domenica 3 dicembre 2017


Cerca persone, luoghi e cose Giuseppe Genna 3 h · Al bar domenicale, masticando rancore amaro e disperazione per la disoccupazione, scruto la buona borghesia che fu non smette di avanzare verso i confini dell'innominabile, come da genoma, ovvero la forma biologica del talento. Fatico a leggere il quotidiano, altro residuo della buona borghesia che fu, con il suo palinsesto che corrisponde a una descrizione dell'umano, per come il ceto medio intendeva questo apparato dell'esistenza, bipede, semipensante, non senziente del tutto, simmetrico a se stesso ma non all'ordine cosmico delle cose: un personaggio prevalentemente maschile, interessato alla cronaca interna più che a quella estera, ai fenomeni di costume e anche alle notizie basali dell'economia, laddove essa era intesa quale listino titoli dei propri investimenti, e poi al centro un poco di cultura, più libri che arte o musica, e quindi lo spettacolo con i suoi lucori e i drammi viventi del gossip o gli spifferi sulla salute cerebrale della iena contro cui berciare immondamente oppure pregare perché è come una di famiglia, e infine lo sport, ovvero il pallone, ovverosia la cronaca e l'intervista a frasi prefabbricate dell'attaccante, che è un utile idiota dedito alla causa dei circenses, contro cui sputare veleno per via del panem, i compensi alati o stellari degli altri sono sempre una tara morale, da demolire infervorandosi davanti al caffè col ginseng, prima di raccontare alla platea lo stato di salute del proprio rene - questo era l'uomo del quotidiano finenovecento, uno spettro composto di scaletta e saperi. Pare incredibile che si sia vissuti così, transando con la propria morte e assistendo con moderata sovreccitazione a quella altrui. Eppure si visse così, non d'arte, ma di stato dell'arte. E ancora oggi, mentre io fatico a sintetizzare le notizie per l'ansia da disoccupazione feroce, la buona borghesia che fu, e che a oggi conta una media anagrafica di un'ottantina d'anni, sentenzia ad alta voce, più sulla note isterica che gutturando o emettendo il baritonale: quella di Trump è una rivoluzione fiscale, aumenterà il debito pubblico ma intanto si abbassano le tasse, e consistentemente! "Consistentemente". Quanta perizia avverbiale per significare l'orrore privato indifferenziato da quello pubblico! E poi, ovviamente, gli zingari, i negri, qualche ricordo del mondo d'antan, un romanticismo a tinte pastellate, una grazia vomitevole, Berlusconi che comunque è meglio di quegli altri e però Berlusconi ha portato il Paese alla rovina, e poi la parolina sintetica di Sallusti, la pastafrolla da sbocconcellare mentre si tira un giudizio mai assolutorio sull'universo, e i fascismi avanzano verso i confini dell'anagrafe e i confini si slabbrano e il tempo si è slabbrato tutto. E la nuova borghesia che ritiene di essere? Sta allo smartphone, cincischia su Whatsapp, non sa chi sia Giorgio Gori, non si interrela, abolisce nel silenzio di sé e di tutto ciò che gli anziani aboliscono in altra maniera, straparlando di sé e di tutto. Questa regola aurea della socialità italiana mi impone il discrimine tra due civiltà paritetiche, omogenee, seppure diversissime tra loro: gli abolitori vecchi e gli ablatori nuovi. La sigaretta nel gelo, fuori del bar, per stornare l'angoscia, è l'unico istante in cui posso irridere ai molti? Quanto ti manca l'amore? Non abbastanza da fuggire, evadere da qui, evidentemente. Manca l'amore nel cosmo umano, microscopico, qui, ora, sempre, Italia, dove ovunque è come ovunque, nell'eterna riabilitazione da un trauma di cui s'ignora la natura: di cui ignorano la natura, che a me è lampante. E la soluzione, dunque? La soluzione?

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