione sottile fra sé ed il pubblico evocativo e poetico di memorie e storie che possono appartenere al singolo ma che possono far identificare lo spettatore dentro topoi esistenziali di forte presa emotiva. Il duo Questorio-D’Amico in improvvisazione con il percussionista Daniele Paoletti narra nello spazio scenico, di incontri fra un uomo e una donna che sfociano in allontanamenti e ritrovamenti di forte impatto. Travolgente la sonorità e timbrica del musicista. A proposito dei due lavori al femminile di mercoledì 15 novembre R.OSA con Claudia Marsicano performer premio UBU 2016 come miglior attrice under 35, diretta da Silvia Gribaudi e A corpo libero di e con la stessa Gribaudi, è apprezzabile la messa in gioco di due corpi che investono sulla scena su un dirompente fattore ironico ed autoironico, trasgredendo con complice e smaliziata consapevolezza tutti i codici più consueti datati, forse, ma certamente sempre ancora in vigore che riguardano la danza e i corpi dei danzatori ma anche la gestione della corporeità della donna nelle diverse età della vita e nella trasformazione del soma. In un mondo dove il modello Barbie magari di plastica, è sempre onnipresente nell’immaginario di madri e figlie (e di padri e fidanzati-principi azzurri), lo smascheramento impudente a cui da anni ci ha abituati Silvia Gribaudi ( lo spettacolo A corpo libero è del 2009 e ha avuto molti premi e riconoscimenti a cominciare da Premio Giovane danza d’autore Veneto), riporta la fisicità femminile dentro la materia, quella che quasi sempre la danza sceglie di non rappresentare in nome di una poetica della bellezza eterea e confortante allo sguardo di modelli di corpi femminili solo magri oppure molto muscolosi. In particolare Claudia Marsicano nella felice collaborazione sulla linea della coreografa Gribaudi ( che ha creato corsi di danza per donne over sessanta), stupisce per la versatilità con cui gioca col proprio corpo, un corpo che rimanda alle immagini e sculture di Botero. Un corpo da cui mai ci si aspetterebbe appunto una lezione di virtuosismi fisici mentre assistiamo invece a un piccolo trattato quasi in forma di lezioni da trainer da corpi allenati e patinati da palestra vip. La performer buca la quarta parete e coinvolge il pubblico nella sua esibizione scatenando spesso ilarità nel pubblico ma non si tratta di manifestazione sarcastica, anzi. E’ la spoliazione di pregiudizi artificiosi e spesso in funzione di corpo idealizzato dato in pasto a mode diete e mercificazione della identità femminile. The speech Interprete Irene Russolillo Trattamento audio Spartaco Cortesi Disegno luci Valeria Foti Produzione Fondazione musica per Roma Testo ( adattato) di Edouard Levé ( Autoportrait) R.OSA dieci esercizi per nuovi virtuosismi di Silvia Gribaudi Coreografia e regia Silvia Gribaudi Performer Claudia Marsicano Produzione Silvia Gribaudi performing arts e la Corte ospitale- Rubiera A corpo libero di e con Silvia Gribaudi Produzione La Corte ospitale-Rubiera Visti a Porcari (Lucca), spazio SPAM il primo e il15 novembre 2017

sabato 18 novembre 2017


www.teatrodellatoscana.it Firenze, 17 novembre 2017 Cinque gruppi di cittadini in dieci incontri per sviluppare desideri e utopie, fino a descrivere (quasi a disegnare) un nuovo ideale di Scandicci. LA CITTÀ VISIBILE è un progetto ideato dall’Accademia dell’Uomo della Fondazione Teatro della Toscana e promosso dal Comune di Scandicci. Sabato 18 novembre, ore 21, va in scena una conferenza-spettacolo al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’: grazie all’approccio multidisciplinare di facilitatori e trainer, attraverso l’utilizzo di video, immagini, confronti filosofici ed estetici, attraverso la mimica del corpo dedotta dal Metodo di Orazio Costa e le tecniche del coaching, i cittadini sono stati chiamati a immaginare la città di domani. Il futuro di una città si traccia attraverso processi di confronto e valutazione non solo tecnici, ma anche culturali. Su tali processi e importante generare dibattiti, idee, valori che provengono da chi il territorio lo vive ogni giorno con le proprie esigenze ed esperienze. L’ingresso all’evento è libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Prenotazione online obbligatoria su www.teatrostudioscandicci.it/invito-citta-visibile/ Un vero esperimento di democrazia, il punto di connessione tra cittadini e l’immaginazione del futuro dello spazio urbano che vivono ricercato attraverso lo strumento del teatro. Questo è, in estrema sintesi, LA CITTÀ VISIBILE, il progetto di partecipazione pubblica ideato dall’Accademia dell’Uomo della Fondazione Teatro della Toscana e promosso dal Comune di Scandicci, che chiude la prima parte del proprio percorso con una conferenza-spettacolo sabato 18 novembre alle 21 al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’. Inserito parallelamente alle iniziative che l’Amministrazione comunale di Scandicci ha realizzato nell’ambito del progetto “Una città per cambiare”, in occasione dell’aggiornamento del Piano Strutturale e dell’elaborazione del Piano Operativo (i nuovi strumenti che sostituiranno integralmente il Regolamento Urbanistico), il progetto LA CITTÀ VISIBILE parte da una “domanda consueta”, per dare una risposta inedita: l’interrogativo su come si possano inserire i cittadini nel processo di pianificazione dell’immagine ventura della città è risolto facendo apparire sulla scena, è il caso di dirlo, lo strumento del teatro. Alle consuete riunioni di gruppi di lavoro attorno a un tavolo, all’elenco di dichiarazioni e parole chiave si sostituisce un lavoro sull’espressione fisica, sulla fantasia, sul recupero del contatto con la città e con concetti spesso dimenticati come quello di bellezza. Questo grazie all’Accademia dell’Uomo, lo strumento che il Teatro della Toscana ha basato proprio al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ come costola del suo Centro di Avviamento all’Espressione per indagare i possibili utilizzi che il teatro, e in particolare il Metodo Mimico di Orazio Costa che la Fondazione impiega come proprio principio formativo, può avere nel miglioramento della vita quotidiana di donne e uomini, magari ibridato con altre discipline, a partire dal coaching. Guidati dall’ideatore Iacopo Braca, assistito dagli insegnanti CAE Marisa Crussi, Alessandro Scaretti e Michele Redaelli, con la supervisione del Responsabile della formazione del Teatro della Toscana Pier Paolo Pacini, cinque gruppi di cittadini, attraverso un percorso di dieci incontri, hanno sviluppato desideri e utopie, fino a descrivere un nuovo ideale di città. Hanno percorso in lungo e in largo Scandicci e i dintorni, come per riappropriarsene; ne hanno ricostruito la storia, rappresentandola quasi graficamente sul palcoscenico; hanno scavato nel loro voler essere cittadini attivi, cercando fantasia e nuove motivazioni. Il teatro è stato il veicolo scatenante di una catena di riflessioni, e la chiave per aprire la porta di un reale momento di democrazia non legato al solo contingente, ma capace di trovare il particolare nell’ambito di una visione più elevata e generale. La conferenza-spettacolo di sabato 18 novembre, che prevede la partecipazione dei cittadini coinvolti e degli attori diplomati della Scuola ‘Orazio Costa’, è articolata in cinque quadri diversi. Quattro sono legati a una parola d’ordine – Bellezza, Emozioni, Tempo, Visioni – utile a spiegare il lavoro fatto. L’ultimo veicolerà le domande che sono il risultato degli incontri, e anche l’impegno che viene consegnato all’Amministrazione. LA CITTÀ VISIBILE non si ferma qui. Il laboratorio proseguirà come forme di impegno comune e collettivo, per essere officina attiva e cassa di risonanza del processo di cambiamento della città. L’Accademia dell’Uomo al Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ L’Accademia dell’Uomo è un centro di formazione che può essere propedeutico all’attività teatrale, ma che soprattutto esplora in generale le possibilità espressive, creative e comunicative dell’essere umano. Unisce il Metodo Mimico di Orazio Costa insieme al coaching ed altre discipline legate al mondo della formazione esperienziale, che si focalizzano sulle competenze umane (comunicazione, intelligenza emotiva, relazioni interpersonali, empatia, gestione dello stress, leadership). Il Metodo Mimico di Orazio Costa nasce nell’ambito teatrale, ma è stato da sempre applicato anche in ambiti diversi, quali l’educazione giovanile (emotività e creatività) e lo sviluppo delle capacità espressive degli adulti, e ha avuto anche applicazioni in ambiti relativi alla comunicazione. Il coaching è una strategia di formazione che lavora principalmente sulla relazione e aiuta a raggiungere obiettivi desiderati e performance eccellenti, mantenendo un costante equilibrio psicofisico. L’obiettivo generale dell’Accademia dell’Uomo è il recupero e lo sviluppo di un naturale istinto espressivo, sia comunicativo che emotivo, e di fornire strumenti utilizzabili concretamente negli ambiti della creatività, della gestione dell’emotività e della comunicazione, da utilizzare sia in ambito teatrale che professionale e personale. L’Accademia organizza corsi per aziende con l’obiettivo di perfezionare la capacità comunicativa, allenare la relazione con sé stessi e gli altri, per costruire un’ambiente di lavoro etico che metta al centro lo stato di benessere del gruppo di lavoro. La città dei miti sono i percorsi formativi per la stagione 2017/2018. Non esiste cultura o civiltà sul nostro pianeta che non abbia sviluppato un proprio originale complesso mitologico. Figure mitiche e leggende hanno dato vita alle relazioni profonde di ogni civiltà, per costruire sia il tessuto psicologico che quello urbano. Il linguaggio del mito permette oggi di riscoprire le nostre radici e poter leggere il presente così da immaginare il futuro. Sono previsti tre percorsi. COMUNICARE ATTRAVERSO I MITI _ corso base Il percorso è finalizzato allo sviluppo di una più consapevole ed efficace capacità comunicativa oltre a una maggiore consapevolezza dell’aspetto cognitivo e comportamentale legato al movimento espressivo e al rapporto tra postura ed espressione di sé. Il corso è aperto a tutti e prevede 25 incontri il lunedì ore 20-22:30 da novembre a giugno. I MITI DEL FUTURO_ incontri di crescita professionale per giovani dai 18-25 anni. Appuntamenti dedicati alla riflessione sul rapporto tra i giovani e il mercato lavorativo. Un percorso di crescita professionale per ragazzi che vogliono creare una relazione attiva, consapevole e personalizzata con il mondo del lavoro. Il corso è gratuito e prevede 8 incontri dal 23 novembre al 21 dicembre. RACCONTARE I MITI_ laboratorio espressivo per over 65 Incontri dedicati alla costruzione di un racconto della Città Metropolitana, attraverso i ricordi e le immagini della memoria personale. I partecipanti lavoreranno sulla capacità comunicativa del gesto e della parola. Attraverso i loro ricordi, aneddoti, riflessioni, costruiranno un racconto che unisce il loro vissuto della Città incrociandolo con figure archetipiche. Il corso è gratuito e prevede 8 incontri fino al 5 dicembre. Coordinatore dell’Accademia è Pier Paolo Pacini, coadiuvato da Iacopo Braca. Il Centro di Avviamento all’Espressione Il Centro di Avviamento all’Espressione, il Centro di didattica espressiva e teatrale che Orazio Costa aprì nel 1979 presso il Teatro della Pergola, ha rappresentato il punto di arrivo del lavoro di Costa sulla pedagogia teatrale e sullo studio dell’espressione, della creatività e della comunicazione; un lavoro che ha impegnato tutta la sua vita, dalle prime esperienze come assistente di Jacques Copeau, fondamentali per l’elaborazione della sua metodologia didattica, e poi attraverso gli anni di insegnamento all’Accademia di Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’, dove ha formato i più importanti attori della storia del teatro italiano dal dopoguerra agli anni Novanta. L’attività del Centro comprende: Scuola per Attori ‘Orazio Costa’ destinata a coloro che intendono intraprendere professionalmente il mestiere dell’attore. È una scuola con struttura biennale che ha come base didattica il Metodo Mimico, ma si avvale anche del contributo di altre metodologie. Il corso è finalizzato a sviluppare, per mezzo di un rigoroso insegnamento, le capacità tecniche e creative individuali necessarie all’attività professionale. Corsi di Avviamento al Teatro destinati a coloro che sono interessati a conoscere le basi del Metodo Mimico e a intraprendere un percorso di introduzione al lavoro dell’attore. Sono corsi aperti a tutti in considerazione della loro valenza educativa e formativa, finalizzati sia al recupero dell’espressività naturale dell’individuo, per lo sviluppo delle sue potenzialità di apprendimento, creative e di comunicazione, che a un primo incontro con il mondo attoriale. 1° ANNO Introduzione all’Istinto Mimico. Per coloro che non hanno mai partecipato a corsi teatrali del Teatro della Pergola. I corsi proposti sono: - studenti scuole superiori: lunedì ore 15 / 19-40 anni: martedì ore 21 oppure giovedì ore 21 / over 40: lunedì ore 19.30 Programma didattico Primi incontri dell’allievo con l’esperienza mimica, affinamento dell’apparato fisico e inizio dell’uso della voce con un primo studio di un testo. 2° ANNO Verso la preparazione dell’attore. Per coloro che hanno frequentato un 1° Anno Introduttivo o un Corso di Metodo Mimico del Teatro della Pergola. I corsi proposti sono: - studenti scuole superiori: mercoledì ore 15 / 19-40 anni: venerdì ore 21 / over 40: giovedì ore 18.30 oppure mercoledì ore 19.30 I corsi dell’Anno Realizzativo possono essere ripetuti più volte: ogni anno il lavoro sarà effettuato su un tema specifico. Programma didattico Approfondimento del lavoro mimico e dell’uso della voce. Approccio all’interpretazione del testo con l’utilizzo del lavoro già effettuato attraverso la mimazione e la vocalizzazione. Inizio del lavoro formativo per l’interpretazione attoriale attraverso lo studio della drammaturgia nella sua struttura elementare. Oltre ai corsi tradizionalmente presentati, quest’anno è previsto un nuovo progetto, un corso non prettamente teatrale, che affronta il tema del rapporto tra il Metodo Mimico e le neuroscienze. Direttore del Centro è Pier Paolo Pacini.

martedì 7 novembre 2017


Residenze artistico-teatrali, la Toscana racconta i suoi 'avamposti culturali' 7 novembre 2017 | 12:15 Scritto da Walter Fortini   FIRENZE - Un modello assolutamente da valorizzare: una ‘casa' offerta ad operatori e artisti che casa non hanno, in molti casi giovani artisti, e che diventa luogo di produzione, rappresentazione ma anche di formazione. Di più: uno snodo e punto di incontro tra arte e comunità, con benefici per entrambi, opportunità di crescita professionale ma anche civile e sociale. "Sulle residenze artistiche abbiamo avviato un lavoro tre anni fa e vogliamo portarlo avanti" premette l'assessore alla cultura e vice presidente della giunta regionale toscana, Monica Barni. Le residenze artistiche sono, nei numeri toscani, qualcosa in effetti che nelle altre regioni non esiste: un'eccellenza, ‘avamposti culturali in tricea' di un lavoro che mette insieme qualità e prossimità. Ma sono anche una delle tante tessere capaci di garantire una diffusa accessibilità alla cultura, che è un po' il fil rouge, trasversale, dell'azione portata avanti dall'assessorato dall'inizio della legislatura. All'incontro oggi a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze  - gremita la sala Pegaso - assieme alla Regione e ai rappresentanti degli spazi teatrali ‘abitati'  c'erano anche l'Anci, l'associazione dei Comuni toscani, e tanti amministratori. Tutti riconfermano la volontà di proseguire nel progetto che ha dato finora buoni frutti. "Sulle battaglie culturali mi piacerebbe un fronte comune di tutte le forze politiche" rilancia Simone Gheri per i Comuni. "L'abitudine alla cultura si costruisce dal basso e lavorando sul territori" ricorda Barni.Di progetto innovativo e scommessa 'glocal' - "espressione di democrazia partecipativa", perchè non solo si producono spettacoli ma si fa anche animazione dei territori, con le comunità che le abitano - parla Renzo Boldrini, stamani nelle vesti di coordinatore della residenze artistiche toscane. Numeri di successo e sostenibilità economica L'iniziativa, mentre sta per partire l'ultima stagione del triennio 2016-2018, diventa così l'occasione per fare il punto e raccontarne i numeri: a partire dal volume d'affari complessivo e dalle risorse generate (5 milioni),  dalle produzioni in aumento e il pubblico anch'esso in crescita, e dalle risorse investite, più di 4,5 milioni di euro, la fetta più grossa dalla Regione (1 milione e 900 mila per ciascun anno dell'attuale triennio, distribuiti con un avviso pubblico) e una parte rilevante anche dai Comuni (950 mila). Di residenze artistiche in Toscana ce ne sono ventitré, diciotto singole e cinque multiple, animate da trentatré imprese teatrali che agiscono quotidianamente in cinquantasette spazi teatrali in convenzione con quarantatré diversi comuni. Ce n'è uno almeno in quasi tutte le province toscane. Un cantiere in continua evoluzione, vario al suo interno, mai autoreferenziale e capace di rimare collegato alle altre parti del sistema dello spettacolo: dai teatri pubblici e privati alle fondazioni regionali. Un mondo abitato da soggetti diversi per generi e discipline, capace di influenzare i territori ed esserne influenzato, con reti di progetto e un sistema aperto e inclusivo. Quando la vicinanza produce cultura "La prossimità e la vicinanza con i cittadini e la comunità che abita i territori ne sono il tratto distintivo - annota l'assessore Barni, mentre ricorda il documento identitario siglato dagli operatori delle residenze nei mesi scorsi – e sono espresse al meglio da un progetto diffuso, così come lo sono la capacità di dare ‘sostanza' alle differenze vocazioni, non solo artistiche, che costituiscono il Dna delle loro diversità". "Per la comunità i benefici sono enormi - prosegue Barni -. Uno su tutti: il moltiplicarsi di eventi culturali ad ampio raggio". "Naturalmente il progetto – annota – rivolge l'attenzione alle giovani compagnie e o i gruppi emergenti". Quindici residenze hanno dato opportunità di residenza ad oltre trenta compagnie e tredici (con 63 spettacoli programmati) hanno ospitato giovani compagnie. Spettacoli e spettatori I risultati sono incoraggianti. L'anno scorso, nel 2016, le residenze toscane hanno programmato autonomamente 1618, oltre l'11 per cento in più del 2015, e 127.049 sono state le presenze, con un aumento di più del 20 per cento. Ci sono stati anche altri 126 spettacoli che le residenze hanno programmato nei loro teatri in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana. Sempre nel 2016 sono state inoltre organizzate 6242 giornate di laboratorio e attività d'incontro, formazione, promozione e diffusione delle culture teatrali ed altre 2.094 in cui i teatri si sono trasformati in una casa per il lavoro fra artisti e pubblico ospitando da tutta Italia e dall'estero artisti in residenze. Di più: sempre nel 2016 grazie alle residenze e la loro attività anche ‘ nomade' la produzione ‘made in Toscana' ha esportato in Italia e all'estero 2.190 aperture di sipario a cui hanno assistito 221.367 spettatori. Un ‘attività che complessivamente ha visto impegnate 1.114 persone tra artisti, personale amministrativo e tecnici, cumulando ben 42.782 giornate lavorative e diventando dunque anche occasione di sviluppo economico. Dunque avanti così. "Questi luoghi (ed altri) disseminati sull'intero territorio regionale costituiscono una grande ricchezza – spiega l'assessore – In quei comuni e in quelle frazioni dove il teatro svolge una funzione attiva ed abitata, le comunità si riconoscono e dialogano con lo spazio che viene a farsi 'casa' e abitudine alla frequentazione dell'offerta culturale". Qualcosa che si è consolidato ed è cresciuto con l'avvio del secondo triennio del progetto Residenze. "Il teatro si è rivelato ancora una volta un utile strumento per aggregare e contaminare, anche dal punto di vista dei linguaggi e delle lingue, altre realtà" sottolinea Barni, pensando anche alle tante comunità multietniche presenti nei territori. Quanto al futuro, prova a tracciare una rotta lungo cui costruire un sistema culturale in cui teatri, scuole, musei, biblioteche e ogni altro soggetto attivo possano davvero offrire un percorso per un rinnovamento del rapporto tra arti e cittadini. Rinnovare la scena insomma. Ed ampliare e diversificare i pubblici. Con un'accortezza ben evidenza: mettere al centro sempre il cittadino. Visto dalla platea Dalla  parte opposta al palco racconta la sua esperienza proprio una spettatrice, Vittoriana Francini di Arezzo, membra del gruppo "Spettatori erranti". "Tutto è nato da un volantino, quattro anni fa, ed ho scoperto il teatro -  ricorda -: la bellezza del teatro visto dall'interno, fatto di incontri e dialoghi con gli artisti prima e dopo la rappresentazione, la bellezza dei tanti spazi teatrali dei comuni della provincia che neppure sapevo che esistessero".   Come "spettatori erranti" vanno insieme a teatro e calato il sipario, in auto tornando a casa, iniziano i dibattito e le discussioni su quanto visto. Un esercizio di pensiero critico, con anche tanti giovani che si sono avvicinati ultimamente al gruppo. I trentatré titolari delle residenze toscane Giallo Mare Minimal Teatro Accademia Amiata Mutamenti ALDES Associazione lucchese danza e spettacolo Archetipo Armunia – Festival Costa degli Etruschi Attodue Bubamara Teatro CapoTrave Catalyst Chille de la Balanza Company Blu Consorzio Coreografi Danza d'Autore CON.COR.DA Diesis Teatrango Elsinor Kanterstrasse Katzenmache Kinkaleri Il Teatro delle Donne – Centro nazionale di drammaturgia Laboratori permanenti Murmuris NATA Nuova Accademia del Teatro d'Arte Officine della Cultura Officine Papage Pilar Ternera Sosta Palmizi Straligut Teatro Teatro Buti Teatrino dei Fondi Teatri d'Imbarco Teatro della Limonaia Teatro Popolare d'Arte Teatro Stabile di Anghiari Versiliadanza   I comuni coinvolti nel progetto delle residenze artistiche 12 in provincia di Arezzo: Arezzo, Sansepolcro, Monte San Savino, Lucignano, Castiglion fiorentino Bucine, Montevarchi, Bibbiena, Terranuova Bracciolini, Loro Ciuffenna, Anghiari, Cortona. 7 nella città metropolitana di Firenze: Firenze, Bagno a Ripoli, Barberino del Mugello,Vicchio, Sesto Fiorentino, Calenzano, Lastra a Signa. 4 nel comprensorio Empolese Valdelsa: Empoli (FI), Santa Croce sull'Arno (PI), Castelfiorentino (FI), Vinci (FI). 5 in provincia di Grosseto: Cinigiano, Castel del Piano, Roccastrada, Castiglion della Pescaia, Gavorrano. 3 in provincia di Livorno: Livorno, Castiglioncello, Rosignano Marittimo. 2 in provincia di Lucca: Lucca, Porcari. 7 in provincia di Pisa: Pisa, San Miniato, Capannoli, Fucecchio, Buti, Pomarance, Monterotondo Marittimo. 1 a Prato: Prato. 2 in provincia di Siena: Siena, Monteroni d'Arbia. C

venerdì 3 novembre 2017


Talora con gli occhi del bambino, talora assumendo le forme delle sue creature surreali, Savinio ha sempre comunque indagato il cuore ipocrita del “tipo italiano” ed ha sempre cercato nelle pieghe del sogno, dell’onirico e del visionario una prospettiva nuova per arrivare al cuore di una verità sempre scandalosa e per tanto rivelatrice .Il mio incontro con questo autore già avvenne circa quindici anni fa quando misi in scena un suo divertente testo intitolato la Famiglia Mastinu e nella stessa stagione ideai un lavoro che raccoglieva vari suoi scritti sotto il titolo “Il circo del Signor Dido”. Anni dopo con Marion D’Amburgo attraversammo la spinosa e potente scrittura scenica dell’autore italo / greco, tratta dalla Nostra Anima ( di cui realizzai una versione anche Radiofonica per RaiRadioTre ) e poi di nuovo Savinio toccò le corde del mio intelletto quando realizzai un recital tratto dal suo bellissimo libro : L’infanzia di Nivasio Dolcemare.Insomma per me Savinio resta un incontro folgorante .Questo suo voler disinnescare i meccanismi ipocriti borghesi, familiari è indicatore di una capacità sovversiva che la sua scrittura porta con sé e che oggi può rappresentare uno strumento di conoscenza e osservazione per un cambiamento profondo che la società italiana deve chiedere a sé stessa ; in questo costante “sconfinamento” risiede la ricchezza di senso della scrittura di Savinio. Egli ci invita, con ironia, a dissacrare noi stessi, le regole che come adulti ci siamo dati, conservando quello sguardo bambino, artistico, che possa illuminare il buio “del dolore del presente”Con il sostegno del Teatro di Buti affronto il suo testo teatrale più conosciuto e la prima cosa che di lui lessi ; lo faccio con una grande compagna di viaggio di tante avventure teatrali : Elena Croce.EMMA B VEDOVA GIOCASTA resta il cardine del teatro Saviniano, un punto di arrivo, un sunto della sua poetica ; questo testo, partendo dal rapporto madre / figlio, ridiscute con crudeltà un sistema di relazioni alla ricerca di una possibile verità che travalichi barriere, limiti e confini. " Alessio Pizzech

lunedì 30 ottobre 2017


SPAM! GOOD ART IS HEALTHY presenta: SGUARDI OLTRE I CONFINI LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L'EUROPA dal 1° novembre al 13 dicembre sette doppi appuntamenti con la danza contemporanea Come il critico teatrale e conduttore di Radio3 Graziano Graziani evidenzia, i coreografi contemporanei, anche dal punto di vista della formazione, abitano già uno spazio europeo e internazionale che, in altri settori, non esiste ancora, o almeno non in senso compiuto. Per loro è naturale lavorare in Italia come all’estero, entrare in contatto con maestri del Nord Europa e dell’America come con quelli di casa nostra. Lo spazio che abitano, il luogo mentale in cui creano, è già un ambiente europeo e transnazionale. Per questo possono essere considerati dei pionieri di quella cultura compiutamente europea che tra qualche decennio ci sembrerà un’ovvietà ma che oggi è una lingua che stiamo ancora imparando a parlare Di qui SGUARDI OLTRE I CONFINI - LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L'EUROPA, il titolo della rassegna che per 7 settimane, tutti i mercoledì, porterà nella sede di SPAM! a Porcari alcuni tra i più rilevanti spettacoli italiani di danza contemporanea attualmente in circuitazione in abbinamento con altrettante improvvisazioni di danza e musica dal vivo. L'unica eccezione sarà rappresentata dalla serata del 15 novembre in cui Silvia Gribaudi presenterà in prima serata R. OSA_10 esercizi per nuovi virtuosismi, uno dei suoi lavori di maggiore successo e in seconda serata il lavoro che una decina di anni fa l'ha rivelata al pubblico e alla critica: A corpo libero. Gli spettacoli andranno in scena ogni mercoledì alle h21 Ad aprire la rassegna, il 1° novembre h21, THE SPEECH, l'ultimo seducente ed ironico spettacolo di Irene Russolillo, una straordinaria interprete, in collaborazione con la coreografa e danzatrice belga/argentina Lisi Estaras, e a seguire DANCE PERFORMANCE & LIVE MUSIC con i danzatori Stefano Questorio, Elisa D’Amico e il percussionista Daniele Paoletti. Mercoledì 8 novembre Francesca Cola, autrice, coreografa e danzatrice che produce in Italia e all'estero, porterà a SPAM! NON ME LO SPIEGAVO, IL MONDO: una potente performance visiva e di danza contemporanea. “Attraverso una grammatica di gesti speculari, richiami, metafore e simboli si lascia allo spettatore la scelta se abbandonarsi all'immediata bellezza visiva del mostrato o seguirne le tracce verso un non-detto e un non-rivelato tanto ricco di suggestioni quanto spaesante nella sua fitta rete di rimandi simbolici” (Francesca Cola). A seguire DANCE PERFORMANCE & LIVE MUSIC con le danzatrici Francesca Zaccaria e Caterina Basso accompagnate dalla tromba di Tony Cattano. Il 15 novembre Silvia Gribaudi presenterà in prima serata R.OSA_esercizi per nuovi virtuosismi “In R.OSA Silvia Gribaudi afferra tutta la leggerezza, la libertà e la dirompente voglia di scommettere sulla sua ingombrante fisicità, con una performance di vertiginosa bravura” (Gabriele Rizza – IL MANIFESTO), e a seguire A CORPO LIBERO, selezionato per Biennale di Venezia 2010, Aerowaves -Dance Across Europe 2010,
 Edinburgh Fringe Festival 2012, Do Disturb - Palais De Tokyo 2017; un lavoro che ironizza sulla condizione femminile a partire dalla gioiosa fluidità del corpo, una performance che parla di donna, libertà e ironia. Il 22 novembre Davide Valrosso, diplomato presso L’English National Ballet, e formatosi in alcuni dei più importanti centri di danza contemporanea quali il London Contemporary e la Ramber School, porta a SPAM! WE_POP, che vede protagonisti lo stesso Valrosso e Maurizio Giunti: un duo dalla scrittura coreografica di grande raffinatezza. WE_POP [..] Sostegni, equilibri, simbiosi di corpi. L’uno indaga l’energia dell’altro con una condivisione che quadruplica l’intensità del movimento, esaltato dalla forza di questi due incantevoli corpi che si lasciano trasportare da una potenza che rende il gesto forte e fluido allo stesso tempo (Francesca Gennuso). A seguire DANCE PERFORMANCE & LIVE MUSIC con le danzatrici Giselda Ranieri e Anna Solinas con Mirco Capecchi (clarinetto basso) Il 29 novembre il Gruppo Nanou, attivo tra Italia, Germania e Belgio, presenterà XEBECHE [csèbece], con otto danzatori in scena.”[...]Oltre il virtuosismo e oltre la tecnica – dice Salvatore Insana sulla performance - ma anche aldilà della voglia di fare la Storia e di raccontare storie, c’è l’ironia fragile, sottile ed evidente di chi è lì in quanto corpo umano e animale (Marco Maretti su tutti), in un magnifico sbilanciamento, costantemente al limite del migliore degli inciampi”. A concludere la serata DANCE PERFORMANCE & LIVE MUSIC con la danzatrice Aline Nari, il danzatore Davide Frangioni e il contrabbassista Mirco Capecchi. La Compagnia Adriana Borriello, sarà a SPAM! il 6 dicembre con COL CORPO CAPISCO #2. Adriana Borriello, danzatrice, coreografa e pedagoga, che ha fatto parte del percorso formativo della danza belga, parla così del suo lavoro: COL CORPO CAPISCO non è solo un titolo, ma una dichiarazione, un manifesto, un modo di stare al mondo. Al centro del progetto modulare la trasmissione da corpo a corpo che pone in primo piano il sentire e genera forme di comunicazione empatica. La danza, essenza dell’atto “inutile” che riflette su se stesso, diventa medium di conoscenza della non-conoscenza, sapienza del corpo, dell’esserci. A seguire DANCE PERFORMANCE & LIVE MUSIC con la danzatrice Silvia Bennet accompagnata da Alessandro Rizzardi al sax tenore. L'ultimo appuntamento della rassegna sarà con Marco Chenevier, coreografo, danzatore, regista e attore attivo tra Italia e Francia (Romeo Castellucci e Cindy Van Acker, Cie CFB451 in seno al CCN di Roubaix, Cie Lolita Espin Anadon,...) e il suo ultimo spettacolo QUESTO LAVORO SULL'ARANCIA (in prima regionale). “Cosa accade se uno spettacolo di danza, anziché come oggetto di linguaggio, viene costruito quale esperienza? Voglio interrogarmi sulla natura del dispositivo scenico attraversandolo insieme al pubblico in un'ottica diversa, incentrata non sull'interpretazione del simbolo ma su dinamiche esperienziali condivise. L'estetica strizza l'occhio al film cult “Arancia meccanica”. L'arancia, il latte, il bianco, il rapporto sadomasochistico dell'artista con il sistema spettacolare e con gli spettatori, fanno da sottofondo allo svolgersi dell'azione. “ (Marco Chenevier). A seguire DANCE PERFORMANCE & LIVE MUSIC con la danzatrice Ilenia Romano e il chitarrista Claudio Riggiò. -------------------------------------------------------------- SGUARDI OLTRE I CONFINI - LA DANZA ITALIANA CHE GUARDA L’EUROPA è un progetto a cura di ALDES/SPAM! in collaborazione con Barga Jazz media partner: Il Tirreno, Rumor(s)cena, Lo Sguardo di Arlecchino --------------- INFO biglietti: 10 euro + €3,00 tesseramento SPAM! ridotti (over 65): 7 euro INGRESSO GRATUITO per gli under 18 info@spamweb.it t. 342.0591932 - 348.3213503 www.spamweb.it ufficio stampa: Eva Guidotti T +39.342.0591932 / press@aldesweb.org --------------- SPAM! rete per le arti contemporanee è un progetto curato da ALDES realizzato con il sostegno di Regione Toscana, Provincia di Lucca, Comune di Lucca, Comune di Porcari, Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e Fondazione Cavanis di Porcari

lunedì 23 ottobre 2017

La Diversità fa paura? La Diversità è anche normalità? Nel quotidiano della nostra vita esiste una condizione in comune che ci coinvolge sempre: la diversità. Ognuno di noi è diverso dall’altro e, anche se siamo sempre in contatto con chi vive vicino a noi, spesso lo definiamo con il termine di diverso. Non siamo in grado di includere e accettare quello che per la nostra soggettività riteniamo differente, rispetto al concetto di norma cui ci sentiamo di appartenere. Ci spaventa, ci fa paura e tutto questo produce atteggiamenti e comportamenti di discriminazione. La paura della diversità: l’etimologia della parola significa che siamo in presenza di caratteristiche, tratti, identità, tali da non essere conformi e quindi diversi da un soggetto all’altro se pur identificabili nella medesima tipologia. Parliamo, ad esempio, dell’orientamento sessuale, di condizione di disabilità psicofisica, di un credo religioso, fino a toccare l’etnia degli esseri umani. Ma perché proviamo cosi tanta paura per chi consideriamo diverso da noi? Ci spaventa quello che non conosciamo e mettiamo in atto strategie difensive per evitare di entrare in contatto con la diversità. Ci manca la capacità di comprensione e tendiamo a cercare ciò che è più simile ai nostri canoni estetici, esistenziali, alle nostre credenze, come unico modello possibile di vita. Ogni altra caratteristica, anche identitaria, di genere, che fuoriesce dalla norma in cui ci riconosciamo, viene etichettata, stigmatizzata e definita “anormale”. Claudia Provvedini, giornalista del Corriere della Sera e critico teatrale per Rumor(s)cena, mi scrive a tal proposito: “Chi ha paura del ‘diverso’? Io, ad esempio. Da chi o da ciò che è estraneo alle categorie tranquillizzanti di salute, bellezza, capacità, ebbene sono turbata. Eppure, in tanti anni di frequentazione del teatro, ad affascinarmi in certi spettacoli è stata proprio la loro ‘diversità’: l’immersione nella difficoltà, nella malattia, nel brutto… Del resto, per far sì che una comunità si confronti, si stupisca, si turbi, il teatro deve essere ancora – come quando è nato -, un luogo di differenze, di distanze dal quotidiano per intravvederne il doppio profondo. Quel che invece in una performance mi dis-turba è l’addomesticamento, lo sfruttamento comico e indulgente (talora con esiti di improvvisazione amatoriale) della ‘diversità’ per farla apparire come realtà normale anziché come forza diversiva”. Oltre a farci paura, pensiamo la diversità anche come portatrice di pericolosità sociale. Per questo abbiamo paura del diverso, perché non siamo noi. Così è accaduto con uno spettacolo teatrale che ha suscitato reazioni di intolleranza fino a pretenderne la censura preventiva e impedirne la visione. Perché fa paura? In molti si sono posti la domanda a proposito di “Fa’afafine – Mi chiamo Alex e sono un dinosauro”, testo scritto e diretto da Giuliano Scarpinato (prodotto dal CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia – Udine e dal Teatro Biondo Stabile di Palermo) e interpretato dall’attore Michele Degirolamo. Fa’afafine La paura era alimentata dalla convinzione che lo spettacolo potesse creare divisione tra genitori e figli, ritenendone la visione pericolosa per la loro crescita educativa e fonte di turbamento tale da creare confusione nell’identità dei minori, e perfino induzione alla omosessualità. La paura di qualcosa che non si conosce contribuisce a mistificare la realtà. Nessuno tra i “censori” aveva visto in precedenza lo spettacolo, basandosi solo sulle note di regia o improvvisati studi senza nessun riferimento scientifico che giustificassero la famigerata “teoria del gender”. Cosa si intende per genere? Le differenze tra mascolinità e femminilità sono naturali, universali e immodificabili oppure si tratta di una costruzione sociale? “Identità di genere questa sconosciuta”: Saveria Capecchi docente di Comunicazioni di massa e Sociologia all’Università di Bologna, citando il saggio “Le identità di genere” (Carocci editore) di Elisabetta Ruspini, titolare della cattedra di Sociologia e Ricerca Sociale (Università di Milano – Bicocca) , spiega che «l’identità di genere è un processo che comincia con la consapevolezza di appartenere all’uno o all’altro sesso e che lungo l’arco della vita subisce continui aggiustamenti e ridefinizioni. Il ‘genere’ è una costruzione sociale e non un dato biologico immutabile». Sono argomenti che si possono affrontare con la dovuta serietà scientifica evitando stereotipi, discriminazioni e i tanti pregiudizi ricavati dalla non conoscenza dell’argomento. La diversità è tutto ciò che non siamo noi. Perché giudicare ‘diverso’ chi è semplicemente normale, se conformato al resto dell’umanità? Commettiamo un errore nell’attribuire alla parola “diverso” un significato negativo. Una paura che subiamo per il semplice fatto che sono gli altri a farcela provare. Il diverso fa paura perché non lo “conosciamo” e non vogliamo conoscerlo. Così è accaduto con “Fa’afafine” (Premio Scenario 2014) E’ la storia di Alex definito gender, come vengono chiamati quei bambini che già dalla prima infanzia manifestano un’identità di genere fluida, quindi non si riconoscono a pieno né in un genere maschile, né in quello femminile. Sono molte le testimonianze reali di famiglie che vivono con figli di questo genere. E questo genera paura. Fa’afafine in lingua samoana (isola di Samoa) indica proprio le persone che appartengono al terzo sesso. Uomini che assumono comportamento e abbigliamento femminile, pur non essendo transessuali, ma uomini a tutti gli effetti. La società li riconosce e li include, dimostrando rispetto, senza imporre loro una scelta». Ferracchiati-Peter-Pan-©Lucia-Menegazzo Sul tema della diversità fa discutere anche la “Trilogia sull’identità transgender” di Liv Ferrachiati: “Stabat Mater” descrive il viaggio di transizione fisica e mentale da femmina a uomo e sulla riappropriazione dell’identità maschile, mettendo a nudo rapporti e relazioni. “Peter Pan guarda sotto le gonne” e “Un eschimese in Amazzonia” sono gli altri due titoli. La parola diverso fa paura a tutti. Nonostante gli sforzi mentali e culturali che si possono fare, il diverso fa paura perché non lo conosciamo. Il nostro cervello tende a categorizzare tutto quello che ha intorno e che non conosce, è un meccanismo naturale, fa parte del nostro modo di percepire le cose. Tendiamo a chiamare “diversamente abile” chi è in una condizione di disabilità (un handicap fisico o psicofisico) per cercare di avvicinarlo nella sua condizione di invalido (non muove le gambe) a noi, a chi è autonomo e cammina senza nessuna difficoltà. Così possiamo dire siamo uguali, non siamo così diversi e la discriminazione non ha più senso. Una soluzione che in realtà non lo è. Non è così che si arriva ad una vera inclusione e accettazione. Chi opera in campo teatrale come l’Accademia Arte della Diversità (Teatro La Ribalta) di Bolzano rappresenta la prima compagnia teatrale professionale in Italia costituita da attori in situazione di handicap che opera con l’intento di un’effettiva inclusione sociale. Allontanandosi dal concetto dei laboratori protetti, “recinti di protezione” che tengono i disabili separati dalla vita della comunità. In questo contesto il teatro non rimuove la diversità delle persone in situazione di handicap e nemmeno la esibisce, quello che il regista della Compagnia Antonio Viganò definisce la “consacrazione della diversità”, ma trasfigura la loro realtà in qualcosa di molto più potente: il teatro emancipa queste persone promuovendone la dignità in quanto portatrici di una propria autenticità. Sfuggendo alla logica consolatoria che vede il teatro come socializzazione, attività ricreativa, passatempo, l’Accademia Arte della Diversità offre alle persone in situazione di handicap una reale occasione di lavoro e una concreta opportunità di riscatto sociale. Il teatro sociale favorisce le esperienze teatrali nei luoghi in cui si pratica un servizio alla persona e la formazione espressiva tra operatori che lavorano nei contesti sociali. Promuove una cultura che combatta il pregiudizio sul tema dell’emarginazione e della diversità, al fine di favorire una cultura dell’integrazione. La Diversità è anche normalità? “Assistere ad una nascita, ma in questo caso è più corretto dire rinascita, è sempre emozionante ed io quella di A. (iniziale del nome di fantasia) l’ho vissuta come fosse stato mio figlio. L’ho conosciuto nel 2013 tramite un inserimento in stage. A. era stato preso in cura dal Servizio di neuropsichiatria infantile in trattamento farmacologico. La sua condizione psicosociale si aggravava sempre di più per la sua abulia sociale, depressione e sintomi che lo conducevano verso una chiusura verso ogni forma di relazione e interazione. Manifestava evidenti segni di difficoltà nel linguaggio e nell’ideazione. Un giovane adolescente in evidente stato di sofferenza. foto di Luca Da Pia Paola Guerra (responsabile artistica della Compagnia Teatro della Ribalta) ha scritto questa testimonianza. A. se ne stava seduto non gli vedevo neanche la faccia da tanto era chinato sul quel suo corpo robusto ma spento. Che cosa avesse esattamente non lo sapevo…una serie di DIS ( dislessico, disgrafico, discalculico…) insomma DIS-graziato, con un percorso scolastico fallimentare ed un ruolo nel mondo ancora più accidentato. Per me fu amore a prima vista. Solo che anche noi del Teatro la Ribalta eravamo da poco tempo operativi e lui sarebbe stato il primo stagista ad inserirsi in un gruppo di attori disabili e non. Tutto era nuovo sia per lui che per noi. A. accettò di buon grado. Il primo impatto con il teatro fu durante il montaggio di uno spettacolo al Teatro Puccini di Merano e mi ricordo bene come A. assisteva già un po’ stupito al lavoro dove tutti facevano tutto, sia gli attori che i macchinisti, per non parlare dei temi trattati in scena (da Pirandello all’Eugenetica nazista..) Poi cominciarono i laboratori veri e propri con gli attori. Lo lasciai in pace seduto sulla sedia a guardare quello che accadeva . Il suo sguardo diventava sempre più attento, la schiena si alzava . Dopo una settimana cominciò ad entrare nello spazio e a muoversi. Da lì tutto cominciò a salire. Anche il suo corpo. In poco tempo A. diventò loquace e con quella sua intelligenza acuta ci faceva mille domande. Iniziò a muoversi nello spazio sia fisico sia relazionale e in poco tempo è diventato un punto di riferimento per gli altri attori. Il suo rapporto con me è diventato sempre più intenso, spiritoso, collaborativo. Segue tutti i laboratori formativi sia con me sia con Antonio Viganò (del quale ha un rispetto totale) ma ha incontrato altre competenze artistiche come Vasco Mirandola (teatro), Alessandro Serra (teatro), Julie Stanzak (danza), Annalisa Legato (clown), Alessandra Limetti (voce), Sandra Passarello (canto). Rimane li, comunque, il suo profondo disagio nell’uso della parola in scena , ripetere anche la più piccola frase lo mette immediatamente in una condizione di agitazione e inferiorità. L’impegno è grande ma la sua condizione preme mettendolo in uno stato di ansietà ben nascosto dietro battute sagaci. Nel 2016 Antonio Viganò decide di inserirlo nella nuova produzione IL BALLO, spettacolo in cui è presente la compagnia quasi al completo. Per A. è un ulteriore salto. Il Ballo L’allenamento coreografico con Julie Stanzak lo aiuta la memoria del corpo, un corpo che ancora non gli appartiene pienamente ma che cerca in tutti modi di recuperare. Va in scena per la prima volta al teatro Cucina di Milano (Olinda) nel settembre 2016 tra ansie mascherate ma serio ed efficace. Nel gennaio del 2017 decidiamo di mandarlo a Cardiff in Inghilterra, con un altro dei nostri attori, per partecipare ad uno stage internazionale con Scott Grahm , coreografo di successo, con il quale abbiamo intenzione di mettere in scena uno spettacolo coprodotto (Italia-Inghiterra, Spagna) che debutterà nel 2018-19. Nell’aprile 2017 viene assunto nella Compagnia. Da ultimo pochi giorni fa A. ci sorprende durante lo stage con Antonella Bertoni recitando un monologo di Jago ( Otello) a memoria. Forse ancora qualcosa è volato via, forse un altro pezzetto si è ricongiunto nel disordine dell’anima di M. Siamo grati a lui per i suoi sforzi e i suoi traguardi perché ci dà la misura del lavoro che quotidianamente facciamo e che a volte persi o inquieti ci perdiamo. Matteo, per ora, non è più DIS ma …. GRAZIATO. Paola Guerra Ti potrebbe interessare anche... La “Tropicana” amara di Frigoproduzioni La stagione del Teatro Era di Pontedera -Teatro Nazionale della Toscana L’onirico “Valore d’uso” nella poetica dell’inclusione di Antonio Viganò “Octavia Trepanation”: denuncia della tirannia sanguinosa Freaks La “Diversità” fra teatro e spettacolo: Teatro Olimpico di Vicenza FacebookTumblrPinterestPrintFriendlyShare Tags: featuredroberto.rinaldi Autore: roberto.rinaldi Laureato in Discipline delle Arti Musica e Spettacolo facoltà di Lettere e Filosofia, Università degli Studi di Bologna, Psicologia Clinica Istituto di Psicologia Clinica, Facoltà di Medicina e Chirurgia. Università degli Studi di Bologna . Diploma di perfezionamento Scuola di specializzazione in Metodologie Autobiografiche e Analisi dei Processi Cognitivi Istituto di Pedagogia per adulti. Università degli Studi Statale di Milano 1998. Scrittore e giornalista pubblicista, critico teatrale è direttore responsabile di rumor(s)cena.com Coautore insieme a Carlo Simoni, primo attore del Teatro Stabile di Bolzano "Cronaca di una tragedia. Beatrice Cenci il mito". E' stato consulente del direttore artistico Marco Bernardi del Teatro Stabile di Bolzano, nell'ambito della stagione Altri Percorsi del 2011. Al Teatro Astra di Vicenza nella stagione in corso Niente Storie del 2011/12 ha moderato i dibattiti con le compagnie Babilonia Teatri, Punta Corsara, Fondazione Teatro Pontedera.

mercoledì 11 ottobre 2017


renzia.dinca Pontedera. Si presenta come una Stagione coi fiocchi questa del 2017|2018 del Teatro Era di Pontedera -Teatro Nazionale della Toscana, la prima di un triennio, tanto da far dichiarare a Marco Giorgetti direttore generale del Teatro della Pergola di Firenze e Fondazione Teatro della Toscana uscente(da tre anni dopo la Riforma ministeriale in partnership con l’ex CSRT diretto da Roberto Bacci): questa stagione è più bella di quella della Pergola. Il programma in effetti è nutrito e spazia da eccellenze internazionali come il belga Jan Fabre, Daniel Pennac che sarà a Pontedera e non Firenze, e l’Odin Teatret di Eugenio Barba, una storica collaborazione artistica questa, con il Centro di Sperimentazione e Ricerca teatrale della città della Piaggio. Ma ci sono anche eccellenze della nostra drammaturgia italiana come Michele Santeramo, Carrozzeria Orfeo, Scimone /Sframeli, Marco Paolini, Leviedelfool , Simone Perinelli e Babilonia Teatri. Insomma un bel parterre di proposte per 25 spettacoli, 7 tra produzioni, coproduzioni e collaborazioni, 4 tra prime ed anteprime nazionali e una rassegna in matinée di Teatro Ragazzi. La conferenza stampa, alla presenza delle autorità politiche pontederesi con l’assessora alla Cultura Liviana Canovai ed il Sindaco Simone Millozzi, si è aperta con un video di illustrazione del nuovo progetto con un logo: la prua anche cavea di teatro insomma una nave-bastimento senza vele un po’ inquietante per la verità perché rassomiglia ad una nave internazionale da crociera, che tiene insieme o almeno prova, attraverso fili immaginari pubblici e persone. Introdotto da Luca Dini direttore del CSRT il nostro è uno dei progetti più innovativi in Italia e anche in Europa . Creiamo un pubblico variegato, Marco Giorgetti ha sottolineato come ci siano state “discussioni con i partner sulle programmazioni e sulle attività come sulla questione dei finanziamenti. Non sempre credevo in certe proposte per mia ignoranza”. Invece alla fine l’intesa sulla stagione è stata raggiunta, per il bene superiore di un’idea di comunità dentro la Fondazione. Sottolinea come siano circolate leggende metropolitane da altre città come Milano, Roma e altre, sul tema del pubblico- novemila presenze secondo dichiarazione dell’assessora pontederese Canovai: abbiamo chiuso il bilancio 2016 in disavanzo mentre chiuderemo quello del 2017 in attivo. Luca Dini rilancia, dopo l’intervento di Giorgetti, sottolineando come quello del Teatro Nazionale della Toscana, sia uno dei progetti più innovativi non solo in Italia ma in Europa anche per la sfida rispetto al pubblico che deve essere variegato e forse più in collegamento col territorio. A seguire l’intervento di Gabriele Lavia consulente artistico della Fondazione che debutterà proprio a Pontedera con Il Padre di Strindberg. Lavia da gran attore qual è, si cimenta in una micro performance fra storia delle origini greche del teatro da Delfi a noi, tracciando in una specie di metaforica vicenda forse tutta un po’ interna ai referenti – due aquile lanciate da Giove, che si ritrovano, finendo con una perorazione rivolta ai politici “ il Teatro è santo. Il Teatro sarà sempre fatto così. Come le lasagne della nonna”. Prende la parola Roberto Bacci grazie Lavia per il tuo voto di povertà, per sottolineare che oltre i ben 43 ani di storia del CSRT la Stagione non è stata solo il fulcro delle proposte dell’allora teatro sperimentale di provincia rammentando la collaborazione straordinaria in residenza artistica con Jerzy Grotowski che è stata alla radice delle figure oggi istituzionali che a Pontedera hanno anche creato un potenziale contributo allo studio universitario di figure uniche del Teatro novecentesco come appunto Grotowski. E il progetto anche editoriale CSRT si confronta sui quattro volumi curati da Carla Pollastrelli ( fra le quali lo stesso Roberto Bacci Giovanna Daddi e Dario Marconcini- fondatori del Teatro di Buti, che saranno in cartellone con due produzioni), fra pochi giorni presentati a Roma. Oltre che alla importante esperienza internazionale del Work Center- Mario Biagini Thomas Richards, ancora con base a Pontedera e che a Pontedera ha formato attori e anche Compagnie come quella di Cacà Carvalho, che oggi gira l’intero Brasile.

sabato 7 ottobre 2017


spettacoli — 07/10/2017 09:11 “Empire”:suggestioni in bilico fra Storia e narrazioni di guerra renzia.dinca PRATO – Una analisi di lucida antropologia nei confronti della distopia che potrebbe essere autodistruttiva (vedi Spagna e Catalogna, o la Brexit, ), il resto di una manovra di un continente quello Europeo, che per la prima volta dopo il secondo conflitto mondiale, prova a confrontarsi con profughi provenienti da diversi Paesi non europei di fatto o di diritto e da Paesi che si affacciano sul Mediterraneo quelli che il Medio Oriente che qui da noi non riscuote nessuna fortuna – come cantava Ivano Fossati negli anni Ottanta. Una Europa che forse solo per ora (almeno) non ce la fa a riscrivere un pensiero comune di inclusione. Questa impressione arriva da un lavoro del regista di cinema e teatro Milo Rau, (cittadinanza svizzera), in EMPIRE. Ha lavorato con una squadra di quattro professionisti: attori, fuggiti e scampati letteralmente dai loro Paesi d’origine; due arabi Ramo All, Rami Khalaf( curdo) dalla Siria sotto il regime di Assad, una donna, l’unica in scena, con un cognome tedesco da ebrea di nazionalità romena ai tempi di Ceausescu , Maia Morgenstern (un nonno morto ad Auschwitz), che è stata nel ruolo di Maria nel film Gesù di Mel Gibson ( e in ruoli importanti con Theo Anghelopulos), un greco Akillas Karazissis fuggito dal regime dei colonnelli che ha lavorato in Germania ai tempi di Fassbinder .   Età diverse, provenienze geopolitiche diverse, però tutti intorno ad un tavolo di cucina, forse rurale o semplicemente bombardato, dove ancora si può mangiare qualcosa insieme condividere, bere un caffè da diverse caffettiere, raccontarsi anche con l’ausilio di fotografie magari in bianco e nero. E soprattutto auto narrarsi fra attori di professione nella vita, quella attuale adulta hic et nunc. Attori di fatto nella vita dunque e nella finzione scenica. Già, ma qual è la distanza, la differenza fra vita e recitazione?, fra ciò che siamo nelle nostre biografie e nelle nostre vite, prima dopo e durante i nostri conflitti interni-esterni?, le nostre dispute intra ed extra psichiche? Lo snodo del lavoro di Rau sta qui?, è uno spettacolo di denuncia, di televisione verità? Un po’ fiction un po’ docu-film? Sì perché il dubbio nasce immediatamente dal fatto che la scena, fissa è molto curata nei dettagli e dominata da una telecamera che riprende i tre attori-il quarto, in scambio, si pone dietro la telecamera a riprendere il quadretto che si auto dichiara in confessione simil privata. Cos’è: è solo un outing allo specchio e proiettato in alto su macroschermo in bianco e nero dove ogni auto narrazione è ripresa sui volti in amplificazione dei quattro attori. Ma qui non si tratta di un dramma novecentesco europeo, magari alla svedese alla Bergman, per dire, di un interno di famiglia: la scena si apre su un teatro di guerra, una casa distrutta, infatti, è quella che si vede in scena perché la guerra/e non uccidono solo le persone ma anche le case gli asili gli ospedali. E’ un conflitto civile quella di cui narrano i quattro testimoni, ciascuno col suo peso, la propria esperienza infantile e giovanile di fuga per disperazione. Vengono alla mente certe dichiarazioni choc di Gino Strada, che niente hanno di ideologico ma frutto di esperienza nella medicina umanitaria, così come i resoconti anche recentissimi di Medicins sans frontieres nel mar Mediterraneo.   Guerra è solo distruzione della vita e di chi vive. Bambini donne giovani vecchi. Senza distinzione. Il lavoro del regista, anche giornalista e sociologo Milo Rau, prova a ripetere un copione che è non solo televisione o news da social. Qui si documentano storie vere con strumenti teatral-televisivi che hanno del reportage ma sono molto di più di una restituzione giornalistica deontologicamente corretta del dolore, individuale, dentro un teatro di guerra. Qui si fa del meta-teatro perché i corpi le voci le narrazioni, provengono da attori professionisti che quelle esperienze le hanno vissute e le vivono attualmente nello snodarsi delle proprie esistenze. E’ quando la realtà supera la fantasia, quando l’orrore non è più edulcorato dal buonismo-magari necessario, addomesticato per famigliole del Telegiornale di prima serata o in fascia protetta.   Dentro il Festival Contemporanea a Prato, quindicesima edizione diretto da Edoardo Donatini: Vivere al tempo del crollo con un ricco programma di proposte, Empire spicca per la crudezza di suggestioni in bilico fra Storia e narrazioni individuali. Il lavoro si inserisce come ultimo della trilogia dedicata all’Europa odierna e si suddivide in cinque siparietti Theory of Ancestry Esilio Ballata dell’uomo comune Lutto Ritorno a casa. Nelle affabulazioni, quasi monologhi interiori dei quattro attori non c’è traccia di sentimentalismi. Non c’è relazione neppure con gli altri co-protagonisti in scena. E’ come se ciascuno parlasse a se stesso come intervistato da un microfono e una telecamera segreta che amplifica il proprio personale viaggio dell’anima esterno- interno a se stesso. Un prosciugamento estremo sulle emozioni questo operato dal regista Milo Rau, che sul dramma personale e collettivo di esseri esiliati e anche torturati ( giovani siriani incarcerati sotto Assad: quando sono triste non piango, vomito), non vuole far piangere lo spettatore anche in momenti in cui si rivolge indietro al cimitero, al nostos ai genitori come ai figli di cui si va alla ricerca per amore, per protezione, ma farlo riflettere. E ricorda in qualche modo neanche troppo sottile magari attraverso citazioni da tragedie greche Schindler’s List di Steven Spielberg. Rau lo fa con magistrale controllo dei mezzi tecnici ed espressivi sia sugli attori-coautori che sulla scena. EMPIRE Concept, testo e regia di Milo Rau Testo e performance Ramo Ali, Akillas Karazissis, Rami Khalaf, Maia Morgenstern drammaturgia e ricerca Stephan Blaske, Mirjam Knapp Scenografia e costumi Anton Lukas Video Marc Stephan musiche Eleni Karaindrou sound design Jens Baudisch Produzione International Institute of Political Murder Prima Nazionale Festival Contemporanea     Visto a Prato , Teatro Fabbricone il 23 settembre 2017